Quello a Grazia Deledda è un “Nobel che ancora oggi costituisce un grande simbolo di riscatto femminile e un tassello prezioso nel non semplice percorso di libertà, progresso ed emancipazione in un’Italia in cui all’epoca le donne ancora non potevano votare, avevano troppi doveri, troppo pochi diritti e ancora meno opportunità”. Così il presidente del Senato Elisabetta Casellati il 29 ottobre, in occasione delle celebrazioni per il 150° anniversario della nascita della scrittrice svoltesi nella Sala Capitolare. La seconda carica dello Stato ha ricordato il Nobel per la letteratura conquistato dalla Deledda nel 1926, prima donna italiana ad ottenere questo ambito premio per almeno sessant’anni fino a quello per la medicina vinto da Rita Levi Montalcini. “In tale prospettiva – continua – la dimensione internazionale delle celebrazioni deleddiane diventa quindi una preziosa opportunità non solo per ripercorrere la vita di Grazia Deledda e riscoprire il contributo intellettuale e culturale della sua opera, ma anche per tornare a riflettere su come il percorso dell’emancipazione femminile sia ovunque nel mondo un libro incompiuto e con molte pagine ancora da scrivere persino nel nostro Paese. Penso alla parità salariale, finalmente approvata al Senato, o alle scelte, spesso impossibili, che ancora le donne devono fare tra famiglia e lavoro. E se guardiamo fuori dai nostri confini lo scenario è molto più tragico, perché entrano in gioco diritti umani e libertà primarie. Penso alle donne dell’Afghanistan, a cui so che è stato dedicato l’evento inaugurale delle celebrazioni deleddiane”. Casellati parla inoltre di “un impegno che, ancora una volta, testimonia il forte legame tra il Senato e la grande tradizione culturale italiana”, di “un’attenzione che si rinviene anche nel ricco calendario di eventi delle celebrazioni deleddiane che rappresenta l’occasione per riflettere sulla forte modernità del pensiero di Grazia Deledda e sulla sua eredità morale e culturale. Un’eredità che Grazia Deledda ha iniziato a coltivare sin dalla più tenera età quando, a soli 13 anni, riuscì a farsi pubblicare i suoi primi racconti. Un risultato eccezionale per una bambina che non aveva nemmeno finito le scuole elementari perché a quell’epoca non era ‘consono’ per una ragazza proseguire gli studi superiori e che aveva potuto soddisfare la sua fame di conoscenza soltanto grazie all’aiuto di precettori o facendo da sola. Una bambina che, con penna e inchiostro, inizia così a erodere i confini di una società che vorrebbe segregare le sue ambizioni in una rete di vincoli, regole e tradizioni secolari. Le ambizioni di una donna che invece alza la testa”. (NoveColonneATG)
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