L’aereo atterra puntuale. Alle sei e ventotto del pomeriggio il sole è calato da poco, nonostante il caldo tropicale di febbraio si faccia sentire.
George E. White sbriga le pratiche doganali, prende il trolley ed esce sulla strada. Un tassista abusivo lo ferma offrendosi di portarlo dove vuole. George vede l’amico Candelario Flores, confuso tra i viaggiatori del suo volo, ognuno alla ricerca di un taxi o di un volto. Alza il braccio, agitandolo. Candelario lo vede, solleva in alto la mano pure lui, e sorride.
George e Candelario si abbracciano, scambiandosi pacche sulle spalle. Salgono sulla macchina di Candelario, una Toyota Camry nuova di trinca, e s’avviano verso un posto dove si mangia.
George E. White va per i sessantacinque. Sono passati sei mesi da quando se n’è andata Jasmine, sua moglie, divorata da un cancro: poche settimane e via, il funerale.
Quarantadue anni insieme, stretti a dividere gli andirivieni, fortunati o nefasti, sfida degli dei.
Un figlio, John, veterinario.
Sei mesi.
Un nulla.
Uno strazio estenuante, violento da non poterne più. Redenzione impossibile da intravedere oltre la fuliggine maligna, stagnante su giorni e notti inutili, stracci sporchi da buttare via…