Cosa può raccontarci un albero?
Le sue foglie, inclinate o “verticalizzanti” ci parlano, ci raccontano piccoli segreti: le storie di noi che li abbiamo conosciuti per caso, che ci siamo riconosciuti, “nel velo d’aria, nel ventre della terra”, in un’estasi amorosa, in un abbandono nostalgico. Memoria e vitalità per un andare oltre un inciampo.
Anche questa mattina, nella camminata lungo l’acqua, ho parlato con loro.
Il salice era l’acqua e il ventre che si riempie di vita cosmica.
Aspetto l’autunno, l’Acero rosso e il Melograno, la primavera con il Pesco che fa corona con i rami ad accogliermi con un atto di benedizione, il Ciliegio per cadere nell’intreccio dei suoi rami, l’Ulivo, “ferita-ramo, arpeggio, essenze d’aria”, il Pruno e i suoi sogni.
“Mi curvo e mi innalzo verso l’alto, e intanto cresco, accumulo ricordo, mi piego, trovo ferite tra sterno e dorso. Sono frammentata in sogno e terra dura…e precipizio… e odore di borgata, aurora. Quanti discorsi ci fanno gli alberi…
Il video e la musica ti suggeriranno le parole che ti sussurrano all’orecchio gli alberi che incontri nelle tue camminate, a volte distratte.
Seppure mi manca il viaggio, quello che dà un tempo agevolato di dilatare la mente, di conoscere gente, di esplorare, lungo le “passeggiate d’acqua” sento il corpo riemergere.
Eh, sì, perché camminare, dovunque il cammino avvenga, è un atto di volontà dove investo energie, do significato allo spazio che esploro, affronto momenti di difficoltà.
Quello che mi manca dei viaggi – l’ultimo a febbraio 2020 a Berlino – è diventare le persone che incontro, le cose che guardo, le strade che cammino. Vivo una simbiosi profonda con il paesaggio, mi abbevero dei linguaggi, risuono di fonemi che pure non mi appartengono. Intercalari, vocali aperte, chiuse, aspirate, tono di voce, quando viaggio attraverso me stessa, divengo ciclicamente me e altro da me.
Tuttavia, qui, nella mia città, pur soffrendo la mancanza della totale libertà di un tempo, ho potuto sempre prendere le gambe per portarle in luoghi che costeggiano canali. E lì, seppure il percorso è sempre tra due ponti, la differenza la fa la gente che incrocio, rara, in certe ore da me attraversate e mai la stessa.
Così, mai persa, fuori dal tempo, vivo nel tempo. A volte il tempo si dilata, perdo le coordinate del viaggio, l’ora impiegata nel cammino assume contorni di visioni mentali antiche e inedite. Svegliarmi è un attimo. Basta riconoscere un alberello con una pietra colorata alla sua base, o una scritta che rammenta i km del percorso verso altre località.