La nomina del “Comitato scientifico per la salvaguardia del patrimonio linguistico napoletano” dà il via ad un importante progetto culturale che cerca di “ridare” al dialetto scritto quella dignità che gli diede il nostro massimo poeta Salvatore Di Giacomo. Purtroppo, con il trascorrere degli anni, questa dignità è stata depauperata da tanti improvvisati scrittori dialettali che lo scrivono, per usare un eufemismo, a ruota libera! E’ normale che anche la nostra parlata popolare, come tutte le altre lingue, abbia delle regole di grammatica e di sintassi che vanno applicate, pertanto è logico seguire gli opportuni insegnamenti. Per la mia predisposizione naturale nei confronti del dialetto che da ottant’anni me lo fa amare, studiare, riproporre – spesso partecipando e incentivando la sua naturale evoluzione – credo di potere affermare che l’ho cominciato a parlare da quando stavo nel ventre di mia madre.
Nel 1953, avevo poco meno di tredici anni, inviai ad E.A. Mario i miei primi versi. Mi invitò a casa e mi disse: ”Rafilù, niente male, però lieggete primma tutte ‘e ppoesie ‘e Di Giacomo e po’ ne parlammo!” E così feci. Divenni il suo discepolo prediletto ed ai suoi preziosi insegnamenti devo tutto ciò che ho fatto. Per me, comunque, due buone strade per indirizzare gli appassionati allo studio e alla corretta grafia del dialetto continuano ad essere sia la lettura dei nostri autorevoli poeti sia quella di arricchire a scuola il programma di “lettere” appunto con poesie di autori dialettali scelti tra i migliori, e delle varie epoche. Si salverebbero così non solo la parlata popolare e i termini che inevitabilmente si vanno perdendo per la naturale evoluzione di ogni lingua, ma anche le nostre splendide tradizioni culturali. Sono le poesie – in particolare – e le canzoni lo “scrigno” dove ritroviamo vocaboli e detti della nostra storia e delle nostre radici ed è doveroso preservarle dall’inevitabile oblio del tempo e da una umanità sempre più “distratta e superficiale”.
Raffaele Pisani