Una domanda rivolta agli aspiranti operatori culturali del settore cinematografico, e una sfida lanciata in questo articolo di Arianna Vietina, pubblicato il 23/12/2020 nella rubrica “Chiacchiere in salotto” del blog “Cinedamstorino” (che tratta temi di critica e industria cinematografica e a cui collaborano gli studenti del Dams dell’Università degli Studi di Torino).
Chissà se il 2020 potrà essere ricordato non come l’anno dello stallo imposto dal Covid-19, bensì come l’anno in cui abbiamo potuto farci più domande rispetto al futuro. Vale per tutti i campi, ma parlando di cinema questo è stato l’anno in cui non abbiamo potuto andare in sala, in cui molti eventi culturali sono stati cancellati, in cui abbiamo visto emergere lo strapotere incontrastato delle piattaforme audiovisive. E mentre si spegnevano le nostre quotidiane attività abbiamo dovuto chiederci: come sarebbe il mondo senza Cinema? Che cosa trovo in sala che a casa non ho? Frequenterei davvero tutti i festival che desidero se li avessi a portata di mano? Quanto vale un film quando non abbiamo più i numeri del botteghino a confortarci sul suo successo?
E ogni giorno, dalle nostre case, abbiamo seguito l’avvicendarsi di notizie sempre più incalzanti, tra le ultime quella che Warner Bros farà uscire i suoi titoli previsti per il 2021 in contemporanea in sala e in piattaforma e che il Festival di Berlino si svolgerà online. Dopo quasi un anno possiamo vedere che, anche se noi siamo stati fermi, il mondo del cinema ha continuato a viaggiare, insinuando le sue radici dove poteva trovare acqua per abbeverarsi. E lo sta facendo a gran velocità, così che è difficile stargli dietro, nonostante l’interconnessione governi le nostre vite.
Tardano i provvedimenti e le disposizioni di legge, ma soprattutto tarda una analisi sui risvolti sociali che la rivoluzione del settore cinema porterà nelle nostre vite negli anni a venire. Oltre gli spunti è ancora difficile connettere tutti i puntini.
E forse questo è il momento in cui il discorso sul cinema può tornare a essere un discorso sociale, in cui le nozioni di giustizia, opportunità tecnologiche e lavoro culturale si incontrano, tornando alla premessa fondamentale: tutti noi ci confrontiamo con il cinema, al di là del nostro lavoro e della nostra formazione, e il nostro approccio sta cambiando.
Un momento così denso di domande trova un grande ostacolo nell’impossibilità del dialogo reale, di un contatto umano e della condivisione, che la tecnologia ci permette solo in parte. I luoghi fisici, prima dati per scontati, rappresentano adesso una possibilità mancata, un’esperienza perduta, il tassello mancante alla realizzazione dei nostri progetti di studenti e lavoratori del settore cinema.
Considerato che la morte del Cinema è stata già chiamata a gran voce troppe volte, possiamo concludere che la domanda con cui lasciamo questo 2020 è: cosa faremo noi per il Cinema?
Arianna Vietina, appassionata di cinema, cineblogger e assidua frequentatrice di festival cinematografici