Non che Mattioni non si riconosca in questo romanzo nella sua solita scelta di vocaboli e di osservazioni ben mirate sui propri personaggi, ma qui troviamo uno stile serrato, quasi da copione per un film giallo, che soddisferà qualsiasi lettore che ama questo genere; ci sono, inoltre, anche osservazioni legate all’emigrazione, alle difficoltà legate alla vita in certi paesini del Messico, alla criminalità che diventa automaticamente una scelta per chi deve affrontare un mondo nuovo che molto spesso gli manca di rispetto e lo vuole tenere in basso, a volte sempre più in basso. L’attenta analisi della vita della frontera messicana, con i sacrifici dei molti, ignorati, e la violenza dei pochi, identificata erroneamente da molti americani come una caratteristica della massa di immigrati di lingua spagnola, dona a questo libro un valore aggiunto da non ignorare; le osservazioni dell’autore sono, difatti, spesso basate su ciò che lui stesso ha potuto vedere con i propri occhi nei molti anni passati negli USA come giornalista.
Dal Prologo del libro citiamo un passaggio che offre le premesse dietro a questa storia di umanità infranta e riconquistata:
” Gli adulti e gli anziani sapevano bene che la loro terra non li avrebbe arricchiti e non sarebbe stata in grado di distribuire dividendi o utili, ma erano altrettanto certi che non avrebbe licenziato nessuno; come del resto nessuno, a memoria d’uomo, era mai stato costretto, da quella stessa terra, ad andarsene.
Erano soltanto giovani, orfani di rassicuranti memorie, a lasciare Surco-en-el-suelo inseguendo i propri miraggi. Lo facevano da anni, abbagliati dalle lusinge di quel mondo tanto diverso dal loro e che luccicava sull’altra sponda del Río Grande. Là, oltre la frontera; oltre quell’odiosa riga tracciata dall’uomo in terra, ma priva di qualsiasi corrispettivo in cielo”.