Chi è Claudio Bandini? Sarò breve: Claudio è un giovane e talentuoso attore spagnolo. Uno di quelli caparbi, appassionati. Un attore con dei tratti somatici taglienti e funzionali a qualsivoglia rappresentazione scenica. Di chiare origini italiane, porta in questi giorni in scena a New York uno spettacolo davvero singolare: il Mattatore, un progetto partorito nell’importante laboratorio di Susan Batson e dedicato al polivalente ed indimenticabile Vittorio Gassman. E sulle orme del protagonista de Il Sorpasso, Claudio si alterna tra cinema e teatro in una città che sicuramente ha tanto da offrire contemporaneamente ad artisti e spettatori.
Ed allora: quando e dove è possibile vederti all’opera?
“Il Mattatore” è un percorso partito il 12 Novembre scorso ed è in scena tutti i venerdì e sabato fino il 20 dicembre 2014, alle 7:00 p.m., allo Susan Batson Studio and Theater, al 300 W 43rd street 3rd floor, nell’angolo con la 8th ave. New York, ovviamente.
Perché Gassman? Com’è nato questo legame?
Eh beh… Diciamo che era nel mio destino… Potrei farci tutto un discorso esoterico nel quale magari sarei preso per un pazzo, perché a volte penso davvero che la grande maestra Susan Batson, “colpevole” di questa scelta, ha delle connessioni con delle dimensioni oltre le nostre. Penso che Vittorio Gassman aveva ancora voglia di farsi sentire, come al solito, e trovò in Susan Batson il veicolo giusto per arrivare al cuore di qualcuno che volesse allungare il suo ricordo. Io accettai il ruolo volentieri, anzi, con grande onore…
Senti il peso della sua maschera? Parliamo un pilastro della cinematografia italiana…
Certo! E come no? Stiamo parlando sicuramente del più grande, o almeno, del più produttivo attore italiano di tutti i tempi. Non penso che sia possibile di arrivare a farsi “possedere” al 100 % della sua personalità perché non penso che esista corpo fisico capace di tenersela dentro. Infatti, nel mio spettacolo ho evitato di fare l’imitazione fisica perché sarebbe stato un suicidio professionale, quindi mi sono focalizzato sull’essenza di Vittorio Gassman; voglio dire che un giorno mi sono chiesto: cos’è quello che Vittorio vorrebbe raccontare oggi se potesse parlare? Cos’è quello che il mondo non sa ma dovrebbe sapere su Vittorio Gassman? Come avrebbe fatto Gassman uno spettacolo su se stesso se fosse Claudio Bandini? E le risposte sono venute da sole, e in qualche modo ho fatto la mia versione sul Mattatore, diciamo che ho scritto il mio stesso “Kean” su Vittorio Gassman.
Quindi, per quanto riguarda il peso della sua maschera… sinceramente credo che di Vittorio Gassman ce ne sarà sempre uno solo che, anche se non è stato conosciuto come Marlon Brando o Paul Newman, penso che professionalmente li abbia anche oltrepassati; come disse Gassman una volta “se fossi stato anglosassone, li avrei fottuti tutti”. So che è un rischio dare un’opinione di questo genere, ma Gassman veramente cercò sempre di arricchire ed ingrandire la figura dell’attore, di promuovere la cultura teatrale e di difendere a morte il teatro come necessità sociale; e parlo solo di teatro perché, alla fine dei conti, l’attore di cinema è un bebé che non ha ancora compiuto i 100 anni, mentre quello di teatro ne ha più di 2000! Quindi per me, può esistere il teatro senza cinema, ma non il cinema senza teatro: Attore = Teatro.
Quando hai iniziato a fingere? Raccontaci il tuo incontro col teatro.
Questa è veramente una bella domanda… Se parliamo di “fingere”, come direbbe il “Kean” di Gassman (che sarebbe anche il Gassman di Kean), “io sono nato bugiardo”. La prima volta che ho letto questa frase mi ha colpito negativamente, mi sono detto “l’attore non mente!”. Ma poi, più Vittorio entrava nella mia vita, più conoscevo, smascheravo ed accettavo me stesso, il mio vero IO: ho capito che era arrivato il momento di dire “si, Claudio, l’attore mente, vive una finzione, e tu sei stato un bugiardo fin dalla nascita!”. Mi è sempre piaciuto imitare, esagerare, portare ogni racconto ed ogni esperienza fino ai limiti della credibilità, penso che in cerca di vivere una vita parallela dietro alla cui potere nascondermi, che alla fine dei conti, è diventato il mio modo di vita. La paura e l’incertezza mi hanno fatto “lanciare” a 29 anni, quando la voglia mi bolliva dentro in un modo che non sono più riuscito a tenerla dentro. Io volevo fare cinema, veramente, mi sentivo incapace di memorizzare dei testi ed riuscire a recitarli davanti al pubblico; ma quando ho fatto il primo saggio alla scuola di teatro a Valencia (Spagna), nel 2008, ho provato delle emozioni mai vissute prima: il rischio, la sfida, la gioia, la paura, l’euforia, l’estremo senso del compañerismo, il calore del pubblico… Tutto assieme mi ha fatto capire che il teatro mi faceva sentire più vivo che mai: fare l’attore mi apportava tutto quello che mi era sempre mancato in tutti gli altri lavori che avevo provato a fare. Finalmente, mi sentivo pieno.
E per quanto riguarda il futuro?
Il futuro non dovrebbe esistere per noi attori… La nostra sfida diaria è quella di vivere il momento, non anticipare le cose quando siamo in scena. La professione dell’attore è inquinata, presa come un negozio o “industry”, come dicono gli americani; piena di intrusi che sono “amici di” o che non sanno cos’altro fare nella vita, individui che pensano che il nostro sia uno strumento facile per fare soldi, uno strumento atto a mostrare la propria bellezza e soddisfare la vanità. Anch’io soffro di vanità, vero, ma sto lottando sul serio per levarmela dai piedi perché credo che sia pericolosa! Tuttavia, rispetto la mia professione. Una professione fatta anche “di amici di” e “vanità”. Una professione fatta di lunghi sacrifici. Inoltre, non possiamo scordare le nostri origini e la nostra missione: già nell’antica Grecia il teatro cercava di svegliare anime, di denunciare. Il teatro sfidava le leggi che erano imposte. Nel medioevo i giullari andavano nelle piazze a denunciare gli abusi, l’ingiustizia. Non c’è bisogno di fare politica, ma non possiamo scordarci che stiamo parlando alla gente e che tutto quello che si dice in scena fa pensare il pubblico. Bisogna prendersi sul serio. Bisogna prendersi la responsabilità delle proprie parole, firmarsi! Altrimenti stiamo facendo tutto tranne il nostro mestiere. Pertanto, preferisco non pensare al futuro. Se parliamo di ambizioni, le ho tutte. Se parliamo di sogni, tutti. Se parliamo di impegno professionale, tutto. Ma l’arte in Europa sta male e l’America ha una burocrazia ed un livello di vita che sono difficili da combattere… quindi speriamo bene. L’importante è continuare passo dopo passo a crescere, a credere, ad andare avanti con rispetto del pubblico e della propria arte. Il resto lo troveremo nel cammino.
Beh, in bocca al lupo!
Crepi!! Grazie!!