In un mondo in cui la popolazione è in continua crescita e i cambiamenti climatici ci chiedono di modificare le nostre abitudini, la bioeconomia può essere un modello di produzione che rispetta gli ecosistemi e aiuta a contrastare i cambiamenti climatici. Ce ne parla Giorgio Matteucci, direttore dell’Istituto per la bioeconomia del Cnr
Da sempre la vita dell’uomo si basa sulle risorse provenienti dalla natura; sin dagli albori, quando i nostri antenati, ominidi e poi Homo sapiens, erano cacciatori-raccoglitori e prelevavano ciò che la natura metteva a disposizione, ma anche successivamente, quando abbiamo creato agricoltura e allevamento. Da sempre, inoltre, abbiamo usato le risorse naturali per riscaldarci e aiutarci nel produrre manufatti e trasformare materiali.
Quando, con la nascita delle comunità, si è passati da un modello di sussistenza a veri e propri sistemi di produzione organizzati, via via più complessi e diffusi, le risorse prodotte nelle zone rurali hanno cominciato a dover essere trasportate nelle città, anche molto lontano dai luoghi di produzione. Stavamo già facendo bioeconomia, pur senza averne ancora piena consapevolezza. “Come definizione, la bioeconomia copre tutti i settori e i sistemi che si basano su risorse biologiche: animali, piante, microrganismi e biomassa derivata, tra cui i rifiuti organici, unitamente alle loro funzioni e principi”, spiega Giorgio Matteucci, direttore dell’Istituto per la bioeconomia (Ibe) del Cnr. “La bioeconomia include e collega diversi aspetti: gli ecosistemi terrestri e marini e i servizi che essi forniscono; tutti i settori di produzione primaria che utilizzano e producono risorse biologiche, ovvero agricoltura, selvicoltura, pesca e acquacoltura; infine, tutti i settori economici e industriali che utilizzano risorse e processi biologici per produrre alimenti, mangimi, prodotti bio-based, energia e servizi”.
Parliamo quindi di tutto ciò che, di base, proviene dalla natura, ma che l’uomo nel tempo ha organizzato in sistemi produttivi più efficienti quali, ad esempio, l’agricoltura e l’acquacoltura moderne o la produzione di legno, con le piantagioni forestali. Oggi possiamo inoltre includere nella bioeconomia anche le innovazioni della cosiddetta “chimica verde”, che si basa su risorse naturali, spesso di scarto o secondarie, per realizzare composti che hanno spesso anche minor impatto ambientale rispetto a quelli di sintesi. “L’uomo ha imparato nel tempo a produrre in un modo che rispetta maggiormente la natura. La bioeconomia, che si basa quasi totalmente su risorse biologiche rinnovabili e naturali, deve puntare alla maggiore sostenibilità possibile, per non compromettere gli ecosistemi terrestri e marini. Oltre che fornirci prodotti per la nostra vita, la bioeconomia può inoltre fare molto per l’attuale situazione di crisi climatica”, prosegueil direttore del Cnr-Ibe. “Da un lato permette di realizzare sistemi produttivi primari più sostenibili, che riducono via via l’uso di combustibili fossili, fondamentali per diminuire le nostre emissioni di gas climalteranti e contribuire alla mitigazione del cambiamento climatico. Dall’altro, ci aiuta a ridurre gli sprechi e gli impatti sull’ambiente e sulle risorse naturali dei nostri sistemi di produzione di beni primari, un aspetto tanto più urgente di fronte alla sfida di nutrire una popolazione mondiale in continua crescita”.
Si tratta insomma di produrre di più ma meglio, con minor uso delle risorse fossili, puntando anche alla circolarità, in cui scarti o sottoprodotti vengono utilizzati e non sprecati. Rispetto alle produzioni primarie, l’Unione Europea punta al cosiddetto Net Zero (emissioni nette zero) per il settore entro il 2050: le emissioni di gas serra generate dalle attività agricole, dalla gestione forestale e dall’uso delle risorse marine dovranno essere totalmente riassorbite attraverso apposite misure, anziché liberate in atmosfera.
“Non saremmo nulla né potremmo fare nulla senza le risorse provenienti dalla natura, pur in sistemi di bioeconomia moderna. Oggi, però, deve crescere la consapevolezza che tutto questo deve essere fatto tenendo insieme produzione efficiente e protezione dell’ambiente, puntando alla intensificazione sostenibile delle produzioni, riducendo al contempo gli impatti su territorio e biodiversità”, conclude Matteucci.