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Tattilità e coscienza corporea

Di Marina Agostinacchio

“Niente è nella mente che non sia stato prima nei sensi”. È quanto dicevano i filosofi del Settecento.

TAVOLE TATTILI LETTERE

Tempo fa, parlando con un’amica della dimensione sensoriale della parola, le raccontai come da bambina della scuola materna avessi avvertito le lettere che la compongono attraverso il tatto. L’incontro personale con l’alfabeto fu attraverso riquadri su uno sfondo di carta liscia da cui emergevano le lettere profilate in ruvido. Con la mano noi bambini toccavamo la lettera e la “sentivamo” vibrare di vita; l’attraversavamo col corpo. Diceva la mia amica, nella conversazione avuta con me, che questa visione sinestetica della composizione della parola rimanda a un principio scientifico degli universali linguistici secondo cui le lettere si formano proprio nell’ominide, dal paleolitico, come gesto etologico caricato di un suono che è tattile prima ancora della scrittura che ha ereditato la corporeità dei suoni.

IL BAMBINO E IL TATTO

Ma ora vorrei andare a colei che ha dato voce al bisogno, direi viscerale, di traslare il pensiero-parola in materia e forma vive. Si tratta della studiosa pedagogista Maria Montessori, che aveva capito l’importanza della “ricchezza percettiva” e quindi “dello sviluppo delle capacità mentali, dell’astrazione, di precisione dei concetti di espressione linguistica e la stessa creatività”. I bambini, sosteneva la Montessori, hanno una mente assorbente. La conoscenza concreta del mondo partorisce un’immagine mentale della stessa; essa, nominata, si depositerà nell’alveo della memoria. Si tratta di un rovesciamento del pensiero platonico della realtà che sarebbe una copia, misurata per difetto, di un mondo perfetto superiore. Il senso del tatto, nello specifico, si rivela dalla vita prenatale, fino al momento ultimo della nostra esistenza. Esso percorre la nostra pelle esternamente e internamente; è fortemente percepibile nella vita affettiva, emotiva, sessuale. Attraverso il tatto avviene il contatto, con l’universo che ci attornia, nella forma dell’amore che trova il suo perno nella cura dei figli.

FETO CON DITO IN BOCCA

L’avvento dell’ecografia, il mezzo diagnostico — risale al 1978 circa — ha consentito di affiancare la gravidanza con conoscenze prima impensabili.  La sonda, una delle di tre parti che compongono l’apparecchio, emette ultrasuoni che giungono fino al feto. Gli impulsi sonori, elaborati da un trasduttore che rivela forme e movimenti del feto, disegnando un’immagine, fotografata in

Eva Kuhn OPERA TATTILE

più momenti, elaborano e riproducono in modo preciso il movimento stesso. Ed è proprio questa tecnica sonora che permette di vedere quanto avviene all’interno della vita uterina. Tra i movimenti ripresi, siamo in grado di cogliere il neonato nell’atto di introdurre le dita nella bocca. Quindi, ecco palesarsi quello che definiamo l’aspetto tattile della conoscenza, già nella pre-vita autonoma del bambino. Pensiamo poi quando il bambino neonato sfiora con la guancia il seno materno, sugge dal capezzolo il latte, stringe un dito, oppure quando avverte il calore della madre, le sue braccia, la sua pelle.

Nello scambio tattile tra madre e figlio, si manifesta la sintonia dello slancio muscolare dei due corpi che consente una specie di fare pervenire a una “fusione biologica”; un corpo entra così nell’altro in uno scambio di aspirazione a un bisogno dell’altro stesso e di inebriamento reciproco. Questo è possibile solo se l’adulto si lascia andare come in un gioco alla fusione con il bambino.

Crescendo, inoltre, il bambino evolve il senso del tatto con esplorazioni più allargate: sfiora più e più volte l’abito della persona che la tiene in braccio, strofina il viso sulla spalla della mamma o di chilo tiene in braccio per addormentarsi, esplora con le mani e con la bocca oggetti di cui coglie forme e colori attraverso “l’ascolto tattile”. Caldo e freddo, morbido e rigido, liscio e ruvido… si abbracciano, si separano, si identificano nella loro diversità.

Marinetti scrisse un manifesto del tattilismo. In esso il tatto è esaltato come senso più completo. Nel Manifesto stesso, Marinetti redige una lista di azioni finalizzate a educare il tatto.

Ma in che modo? “Nuotando sott’acqua ad occhi chiusi e riconoscendo tattilisticamente ciò che ci circonda; indicando come enunciare e riconoscere ogni sera gli oggetti in camera, stando completamente a buio; tenendo le mani inguainate per molti giorni, in modo da sorprendere poi il senso del tatto con sensazioni differenti”.

Scrive Marinetti:

Marinetti

“Il Tattilismo creato da me — si legge nel manifesto — è un’arte nettamente separata dalle arti plastiche. Non ha nulla a che fare, nulla da guadagnare e tutto da perdere con la pittura o la scultura. Bisogna evitare quanto più sia possibile, nelle tavole tattili, la varietà dei colori, che si presta ad impressioni plastiche. I pittori e gli scultori, che tendono naturalmente a subordinare i valori tattili ai valori visuali, potranno difficilmente creare delle tavole tattili significative. Il tattilismo (…) deve aver per scopo le armonie tattili, semplicemente, e collaborare indirettamente a perfezionare le comunicazioni spirituali fra gli esseri umani, attraverso l’epidermide. La distinzione dei cinque sensi è arbitraria e un giorno si potranno certamente scoprire e catalogare numerosi altri sensi. Il Tattilismo favorirà questa scoperta”.

Eva Kuhn OPERA TATTILE

Nacquero così le prime opere d’arte tattili. Marinetti esplorava le differenti tessiture, strutture dei materiali, le loro qualità, le loro caratteristiche e le diversità. Ed il bambino poteva così toccare e fare esperienza diretta dell’opera.

La padronanza del corpo aiuta a costruire la propria identità, a sviluppare una coscienza di sé necessaria per pervenire al raggiungimento dell’autonomia. Attraverso il tatto il bambino riesce anche a controllare le proprie azioni.

Maria Montessori sosteneva che il bambino ha una mente molto creativa che viene evidenziata con il gioco. Con il gioco verbale e gestuale il bambino esprime le paure, l’angoscia, l’aggressività.

MARIA MONTESSORI

Infatti, proprio nel periodo di vita in cui si sperimenta il gioco, “tutti i ricettori sensoriali sono aperti per ricevere i dati: prendere, toccare, sentire i sapori, il caldo, il freddo, il peso e la leggerezza, il morbido e il duro, il ruvido e il liscio, i colori, le forme, le distanze, la luce, il buio, il suono e il silenzio… tutto è nuovo, tutto è da imparare e il gioco favorisce la memorizzazione”.

Insomma, sperimentare toccando, per inoltrarci col “corpo tattile” alla decodifica delle emozioni, delle sensazioni della conoscenza di sé ma della conoscenza della realtà circostante.

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