La Confederazione Nazionale dei Consorzi Volontari per la Tutela delle Denominazioni dei Vini Italiani – Federdoc – si è detta fortemente preoccupata per l’eventuale introduzione di dazi da parte degli Stati Uniti sul vino italiano. In particolare sui vini a denominazione d’origine, prodotti di eccellenza che rappresentano l’identità e la cultura dei territori di origine.
Il mercato statunitense costituisce uno dei più importanti e strategici sbocchi per le esportazioni italiane di vino, con un valore che nel 2024 ha superato i 2 miliardi di euro. L’introduzione di tariffe doganali aggiuntive rischia di penalizzare gravemente le imprese italiane, già impegnate nel mantenimento di elevati standard qualitativi, e di mettere a rischio l’intera filiera produttiva del vino, che coinvolge migliaia di operatori e contribuisce in modo significativo allo sviluppo socioeconomico delle comunità rurali italiane.
I vini a denominazione d’origine, inoltre, secondo Federdoc “non sono solo prodotti commerciali, ma portatori di una storia, di tradizioni secolari, di metodi produttivi sostenibili e di un forte legame con il territorio. Essi rappresentano un patrimonio culturale e ambientale che contribuisce a valorizzare l’immagine e la reputazione dell’Italia nel mondo”.
In questa fase di grande incertezza, quindi, Federdoc registra già una riduzione degli ordinativi da parte degli importatori statunitensi, timorosi dell’impatto che i dazi potrebbero avere sui costi finali e sulla competitività del prodotto.
Per questo, Federdoc, tramite il suo presidente Giangiacomo Gallarati Scotti Bonaldi, ha sollecitato il Governo italiano e le istituzioni europee a “intensificare il dialogo con le autorità statunitensi, per trovare soluzioni condivise che evitino l’applicazione di misure tariffarie penalizzanti. La cooperazione internazionale e la diplomazia commerciale devono prevalere, al fine di tutelare un settore vitale per l’economia e la cultura italiane”. (aise)