Il Cgie non era preparato. Ed in effetti una così folta presenza di parlamentari – eletti all’estero e non – ad un’assemblea plenaria non si era mai vista.
E così questa mattina, dopo gli interventi di rito del viceministro Archi e del segretario generale Carozza che hanno presentato le rispettive relazioni, alla Farnesina si è dato vita ad un dibattito in cui consiglieri del Cgie, da un lato, e deputati e senatori, dall’altro, si sono aperti in un confronto serrato, ma pacato, a tratti più vivace e quasi mai freddamente “istituzionale”.
Ad aprire gli interventi Claudio Micheloni e Fabio Porta, designati capodelagazione rispettivamente del Senato e della Camera.
Micheloni, che è senatore del Pd eletto in Europa, ha preso la parola nella sua veste di presidente del neocostituito Comitato per le Questioni degli Italiani all’Estero, del quale erano presenti oggi in Sala Conferenze Internazionali diversi componenti. Il Comitato ha approvato un programma di lavoro “di ampio respiro”, ha riferito Micheloni, ma gli ormai noti “16 punti” verranno affrontati un po’ per volta. Si è partiti dai primi due: servizi e rete consolare, per i quali Commissione Esteri e Comitato lavoreranno “congiuntamente” per concludere l’indagine avviata già nella scorsa legislatura, mentre giungono “informazioni preoccupanti” sulla chiusura di uffici consolari, specie in Europa; e lingua e cultura italiane all’estero, per le quali la Commissione Cultura del Senato ha deciso di aprire un’indagine conoscitiva avvalendosi dell’aiuto del CQIE e che intanto potrebbero respirare se le risorse risparmiate con il taglio ai docenti venissero reinvestite – così come vorrebbe il concetto di “spending review”, ovvero “revisione e non riduzione della spesa” – in altri ambiti. Altra buona notizia: il presidente del Senato Grasso ha delegato il CQIE per trattare sulla questione Imu e prima casa degli italiani all’estero con la Commissione Finanze, alla quale è stato già consegnato un documento e Micheloni si è detto ottimista, parlando di “dialogo molto positivo”. Infine alcune considerazioni di carattere personale sulla cittadinanza, sull’associazionismo e soprattutto sulla riforma costituzionale. “Il collegio estero è arrivato al capolinea”. Per questo il 19 luglio si terrà in Senato una “giornata di discussione” – alla quale sono stati invitati anche il Comitato di Presidenza del Cgie, i parlamentari eletti all’estero di altri Paesi europei, le autorità italiane ed i “saggi” che vorrebbero la soppressione della circoscrizione estero – con l’obiettivo non tanto di parlare di voto all’estero, quanto “di far passare alla politica italiana il messaggio che il voto all’estero non è un’anomalia italiana”, ma che esiste anche in altri Stati.
D’altra parte che il ruolo delle comunità all’estero sia determinante per la crescita del Paese, ancora più in un periodo delicato come quello attuale, lo ha detto anche il presidente del Consiglio Letta durante il suo discorso alle Camere. Nel suo “governo di servizio la politica estera si deve caratterizzare come volta alla diplomazia della crescita” e “noi, parlamentari eletti all’estero e Cgie, dobbiamo aiutare il governo a declinare questo slogan”, ha esordito Fabio Porta, deputato del Pd eletto in Sud America, che al Consiglio Generale ha lanciato una “scommessa”: “cambiare il nostro linguaggio” ed insieme “l’idea” che si ha degli italiani all’estero, perché negli anni “il loro mondo è cambiato e non sempre la rappresentanza è riuscita a seguire tale cambiamento”. Anche per questo occorre “rinnovare i Comites prima che muoiano per asfissia”, ha detto Porta, convinto che, nell’ambito delle riforme costituzionali, “il ruolo del Cgie potrebbe essere stravolto in maniera positiva e ricalibrato in base al nuovo assetto istituzionale e di rappresentanza”. Infine un commento sullo ius soli, che, ha affermato Porta, “è l’altra faccia dello ius sanguinis”, dui principi che “insieme possono portare un capitale umano di 10 milioni di persone” tra italiani all’estero e nuovi italiani “capace di far uscire l’Italia dalle secche della crisi”.
Dal governo si aspetta “uno sguardo politico più coraggioso” Michele Consiglio, nel Cgie in rappresentanza delle Acli, che, oltre a rilanciare qualche “forma di promozione dell’associazionismo”, ha chiesto alle istituzioni un progetto che investa gli italiani all’estero almeno su due livelli: l’antica emigrazione, con cui bisogna “coltivare i rapporti”, e le nuove migrazioni, delle quali occorre “intercettare i bisogni”. Ed ovviamente un appello al rinnovo dei Comites, fissando subito la data delle elezioni.
La parola è passata nuovamente ai parlamentari, con l’intervento della senatrice Stefania Giannini di Scelta Civica. Forte della sua esperienza di rettore alla Straniera di Perugia, Giannini ha esordito invitando il parlamento ad un “atto di coraggio”, partendo dall’idea che “lingua e cultura sono il collante identitario della comunità italofona al di là di ogni vincolo territoriale”. Parliamo dunque di italiani in Italia, all’estero e degli stranieri nati in Italia: un bacino enorme. In questo senso va pensata una riforma che incentivi la presenza della lingua – e con essa della cultura – italiana nel mondo, che oggi può avvalersi delle linee guida europee raccolte per la prima volta in un documento: “l’italiano è una lingua numericamente debole, ma culturalmente molto forte” ed è su questo che occorre puntare, pure in presenza di più soggetti che possono interagire tra loro, ma con una “azione più mirata e meno spreco di risorse”. Per Giannini, insomma, “una riforma legislativa è importante. La riforma di pensiero è ancora più importante”.
Di tutt’altra sostanza l’intervento del consigliere Cgie Franco Fatiga, per il quale il Consiglio Generale ha “l’obbligo di guardare al futuro” e lasciare ai posteri “un segno non gattopardesco, ma di riforma del sistema”. Per Fatiga “la finanza pubblica non sarà mai in grado di onorare i fabbisogni degli italiani all’estero”, il cui mondo è un “arcipelago” con esigenze assai diverse e che richiede una “flessibilità” alla quale la burocrazia statale non può rispondere. Meglio allora togliere al Ministero degli Affari esteri la titolarità delle politiche per gli italiani all’estero, ha proposto Fatiga, riportare la competenza per il coordinamento generale e le linee politiche alla Presidenza del Consiglio e creare una “agenzia ad hoc con capitale misto, pubblico e privato, e la partecipazione delle Regioni”, che gestisca le risorse con una “visione moderna e manageriale”.
Un’idea, questa, fatta propria anche dal consigliere Primo Siena.
Cinque i punti affrontati dalla onnipresente – questo va detto – Silvia Bartolini, presidente della Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo. Primo: bisogna “pensare ad un nuovo modello di insegnamento dell’italiano”, che coinvolga di più i giovani; secondo: proprio “quello dei giovani discendenti è un tema del quale non si può non tenere conto” e per non perderli occorre puntare su lingua e rinnovo dei Comites; terzo: il rinnovo dei Comites, appunto; quarto: le riforme costituzionali e la rappresentanza degli italiani all’estero di cui si discuterà nel corso dell’incontro annunciato dal senatore Micheloni ed al quale parteciperanno anche le Regioni per portare la loro testimonianza; quinto: l’associazionismo. Sulla questione Bartolini ha speso qualche parola in più, specie alla luce di una circolare – quella del Mae che prevede l’istituzione di un albo consolare delle associazioni – che “è articolata in modo troppo rigido” e “rischia di cancellare associazioni storiche” diffuse sul territorio ed assai operative perché, magari, non rispondono a meri criteri numerici. D’altra parte le Regioni sono da tempo impegnate nel censimento delle dell’associazionismo regionale e potrebbe mettere a disposizione dell’Amministrazione la propria banca dati. Silvia Bartolini, al termine della sessione mattutina, ha indetto la riunione dei rappresentanti delle Regioni al Cgie.
Ha un passato, se pur breve, da studentessa a New York la deputata del PdL Elena Centemero, anche lei presente oggi in plenaria in qualità di membro delle Commissioni Affari Costituzionali e Cultura della Camera. Non poteva dunque non parlare della nuova mobilità in base alla quale, secondo Centemero, va ripensato l’insegnamento di lingua e cultura italiana all’estero. Si potrebbe, ad esempio, chiedere al Miur di fare fare ai nostri insegnanti un periodo di formazione all’estero, sopperendo così anche ai costi dei docenti italiani inviati all’estero, come pure precedentemente suggerito dalla senatrice Giannini.
Al di là di ciò che accadrà in futuro, “un ciclo della rappresentanza all’estero si è chiuso”. È arrivata come un fulmine la strigliata del consigliere Luciano Neri, che ha costretto l’intero Cgie a un profondo esame di coscienza”tra quello che siamo diventati e quello che avremmo dovuto essere”. “Nessun organismo può sopravvivere a se stesso così a lungo, senza essere messo in discussione”. Ed ancora: “noi avremmo dovuto incalzare l’Italia, ma sono dieci anni che ripetiamo sempre le stesse cose”. Tra una sessione e l’altra “il Consiglio è fermo e intanto il mondo cammina”. E le riforme diventano “ineludibili”, prima fra tutte quella dei Comites. Ma non solo. “Se attaccano e destrutturano la circoscrizione estero, cade tutto l’insieme della rappresentanza”, ha ammonito Neri, “anche il Cgie”.
Se si parla di rinnovo dei Comites, “con i tempi ci siamo”, ha assicurato prendendo la parola Marco Fedi, deputato del Pd eletto in Australia, per il quale “la riforma della cittadinanza e l’Imu sono i temi su cui dovremo confrontarci nei prossimi mesi”. Quanto poi a lingua e cultura, Fedi ha lamentatao che i contenuti del documento elaborato al termine del Seminario del dicembre scorso “sono stati disattesi”; eppure sarebbe bastato applicare il principio di “rimodulazione della spesa” invocato dal collega al Senato Micheloni e previsto dalla tanto odiata spending review. Infine una nota di sulla eliminazione della circoscrizione estero: “noi una battaglia politica l’abbiamo già vinta quando abbiamo ottenuto il diritto di voto per corrispondenza. Ora dobbiamo mantenerlo e, se necessario, migliorarlo. In che modo possiamo discuterne”, ma si tratta sempre di un diritto costituzionale.
D’accordo con Fedi anche il deputato e presidente del Maie, Ricardo Merlo, che si è detto “ottomista” e convinto che “continueremo ad avere in nostri rappresentanti in Parlamento”. Piuttosto Merlo ha condiviso l’ipotesi, rilanciata oggi dal segretario generale del Cgie Carozza, di modificare il voto all’estero attraverso l’opzione inversa, ossia dando la facoltà a chi vuole votare – sempre per corrispondenza – di farlo iscrivendosi ad un albo degli elettori e dando a chi non lo ha fatto la possibilità di votare in Consolato. Merlo ha rilanciato il rinnovo di Comites e Cgie, due organi “importantissimi per il raccordo tra noi parlamentari e le nostre, spesso vaste, comunità” che però, così, “non ce la fanno più”. Infine il presidente del Maie ha voluto portare all’attenzione dei presenti il caso dei pensionati italiani in Argentina, vessati dalla politica dei cambi del governo Kirchner a causa della quale perdono circa il 50% della pensione – di soli 200 o 300 euro – che viene loro consegnata in pesos. Sollecitato dal Maie, “il governo argentino non ha mostrato la volontà politica di cambiare le cose” e dunque di potrebbe pensare di fare come la Francia, che “ha iniziato a pagare le pensioni in Ambasciata”, o di usare già dall’Italia la moneta argentina.
Ha sollevato invece la questione dell’Imu per la prima casa degli italiani all’estero il consigliere Dino Nardi, per il quale “sarebbe bene che tutta la delegazione di parlamentari eletti all’estero facesse fronte comune” per superare la discriminazione cui sono soggetti i connazionali iscritti all’Aire. Quanto al rinnovo dei Comites e del Cgie, l’aver così a lungo rimandato le elezioni è uno “schiaffo alla democrazia” ed ora nel 2014, ha amaramente ironizzato Nardi, se ne celebrerà “il giubileo del decennale”. Si parla di voto elettronico, ma, in questa prima occasione, per il consigliere sarebbe meglio abbinarlo al voto tradizionale. Ad ogni modo “occorre rinnovare questi organismi: o lo facciamo noi o ci sta provando la natura”.
Era al suo debutto al Cgie Francesca La Marca, giovane deputata italocanadese del Pd, molto attiva in Commissione Cultura della Camera, della quale è l’unico componente eletto all’estero. In quella sede, ha riferito una emozionata La Marca alla plenaria, ha chiesto al ministro Maria Chiara Carrozza di affrontare il tema della riforma della Legge 153 nell’ottica di quanto riportato nel Seminario del Cgie, dunque superando la “frammentazione gestionale delle attività per meglio competere con gli altri Paesi”, come pure di rafforzare la rete dei ricercatori italiani nel mondo, per garantire “circolarità dell’informazione” e non perdere un capitale così eccellente. Al ministro Massimo Bray, invece, La Marca ha intenzione di proporre, da un lato, un progetto che valorizzi il turismo di ritorno attraverso il patrimonio culturale dei luoghi d’origine degli italiani all’estero e, dall’altro, la tutela del Museo dell’Emigrazione Italiana di cui “va assicurata l’esistenza”, innovandone però i linguaggi così da attirare maggiormente l’interesse di un pubblico più giovane. Sul fronte editoria, La Marca ha lamentato la “insufficienza” della dotazione di fondo destinata alla stampa periodica ed il “ritardo” del decreto attuativo 63/2012 per il quale ha inoltre richiesto “maggiore elasticità” nella definizione dei criteri di assegnazione dei contributi alla stampa quotidiana. Infine la deputata eletta in Canada ha lanciato l’allarme per la sospensione delle pubblicazioni del Corriere Canadese.
Si è associato all’appello di merlo in favore dei pensionati in Argentina il senatore italoaustraliano del Pd Francesco Giacobbe, che ha poi invitato colleghi parlamentari e Cgie a rilanciare insieme l’immagine degli italiani nel mondo, di cui in Italia si ha ancora una visione distorta e puramente assistenzialista, quando invece rappresentano una risorsa, un “investimento” sul quale il Sistema-Paese dovrebbe puntare per fare “profitto”. A partire dalla cultura: da lì parte infatti la conoscenza del Paese, da cui scaturiscono l’interesse per i suoi luoghi e prodotti, il turismo, gli scambi commerciali. Sarebbe a tale scopo auspicabile per Giacobbe una maggiore “integrazione” tra Enit e Regioni e l’istituzione, ad esempio, di borse di studio in gradi di calamitare in Italia studenti stranieri che diverranno un giorno ambasciatori del nostro Paese all’estero.
Di “modo arcaico ed asettico” con cui è stata presentata la “presenza italiana nel mondo ha parlato infine il consigliere Michele Schiavone facendo riferimento alla relazione di governo, dal quale è mancato un “approccio propositivo”. Se però non ci sarà la “volontà” da parte dell’Amministrazione e del governo di far proprie le idee e le proposte del Cgie, “le nostre assemblee resteranno inutili”.
Un appello che non è caduto nel vuoto, poichè nella sua replica il viceministro Bruno Archi ha garantito il suo “impegno personale” e quello della Farnesina ad affrontare, “nelle nostre possibilità”, luci e soprattutto “ombre” che emergeranno dalla tre giorni di plenaria. A parole ci siamo. Ora, come ha detto oggi Elio Carozza, vediamo se si passerà ai fatti o, meglio, agli atti. Quelli del governo. (raffaella aronica\aise)