Thursday, May 22, 2025

Quello che crediamo di volere

di Beatrice Rapisarda

Perché ci sentiamo irresistibilmente attratti da certi prodotti al supermercato o da specifiche destinazioni turistiche? È davvero una scelta spontanea o c’è qualcosa di più complesso dietro le nostre preferenze? Le ricerche più recenti dimostrano che le decisioni che prendiamo ogni giorno non dipendono solo dai nostri gusti personali, ma sono guidate da un sofisticato intreccio di dati e algoritmi. Ne abbiamo parlato con Luca Pappalardo dell’Istituto di scienza e tecnologie dell’informazione del Cnr di Pisa

Cosa spinge il nostro interesse verso certi prodotti sugli scaffali del supermercato o verso alcune destinazioni turistiche più di altre? È davvero una questione di gusto personale, un impulso spontaneo nato da preferenze innate? In realtà, quando navighiamo online o facciamo la spesa, raramente ci rendiamo conto di quanto le nostre scelte siano già state orientate. I sistemi di raccomandazione, quegli algoritmi che ci suggeriscono cosa comprare, guardare o ascoltare, sono diventati una presenza costante nella nostra vita digitale e fisica, e condizionano silenziosamente le nostre scelte, come ci spiega Luca Pappalardo, ricercatore dell’Istituto di scienza e tecnologie dell’informazione (Isti) del Cnr: “Raccolgono i dati delle nostre decisioni, li elaborano e ci restituiscono proposte sempre più mirate. È un meccanismo noto come ciclo di feedback uomo-IA: le nostre scelte alimentano gli algoritmi, che a loro volta modellano le scelte future, in un processo continuo e in gran parte invisibile. Potremmo pensare che le nostre scelte riflettano gusti personali unici, ma i dati raccontano una storia diversa. Su piattaforme come Amazon, la personalizzazione ci spinge a esplorare un ampio ventaglio di prodotti, facendoci sentire protagonisti di un’esperienza unica, costruita su misura. Tuttavia, se si osservano i dati a livello collettivo, emerge un fenomeno opposto: le vendite tendono a concentrarsi su un numero ristretto di articoli e marchi già affermati. In pratica, mentre ciascuno di noi ha l’impressione di fare scelte uniche, a livello collettivo finiamo per orientarci tutti verso le stesse preferenze. Uno studio condotto su una piattaforma di vendite online ha messo in luce un fenomeno significativo: nel corso di 21 mesi, i clienti hanno progressivamente aumentato la spesa per articoli raccomandati. Questo non si è tradotto solo in vendite dirette, ma anche in acquisti indiretti di prodotti visti in sessioni precedenti o appartenenti a categorie precedentemente suggerite”.

È proprio su questo meccanismo che si basa il successo delle grandi piattaforme di vendita e intrattenimento. “Gli algoritmi di raccomandazione lavorano secondo due logiche principali: il filtro collaborativo, che funziona secondo il principio ‘chi ha comprato questo ha comprato anche quello’ e la personalizzazione, che si adatta ai gusti individuali di ciascun utente”, precisa il ricercatore. “Questi sistemi permettono agli utenti di orientarsi in un’offerta sterminata, riducendo il carico decisionale e facilitando l’accesso a prodotti pertinenti. Tuttavia, presentano anche dei lati meno evidenti: possono generare delle vere e proprie bolle di filtraggio, all’interno delle quali l’utente riceve proposte sempre più simili tra loro. Il risultato? Si abbassa la competizione tra venditori, si rafforza la visibilità di chi è già popolare e si limita la scoperta di prodotti alternativi o di nicchia”.

Navigazione con smartphone

In sintesi, gli algoritmi ci aiutano a scegliere, ma guidano anche le nostre scelte in modo silenzioso. E sebbene ci offrano la sensazione di libertà e varietà, finiscono spesso per portare tutti, più o meno consapevolmente, a scegliere le stesse cose.  E questa dinamica non riguarda soltanto il commercio online, ma si estende al turismo e alla mobilità urbana. Le mappe e le app di prenotazione alberghiera, così come i servizi di navigazione, funzionano secondo logiche simili a quelle degli algoritmi di raccomandazione: analizzano milioni di spostamenti passati e in tempo reale, calcolano i percorsi considerati più “efficienti” e ci guidano verso destinazioni che appaiono più attraenti proprio perché suggerite. “Il problema è che, se tutti seguiamo gli stessi consigli, si innescano effetti controintuitivi: le strade alternative si congestionano, le mete meno note restano invisibili e i vantaggi iniziali si annullano”, chiarisce Pappalardo. “È quanto accaduto a Leonia, nel New Jersey, dove nel 2017 migliaia di automobilisti sono stati reindirizzati dalle autostrade verso le vie secondarie della cittadina, causando ingorghi tali da impedire persino ai residenti di uscire dai propri vialetti. Questo è un esempio emblematico del ciclo di feedback tra le scelte individuali e gli aggiornamenti in tempo reale degli algoritmi: un percorso inizialmente ‘ecologico’ e vantaggioso può rapidamente trasformarsi in un nuovo punto critico, dimostrando che l’attrazione generata dagli algoritmi non è mai a senso unico, ma evolve continuamente in base al comportamento collettivo”.

Un’evoluzione recente in questo ambito è rappresentata dai cosiddetti “next-venue recommender systems”, sistemi di raccomandazione integrati nei servizi basati sulla geolocalizzazione, che suggeriscono il prossimo luogo da visitare – un ristorante, un locale, un monumento – attraverso piattaforme molto diffuse. L’importanza crescente di questi sistemi deriva dal fatto che le persone delegano sempre più spesso le loro micro-decisioni – dove mangiare, fare acquisti o trascorrere il tempo libero – a suggerimenti algoritmici generati in tempo reale. “Attraverso modelli di machine learning e deep learning, questi sistemi analizzano i nostri spostamenti e riescono a prevedere con sorprendente precisione i nostri movimenti futuri, sfruttando schemi spazio-temporali ricorrenti”, aggiunge l’esperto. “Un nostro studio recente dimostra la correlazione tra scelte turistiche e raccomandazioni: i risultati mostrano che, mentre la diversità dei luoghi visitati da ogni singolo utente cresce man mano che l’affidamento ai consigli dell’algoritmo aumenta, a livello collettivo si assiste a una marcata concentrazione delle visite su un numero ristretto di mete popolari”.

Questa doppia dinamica – più diversità per il singolo, più uniformità a livello collettivo – è la chiave per comprendere come i sistemi di raccomandazione plasmino il concetto stesso di attrazione. Non siamo guidati da un istinto naturale verso certi luoghi o prodotti, ma da un’esperienza costruita su misura dai dati che lasciamo dietro di noi. I venditori, siano essi grandi marchi di e-commerce, gestori di app di navigazione o operatori turistici, non fanno altro che sfruttare sofisticati modelli predittivi per aumentare la visibilità di alcune opzioni, rendendole più presenti nei nostri percorsi digitali. E ciò che vediamo più spesso, finiamo per considerarlo più desiderabile, più familiare, più “giusto”. In altre parole, più attraente.

Guardare con occhi critici a questa coevoluzione uomo-IA non significa demonizzare gli algoritmi. Essi offrono benefici reali: riducono il sovraccarico informativo, aiutano a scoprire novità e possono persino promuovere mete meno note, qualora vengano programmati per farlo. La vera sfida è garantire che siano progettati e regolamentati in modo da bilanciare il vantaggio individuale con l’interesse collettivo. “Norme come il Digital Services Act dell’Unione Europea rappresentano un primo passo verso la valutazione obbligatoria dei rischi sistemici associati a questi sistemi. Inoltre, essere consapevoli di questi meccanismi ci permette di riprendere il controllo delle nostre scelte. Porsi la domanda ‘è davvero la mia preferenza o sto seguendo un percorso tracciato da dati e modelli?’ è il primo passo verso un consumo più autentico e consapevole”, conclude il ricercatore.

[Almanacco della Scienza N.5, Maggio 2025]

redazione
redazione
Tiziano Thomas Dossena, Leonardo Campanile, LindaAnn LoSchiavo, and Dominic Campanile

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