Recensione di Federico Scatamburlo
Terzo titolo lirico all’Arena di Verona: se la prima assoluta della stagione, Carmen, ha lasciato molti delusi da una messinscena piatta, la terza opera in cartellone, Turandot di G.Puccini, cui seguiranno altre quattro repliche, ha realizzato un trionfo totale in tutti gli ambiti
A cominciare dalle scenografie di F. Zeffirelli che, seppur datate, non mancano mai di stupire. Ogni dettaglio è curato nei minimi particolari, e subito lo spettatore si trova immerso in una Pechino che potrebbe essere in qualsiasi epoca, ma soprattutto si è trasportati in quella che Turandot è: una favola. Imponenti sono gli allestimenti scenici curati appositamente per quest’opera per questo teatro, e anche quest’anno è partito spontaneo l’applauso quando il palazzo imperiale si è rivelato in tutto il suo dorato fulgore, complici anche le luci curate da Paolo Mazzon.Non di meno hanno fatto la loro parte i curatissimi costumi di Emi Wada, indossati dai protagonisti, dal coro e dalle numerosissime comparse e ballerini perfettamente concertati tra di loro nelle coreografie sceniche (Maria Grazia Garofoli), e perfetto contorno all’azione dei protagonisti.
L’Arena di Verona, si sa, è letteralmente un teatro grande, e così devono essere le voci in scena perché il risultato sia apprezzabile. Così è stato in questa recita, con interpreti di notevolissima caratura.
A cominciare dal protagonista maschile, Calaf, interpretato da Gregory Kunde. Forte della sua pluriennale esperienza, anche se qualche acuto non è stato tenuto come un tempo, ha dato comunque prova di grandissima esperienza e buon gusto drammaturgico, con una esecuzione nell’insieme raffinata e precisa, applauditissimo nel “Nessun dorma” con conseguente bis richiesto con gran clamore dal pubblico e che è stato anche migliore del primo.
Strabiliante Anna Pirozzi nei panni della principessa del titolo. Voce rotonda, morbida, con emissioni pulitissime ma così efficaci e proiettate in avanti da arrivare in ogni angolo dell’immenso anfiteatro areniano, come da molto non si sentiva, quasi d’altri tempi. Con grande maestria drammaturgica ha impersonato la “principessa di gelo” per assurdo quasi con calore, enfatizzando tuttavia la freddezza di questo implacabile personaggio, che solo nel lieto fine cederà all’amore, non senza aver prima giustiziato senza pietà i precedenti pretendenti, rei di non aver risolto gli enigmi dal lei stessa posti, a differenza di Calaf che ne conquisterà il cuore con la sua stessa arma: un enigma.
Turandot tenterà senza buon esito di estorcere la soluzione nota alla schiava Liù, in una eccellente quanto inaspettata interpretazione di Vittoria Yeo, la quale, intonatissima e con bellissimi filati, ha conferito al suo amore non ricambiato un’emotività così umana che ha sinceramente commosso. Ben meritata dunque l’ovazione finale del pubblico al termine della rappresentazione.
Grande voce anche per Federico Longhi, nei panni di uno dei ministri del tempio, Ping, che si conferma uno dei migliori baritoni del momento. Perfetta la gestione dei fiati, che gli ha consentito una emissione potente ma controllatissima, efficacemente declaratoria, perfettamente distribuita in tutta la gamma vocale e proiettata in tutto il teatro.
Con lui molto ben amalgamati e degni di plauso gli altri due ministri, Francesco Pittari (Pong), e Marcello Nardis (Pang). Bene anche per l’Imperatore Altoum (Antonello Ceron), Timùr (Giorgio Giuseppini) e Il Principe di Persia (Ugo Tarquini).
Magistrale anche l’esecuzione dell’Orchestra del Teatro dell’Arena di Verona, entusiasticamente diretta da un immenso Daniel Oren. Il Maestro ha saputo trarre dalla partitura sfumature intime e raffinate ma assolutamente al contempo adeguate alla magnificenza dell’insieme, delle voci sul palco e di quei numerosi piccoli dettagli che richiamano le atmosfere orientali protagoniste di quest’opera.
Anche il Coro del Teatro, istruito dal Maestro Vito Lombardi ha partecipato con entusiasmo, ardore e intimismo a questa messa in scena, fornendo una prova di altissimo livello, anche scenica oltre che canora. Lo stesso dicasi per il coro di voci bianche A.d’A.Mus diretto da Marco Tonini.
Musica e belcanto dunque protagonisti nuovamente sul palco dell’Arena, premiati anche da lunghi applausi con standing ovation di tutto il publico presente. Il merito è sicuramente, oltre che di tutto lo staff, del nuovo sovrintendente Cecilia Gasdia, alla quale indirizziamo i nostri più sentiti complimenti.
La recensione si riferisce alla recita del 30 giugno 2018
©photo Ennevi