Ricorre oggi il cinquantenario del terremoto più forte che colpì la Valle del Belìce nella notte del 15 gennaio del 1968. Un evento di magnitudo 6.4 interessò una vasta area della Sicilia occidentale, compresa tra le province di Trapani, Agrigento e Palermo.
L’evento principale fu anticipato da una forte scossa il giorno precedente e seguito da altre repliche sino al successivo 25 gennaio; complessivamente gli eventi di magnitudo compresa tra 5.0 e 5.5 furono cinque.
352 morti, 576 feriti, quasi 100mila senzatetto, sono i numeri di questa tragedia sismica. Dei quindici paesi interessati, dieci furono maggiormente colpiti e, fra questi, quattro distrutti: Gibellina, Montevago, Salaparuta e Poggioreale.
L’allora Istituto Nazionale di Geofisica, oggi confluito nell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), seguì con continuità l’evolversi della sequenza sismica, elaborando i dati registrati dalle stazioni della rete di monitoraggio, che a quel tempo non copriva l’intero territorio italiano.
Quello del Belìce è il primo terremoto visto dagli italiani attraverso la televisione. L’evento mise a nudo lo stato di arretratezza di un’area remota del meridione d’Italia, ma anche l’allora impreparazione e inadeguatezza della “macchina dei soccorsi”. La drammatica realtà delle baraccopoli e il lungo processo di ricostruzione che seguì, ha profondamente modificato il volto della Valle del Belìce, ma soprattutto l’animo dei suoi abitanti.