Per fotografare il fenomeno dell’emigrazione italiana all’estero abbiamo bisogno di diverse lenti: quella storica, a partire dal grande esodo di fine Ottocento; quella economica, con le rimesse dei nostri connazionali ieri e il contributo al Sistema Italia oggi; quella geografica, con migliaia di persone che si spostano in tutto il mondo. Un fenomeno trasversale che coinvolge poi diversi settori – cultura, turismo, business, innovazione, made in Italy – con sei milioni di italiani all’estero e 80 milioni di italo-discendenti che sono non solo ambasciatori del nostro Paese, ma partner strategici. Insomma “una grande risorsa per il paese”, afferma Salvo Iavarone, presidente di Asmef, che ogni anno organizza le Giornate dell’Emigrazione. L’evento, giunto alla XVI edizione, è stato presentato il 3 maggio alla Camera con l’obiettivo di valorizzare la storia dell’emigrazione italiana. “Non dobbiamo sottovalutare gli italiani all’estero – ribadisce Angelo Sollazzo, presidente della Confederazione Italiani nel Mondo – Non dobbiamo considerare solo i 6 milioni di iscritti all’AIRE, ma dobbiamo pensare anche agli oltre 80 milioni di discendenti italiani che sono ambasciatori per l’Italia e possono essere una ricchezza incredibile”. Secondo Christian Di Sanzo, deputato Pd eletto in America Settentrionale e Centrale “nella classe politica di oggi non c’è un’idea definita di quella che è diventata l’emigrazione italiana all’estero e non è ancora percepito come questa emigrazione sia cambiata e come stia cambiando. È importante sensibilizzare su tutta l’emigrazione e anche spiegare alla classe politica quali sono le nuove esigenze di noi cittadini italiani all’estero”. “L’emigrazione continua ad essere un problema sociale per il nostro Paese ma è stato anche veicolo attraverso cui il genio e la creatività italiani si sono diffusi nel mondo con l’alta qualità che li contraddistingue”, afferma Giovanni Maria De Vita, Consigliere d’Ambasciata presso la Direzione Generale per gli Italiani all’Estero della Farnesina. “Gli italiani all’estero – continua De Vita – sono una grande risorsa per il nostro Paese e dovremmo guardare a loro non solo come ambasciatori del Made in Italy, ma dobbiamo pensare a ciò che possiamo offrire a queste comunità per sviluppare un rapporto vincente che si basa sull’origine italiana”. Un focus “non poteva che concentrarsi sul progetto del turismo delle radici, per fare il punto della situazione e spiegare quanto è importante in questo momento – quando si stanno formando i gruppi sui territori – avere la partecipazione di tutti coloro che possono contribuire a rendere speciale e unica l’offerta per i viaggiatori delle radici”, conclude De Vita. “I borghi italiani sono un’opportunità ma anche un deposito di grandi problemi: lo spopolamento è un fenomeno grave che non si è arrestato e noi stiamo lavorando affinché i giovani che vivono nei vostri borghi abbiano la possibilità di scegliere se rimanere o andarsene”, afferma Fiorello Primi, presidente dell’associazione dei borghi più belli d’Italia. “Occorrono servizi fondamentali per vivere in un luogo che in molti borghi però stanno venendo meno. Il turismo – secondo Primi – da solo non è sufficiente, dobbiamo pensare al lavoro dando l’opportunità di investire nei nostri borghi in attività produttive”. Per i borghi “chiediamo un piano strategico nazionale che guardi alle questioni per i prossimi trenta anni. Gli italiani all’estero – conclude Primi – sono un’opportunità, dobbiamo capire insieme come ‘utilizzarli’ per aiutarci a mantenere intatte le tradizioni che hanno lasciato”.