Intervista di Salvatore Margarone
Francesco Lanzillotta è considerato uno dei più promettenti giovani direttori nel panorama italiano. Negli ultimi anni ha diretto in alcuni tra i più importanti teatri italiani, fra i quali: Teatro La Fenice di Venezia, Teatro S. Carlo di Napoli, Teatro Verdi di Trieste, Teatro Filarmonico di Verona, Teatro Carlo Felice di Genova.
È regolarmente ospite di importanti compagini orchestrali quali: Orchestra Nazionale della RAI di Torino, Orchestra della Svizzera Italiana, Filarmonica Toscanini di Parma, ed altre.
Abbiamo raggiunto telefonicamente il Maestro Francesco Lanzillotta durante le rappresentazioni del Roberto Devereux al Teatro Carlo Felice di Genova, e gentilmente ci ha rilasciato la seguente intervista, che vi proponiamo.
Genova, 24 marzo 2016.
Il successo del Roberto Devereux di Gaetano Donizetti a Genova da cosa è dipeso?
Sono diverse le componenti che insieme hanno decretato il successo. È un’opera molto complessa, servono cantanti molto bravi, basti pensare al terzo atto…. tutti i ruoli sono molto complessi, sia musicalmente sia tecnicamente. È una partitura, questa del Devereux, che va sviscerata profondamente, in quanto ci sono delle ripetizioni che apparentemente sembrano uguali, invece se osservata a fondo ha delle differenze. Il tessuto armonico è ricco di novità. In più c’è la visione di una partitura che non deve essere come una copia rossiniana nè tanto meno di un Verdi successivo, ma che ha una sua identità unica.
Personalmente, come vive questo successo?
Mi gratifica maggiormente perché ho lavorato sull’identità del compositore. Ho lavorato sulla partitura molti mesi prima, facendo una concertazione sul fraseggio, i colpi d’arco in alcuni punti dell’opera, analizzandone le scene e quindi i personaggi. Ho chiesto molto all’orchestra, direi la ricerca di un suono giusto; questo mi gratifica molto.
Quando è sul podio, cosa pensa?
Quando si fa opera non c’è una sola componente, ma penso a tutta la produzione, coro, artisti, palco, regia, una macchina immensa che deve andare avanti insieme. Mi lascio andare, ma controllo tutto contemporaneamente.
Il rapporto con i registi?
Il rapporto è abbastanza buono; dipende dai registi, da quanto sono disposti ad ascoltare.
Se hanno esperienza operistica è più facile, con altri che provengono da altri ambiti è un po’ più difficoltoso.
Opera tradizionale o moderna?
Su questo argomento ho riflettuto tanto. Non posso dire di avere preferenza per l’una o per l’altra, l’importante che l’idea del regista sia coerente e funzioni.
Il rapporto con gli orchestrali? Come vive questo scambio di idee?
Credo che un direttore debba avere sin dalle prime prove in orchestra le idee molto chiare di ciò che vuole ottenere. Gestisci le prove sfruttando il poco tempo che hai, e lo scambio così diventa collaborativo e costante. Se arrivi con le idee poco chiare, sorgono problemi.
Qual è la cosa più difficile che deve affrontare un direttore, quando dirige?
Non c’è una cosa difficile in effetti. Forse il cambiare spesso partitura ti porta ad uno studio continuo, ma questo sicuramente non può essere visto come una difficoltà ma come crescita personale e professionale di un direttore. Studiare una partitura vuol dire anche contestualizzarla, nel suo ambito temporale e del compositore, capire il perché di determinati passaggi, e l’ utilizzo degli strumenti. Forse questa può essere una difficoltà. Per questo non bisogna accettare tutto quello che ci viene proposto: il Maestro Chung disse una volta che “Direttori si diventa a 60 anni… prima si studia”.
C’è un Direttore d’orchestra a cui si rifà?
Il gesto di un direttore non dovrebbe mai assomigliare ad un altro. Il nostro gesto è personale, è la nostra identità. Io cerco una libertà fisica, studio una partitura senza ascoltare incisioni; prima la faccio mia, poi in caso ascolterei Kleiber.
In questi ultimi anni stanno emergendo molti giovani direttori italiani. Da cosa dipende?
Sono due le componenti: la prima è l’ impressionante invasione di talenti. Se continua così per i prossimi 40 anni siamo tranquilli.
La seconda è la crisi che in un certo senso ci ha favorito: nel momento che un ente o un teatro deve chiamare un direttore e non ci sono molti soldi, chiami i giovani direttori che costano un po’ meno; questa è la nostra fortuna. Comunque, se manca il talento non vieni chiamato.
Tra i suoi maestri chi citerebbe?
Luciano Pelosi, per la composizione e Bruno Aprea per la direzione d’orchestra.
Ho avuto due grandissimi insegnanti, non hanno confronti con i tanti che ho incontrato all’estero in vari master che ho fatto.
Nel tempo libero cosa fa?
Lo passo a casa con la mia famiglia, i miei tre cani ed il mio orto. Mi dedico esclusivamente a questo per svuotarmi la mente.
Prossimi impegni?
Fino a Luglio ho molti impegni: fra qualche giorno sarò a Mosca, poi a Parma con l’orchestra Toscanini, Palermo, ed altre cose molto belle ma tutte diverse.
Grazie, Maestro, per il tempo che ci ha dedicato. In bocca al lupo per il suo lavoro e la sua promettente carriera.