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Tumore al polmone: dimostrato ruolo chiave di un oncogene

La scoperta è firmata da un’équipe internazionale guidata da Elena Levantini, ricercatrice Itb-Cnr, e apre nuove prospettive di cura anche per altre neoplasie solide che colpiscono pelle, seno, colon, intestino e cervello. I risultati sono pubblicati su Science Translational Medicine

Il tumore del polmone è la prima causa di morte per cancro, la sopravvivenza dei pazienti rimane scarsa e le opzioni terapeutiche limitate. Un gruppo di ricerca internazionale ha condotto uno studio sulle cause della sua insorgenza, promosso dalla Harvard Medical School presso il Beth Israel Deaconess Medical Center (Bidmc) di Boston e coordinato da Elena Levantini, ricercatrice dell’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche (Itb-Cnr) di Pisa con incarichi anche a Harvard e al Bidmc. I risultati della ricerca, che ha coinvolto anche il Cancer Science Institute (Csi) di Singapore, sono pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine.

“Grazie a questo studio abbiamo scoperto in primo luogo il ruolo chiave di un oncogene (Bmi1) nello sviluppo e nel mantenimento di una larga percentuale di tumori polmonari”, spiega Elena Levantini. “Si tratta di un passo importante, dato che al fine di migliorare la sopravvivenza dei pazienti è necessario identificare i networks molecolari coinvolti nella tumorigenesi e produrre di conseguenza nuovi farmaci diretti contro tali bersagli molecolari (la cosiddetta terapia molecolare). Attualmente la maggior parte dei pazienti riceve trattamenti chemioterapici generalizzati (rivolti alle cellule malate) che, come noto, non colpiscono in modo mirato la molecola specifica coinvolta nel processo tumorale”.

La seconda fase dello studio ha riguardato proprio la messa a punto di un nuovo farmaco diretto contro Bmi1. “Abbiamo sperimentato una sostanza che inibisse l’attività di tale oncogene, dimostrandone l’effetto antitumorale. Attualmente il farmaco è in fase di sperimentazione (fase I) presso il Bidmc e il Dana Farber/Harvard Cancer Center”, prosegue la ricercatrice dell’Itb-Cnr. “I dati che emergeranno dalla sperimentazione potranno avere importanti ricadute nella clinica, dal momento che aprono la strada ad una nuova opzione terapeutica per un rilevante sottogruppo di pazienti affetti da questo tumore”.

Ma la ricerca potrebbe avere ricadute anche per altri tumori. “Dato che l’attività di questo oncogene è significativamente aumentata anche in vari sottotipi di tumori polmonari, così come in altri tumori solidi (tumore della pelle, del seno, del colon ed intestinale, e nel glioblastoma) nonché in leucemie e linfomi, il farmaco, dopo i vari step di sperimentazione, potrebbe essere impiegato con vantaggio anche per i pazienti affetti da queste neoplasie”, conclude Levantini.

L’Itb-Cnr sta coordinando un altro studio in collaborazione con l’Università di Pisa e la Scuola Normale Superiore per sviluppare una metodologia che permetta, attraverso l’analisi di un campione di sangue, una rapida e semplice identificazione dei pazienti Bmi1 positivi, che potrebbero beneficiare del nuovo trattamento terapeutico.

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