Molti autori si sono focalizzati sulla potenziale correlazione fra gaming e comportamenti violenti, e la letteratura ha messo in luce risultati discordanti (Mathur & VanderWeele, 2019; Sparrow et al., 2018). I meccanismi alla base dell’associazione fra la violenza all’interno del gioco e quella praticata nella vita reale, infatti, possono essere ricercati nel disimpegno morale, nell’abitudine a scene di violenza e nella de-umanizzazione dell’avversario (Hartmann et al., 2014): essere ripetutamente autori di atti violenti senza subirne le conseguenze – né legali, né emotive – può rendere cioè il comportamento più “accettabile” anche nella vita di tutti i giorni. Di contro, però, i giocatori sono tendenzialmente capaci di distinguere tra fantasia e realtà e, di conseguenza, non c’è motivo di pensare che i videogiochi influenzino direttamente il comportamento nel mondo reale.
La letteratura ha evidenziato inoltre che numerosi lavori scientifici a sostegno di una relazione fra videogame e violenza presentano evidenti lacune dal punto di vista metodologico. In particolare, questi studi non tengono conto dell’impatto dei sintomi psicopatologici, della genetica e della personalità sul comportamento aggressivo. In generale, infatti, i comportamenti violenti e l’aggressività possono essere legati a svariati fattori genetici, oltre che sociali e psicologici, in grado di influenzare la propensione a mettere in atto o meno condotte antisociali. Una volta che questi fattori sono stati presi in considerazione, non è emersa più una chiara relazione causale tra i videogiochi e l’azione violenta o l’aggressività.
La letteratura sembra in sostanza suggerire che i videogiochi violenti sono potenzialmente in grado di aumentare la messa in atto di atteggiamenti aggressivi, ma che questi effetti sono piuttosto ridotti. Tuttavia, tale relazione esiste, soprattutto quando siamo in condizioni di gioco problematico, ovvero quando si passa troppo tempo a giocare, quando si hanno difficoltà a smettere di giocare e/o quando si trascurano altre attività pur di continuare a utilizzare i videogame. In questo caso, allora, i ragazzi potrebbero andare incontro a una serie di conseguenze negative, fra cui la messa in atto dei comportamenti violenti stessi (Sincek et al., 2017; Bavelier et al., 2011; Pujol et al., 2016).
Per questa ragione il gaming è un fenomeno che necessita di essere monitorato e controllato. Tenendo conto però che può essere sia considerato come fattore di pericolo, sia un innocuo passatempo, con effetti anzi potenzialmente positivi: per esempio, potenziamento della capacità cognitive e dell’attenzione e riduzione dell’ansia.
[Almanacco della Scienza N.9, 2022]