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Traviata in mondovisione all’Arena di Verona per il tributo di addio a Franco Zeffirelli

di Federico Scatamburlo

Se ancora in vita la sua fama era già a livello planetario, la scomparsa di Franco Zeffirelli a una settimana dalla prima messa in scena del suo ultimo lavoro, è stato un involontario coup de theatre che lo ha definitivamente consacrato tra i “grandi” del mondo del teatro, ponendo una pietra miliare ed entrando a pieno diritto e titolo nella storia del teatro appunto e della lirica in particolare.

Cecilia Gasdia e Sergio Mattarella

Franco Zeffirelli, all’anagrafe Gian Franco Corsi, nato nel 1923 a Firenze, è stato sceneggiatore, regista e anche politico.

Ferocemente polemico e anticonformista, quest’uomo straordinario è stato un po’ come l’opera lirica: o la ami o la odi, non ci sono vie di mezzo. E così è stato per lui. Amato da tanti e odiato da tanti, con un sottile pregiudizio che lo ha accompagnato durante tutta la sua vita, ha comunque sempre mantenuto salde le proprie idee, dalle quali sono scaturiti degli indiscutibili mirabili capolavori. Una mente vulcanica, sempre al lavoro per nuovi progetti anche da ultranovantenne, le sue idee artistiche hanno sempre “disturbato” un po’ la cultura e l’ambiente artistico, più che altro in Italia, infatti molte proposte non sono andate a buon fine. Tant’è che egli si stesso si definiva “straniero in Italia”, pur amando in modo viscerale le sue origini.

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Nella sua lunghissima carriera è sempre emersa la sua passione per la lirica, passione che ha avuto modo di trovare sfogo in opere di repertorio famose, prima fra tutte quella dell’opera in titolo, Traviata. Quella di stasera è anche il suo ultimo atto, che si svolge proprio nel teatro con il quale ha avuto le maggiori collaborazioni. Il quindici giugno 2019 la notizia della sua scomparsa ha immediatamente fatto il giro del mondo, e Cecilia Gasdia, Sovrintendente della Fondazione del Teatro Arena di Verona, intervistata in diretta da Bruno Vespa alla Rai, comprensibilmente non ha potuto trattenere l’emozione, visto il legame che aveva con il regista, con il quale ha vissuto nell’ultimo anno i preparativi proprio per questa Traviata in questo teatro e per esso creata appositamente.

Un sentito e dovuto atto dunque trasformare questa rappresentazione in un tributo, un omaggio e un saluto al compianto amico. Tributo che rapidamente si è trasformato in un evento planetario, trasmesso in mondovisione da Rai1 e per il quale sono intervenuti come spettatori molti personaggi illustri, amici, politici e gente dello spettacolo: il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, il Ministro dell’Economia Giovanni Tria, il Ministro ai Beni  e le Attività Culturali, Alberto Bonisoli ed il Ministro  del Turismo Gian Marco Centinaio.

Antonella Clerici, insieme al tenore Vittorio Grigolo, hanno intrattenuto il pubblico a casa, insieme ai loro ospiti tra i quali Pippo BaudoGabriel GarkoKatia RicciarelliVittorio Sgarbi e ai figli adottivi di Franco Zeffirelli.

Qualcuno potrebbe dire che sia stata forse una “vetrina”, ma vista dal vero, la partecipazione emotiva generale era palpabile.

Una breve proiezione introduttiva sull’arte del regista ha introdotto la serata e, dopo l’inno italiano suonato dall’orchestra e cantato dagli artisti del coro parati a lutto, non c’è stato un minuto di silenzio come ci si poteva aspettare, ma lunghi rintocchi di campane a morto che hanno accompagnato una piccola processione funebre formata da un cavallo trainante un cocchio con sopra una bara e al seguito delle comparse in gramaglie, che, da dietro le quinte, hanno mestamente girato intorno al palco.

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Sin da quando abbiamo messo piede in teatro, già dal telo dipinto con un classico sipario teatrale rosso si è evinta la tipica cura maniacale dei dettagli che hanno sempre contraddistinto Franco Zeffirelli, e che è esplosa in tutta la sua genialità all’apertura del sipario. Scenografie assolutamente funzionali all’anfiteatro: una villa vista in sezione, su due piani, che con semplici trasformazioni diventa il giardino della villa in campagna e poi il salone delle feste per ritornare poi la villa di Violetta, parzialmente disadorna per la vendita dei propri beni. Spontaneo l’applauso del pubblico durante una di queste spettacolari trasformazioni.

Maurizio Millenotti ha realizzato magnifici costumi, sontuosi e romantici, perfettamente collocati nell’epoca in cui Giuseppe Verdi ha ambientato quest’opera, così come ben realizzate sono state le scene che, illuminate con expertise da Paolo Mazzon, hanno ricreato atmosfere elegantissime, voluttuose e preziose.

Se in televisione la presa diretta ha sicuramente reso onore alla musica e al canto, in teatro dal vivo non c’è stato purtroppo il risultato sperato. Come già ribadito in altre recensioni, questo teatro, con un palco all’aperto così sovradimensionato, necessita di voci importanti. Mettici la tensione di essere protagonisti di un evento planetario non previsto, è stata dunque tangibile l’emozione vissuta dagli artisti, che di certo non li ha messi in condizione di esibirsi al meglio.

Alessandra Kurzak ha vestito i panni di Violetta Valery. Piuttosto a suo agio nella drammaturgia del personaggio, si è distinta per un uso della voce piuttosto naturale, senza forzature: se da un lato in qualche momento questo ha tradito qualche acuto che poteva essere meno coperto ma più brillante, dall’altro ha fatto sì che diventasse veramente Violetta, con tutta la sua forza e la fragilità, espressa con bei filati e sincera emotività.

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Diversa la situazione per Alfredo Germont, interpretato dal giovane Pavel Petrov, decisamente il più emozionato di tutti. Dotato di un bellissimo colore di voce e un discreto gusto interpretativo, era chiaramente molto più che emozionato e talmente concentrato nella parte, da non riuscire ad esprimersi al meglio, complice anche il volume di voce decisamente non adeguato al palcoscenico dell’Arena.

Ammirevole invece la capacità espressiva e canora dell’inossidabile Leo Nucci, nella finzione il padre di Alfredo, Giorgio Germont. Una coraggiosa e pregevole interpretazione, anche se, a onor del vero, diversi accenti rimandavano più a Rigoletto che a Germont.

Alessandra Kurzak (Violetta Valery)

Daniela Mazzucato è stata la governante Annina, con una buona interpretazione, senza lode e senza infamia.

Leo Nucci (Giorgio Germont) e Pavel Petrov (Alfredo Germont)

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Bene il resto del cast: Gastone di Letorières, Carlo Bosi; Barone Douphol , Gianfranco Montresor; Marchese d’Obigny, Daniel Giulianini; Dottor Grenvil, Romano Dal Zovo; Giuseppe, Max René Cosotti; Domestico/Commissionario,  Stefano Rinaldi Miliani.

Gaetano Petrosino ha coordinato i primi ballerini Petra ContiEleana Andreoudi  e Giuseppe Picone.

 Mai così in forma il Coro della Fondazione Arena di Verona, curato da Vito Lombardi, che si è esibito in performances di altissimo livello con sonorità e insiemi strepitosi.

 Ha diretto l’Orchestra dell’Arena di Verona un magico Daniel Oren. La concertazione ha risentito della mancanza di prove adeguate, ma l’abilità del maestro è stata proprio questa: ammaliante seduttore ha guidato l’orchestra in improvvisate virate a seconda delle necessità degli artisti sul palco, con pochissimi istanti di ritardo, e con voli altrettanto improvvisi che hanno portato l’esecuzione, pur non perfetta, a dimostrare anche il grandissimo livello professionale degli Orchestrali dell’Arena. Bravi.

Daniel Oren (al centro)

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Standing ovation generale alla fine della rappresentazione, più che per la recita in sé, per dare un caloroso saluto al vero protagonista della serata, a cui ci siamo uniti emozionati e storditi da questo evento memorabile.

Addio Franco.

Photo©Ennevi/Fondazione Arena di Verona

La recensione si riferisce alla prima in mondovisione del 21 giugno 2019.

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