Sunday, November 24, 2024

I segreti degli uccelli in volo

“La voce del padrone”, undicesimo album in studio di Franco Battiato, è una raccolta di grandissimi successi. Ogni brano della raccolta è divenuto un classico della musica pop del nostro Paese, e non solo. Tra questi, “Gli uccelli”, strutturato in tre parti musicalmente diversissime tra loro, che mescolano musica sinfonica ed elettronica, classica e pop, secondo quell’inconfondibile stile che tanto contribuì a rinnovare la canzone italiana. Dopo una melodia per archi, si passa al cantato nel cui testo Battiato osserva e descrive, con parole semplici e cambi di ritmo repentini, il volo solitario o in stormo dei volatili, che seguono regole naturali e sottendono “geometrie esistenziali”. L’uomo le percepisce ma non sa spiegarle del tutto, perché nascondono “segreti di questo sistema solare” che ancora non siamo riusciti a svelare. In realtà di questo mistero oggi sappiamo molto. La ricerca scientifica si è dedicata allo studio del volo degli uccelli – tra l’altro – con due progetti di ricerca dell’Istituto dei sistemi complessi (Isc) del Cnr, che indagano le ragioni di quelle evoluzioni meravigliose e complicatissime che tutti abbiamo osservato al tramonto e la non meno straordinaria capacità di orientarsi per centinaia di chilometri in mezzo al mare.

L’applicazione di modelli statistici al comportamento collettivo di uccelli in volo (ma anche di sciami di insetti e colonie di cellule) è al centro del progetto di un gruppo di ricercatori del Cnr-Isc che è valso al suo coordinatore, Andrea Cavagna, un Grant Erc Advanced nel 2018 e il Max Delbruck Prize 2021 per la biofisica. L’obiettivo era studiare, comprendere e classificare diversi fenomeni di comportamento collettivo biologico, sfruttando l’analogia con le moderne teorie sviluppate nell’ambito della fisica statistica, per individuare nuove classi di universalità tra i fenomeni collettivi della vita. “Il comportamento collettivo è il risultato di semplici regole, che sono allo stesso tempo strettamente individuali e locali: ogni uccello interagisce solo con gli individui a lui vicini nello spazio, senza avere nessuna cognizione della struttura globale del gruppo. Ogni uccello cerca di allineare la propria direzione del moto a quella dei vicini e questa tendenza locale all’allineamento si propaga da uccello a uccello, generando la coordinazione collettiva che tanto stupisce l’osservatore”, spiega Cavagna. “È quindi più appropriato parlare di comportamento collettivo, piuttosto che di intelligenza collettiva. Quello che di veramente intelligente troviamo in questi fenomeni sono le regole di comportamento dei singoli individui, capaci di generare una efficace coordinazione a livello di gruppo, senza alcun controllo centralizzato, quale potrebbe essere quello indotto da un leader. Queste regole sono state plasmate dall’evoluzione e sono dunque ottimizzate per garantire le maggiori probabilità di sopravvivenza e la maggiore adattabilità. Se, ad esempio, un certo numero di uccelli, superiore a una determinata massa critica, cambia direzione all’improvviso, attraverso le regole di comunicazione locale questa fluttuazione si diffonde all’interno dello stormo, dando luogo a un cambio di direzione globale. Questo fenomeno di coordinamento decentralizzato, basato sull’applicazione scrupolosa di regole di comportamento locali, è chiamato autorganizzazione. Quello degli storni, dunque, è un tipico caso di comportamento collettivo autorganizzato”.

Nel profondo sud della Sicilia, sull’isola di Lampedusa in una notte d’estate senza luna si può ascoltare il canto delle berte maggiori, rilanciato da migliaia di coppie che nidificano sulle scogliere, talmente forte che lo si sente in tutta l’isola. “Un canto straziante che ha suggerito agli antichi naviganti che fossero i compagni che piangevano la morte dell’eroe Diomede, per pietà trasformati in uccelli da Afrodite. La magia non ha ancora abbandonato le berte ai giorni nostri: come possono queste creature alate percorrere centinaia di chilometri in mare aperto per poi ritornare all’isola e portare il cibo al loro piccolo? L’isola di Lampedusa è un puntino in mezzo al mare, battuto da venti e tempeste: come fanno le berte a ritrovare la strada di casa?”, si è domandato Stefano Focardi, ricercatore del Cnr-Isc di Firenze.

Per citare un altro grande cantautore, “the answer is blowing in the wind”. Il gruppo di ricerca dell’Istituto (che ha coinvolto anche l’Ispra in Italia, il Mare del Portogallo e il Rothamsted Research della Gran Bretagna), infatti, ha dimostrato che questi uccelli si orientano con gli odori trasportati dal vento. “Quello da sud porta odori diversi dal vento del nord. Gli uccelli percepiscono in che posizione si trovano rispetto all’isola dall’odore prevalente e si muovono di conseguenza: se arriva da nord andranno verso sud e così via”, conclude Focardi. “Usano l’odore per capire dove si trovano rispetto al loro obbiettivo, ma poiché gli odori cambiano a seconda dei venti e della turbolenza dell’aria si genera un movimento che sembra soltanto casuale e in realtà ha una speciale geometria detta frattale, cioè che riproduce sé stesso ad ogni scala spaziale. Quello che in matematica si definisce Volo di Lévy. Che le berte volino così lo si è visto usando dei ricevitori Gps che venivano applicati in modo non invasivo agli animali catturati nel nido. L’uso degli odori per navigare il cielo ha una vecchia e molto contrastata storia in ornitologia, ma ormai sembra che l’orientamento olfattivo abbia un ruolo centrale negli spostamenti di queste affascinanti creature”.

Edward Bartolucci [L’Almanacco della Scienza N. 12 – 16 giugno 2021]

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Tiziano Thomas Dossena, Direttore Editoriale della rivista.

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