Alla luce di quanto sta accadendo di tragico per questi bambini schiavizzati dagli smartphone e addirittura indotti al suicidio, a ottant’anni mi rendo conto di essere stato un privilegiato. E’ vero, in quei terribili anni ’40 c’era mancanza di ogni bene di prima necessità, vivevamo con il terrore dei bombardamenti in una Napoli distrutta, umiliata dalla miseria e mortificata dalla fame. Abbondavano solo i pidocchi, i geloni nel periodo invernale e il costante desiderio di una fetta di pane. Che ne sanno i ragazzi di oggi! Non il desiderio di una porzione di crostata o di timballo di maccheroni, solo di una fettina di pane, di quel pane napoletano fatto metà di farina e metà di segatura. Eppure ricordo un’infanzia vissuta prevalentemente con gioia, sicuramente una gioia che ci veniva regalata sia da un Dio che aveva pietà di noi piccoli innocenti e inconsapevoli testimoni di eventi incomprensibili, sia dalla nostra voglia di vivere e di cogliere il bello che la vita ci offriva! Ora, nel 2021, vedo ragazzini e giovani che hanno tutto e di più, ma non sono felici. Che tristezza! Evidentemente la società deve rivedere molte cose. Le famiglie, la scuola e i governanti devono cambiare rotta. Stiamo precipitando nel baratro! Osservo ciò che accade e mi rendo conto che, nonostante in quegli anni ‘40 fossero tanti gli stenti da sopportare, vivevo la mia infanzia “volando” gioioso e spensierato per i vicoli e le strade della mia adorata Napoli. E’ stato davvero un privilegio per me, come per tanti altri bambini di allora, provare gioia nel costruirci noi, da soli, qualche giocattolo. Ricordo “ ‘o carruocciolo” (specie di slittino con quattro cuscinetti a sfera o ruote di legno); “ ‘a mazza e ‘o pìvezo” (lontanamente comparabile al gioco del baseball); un arco con le frecce realizzato con le astine di ferro di ombrelli rotti; la sagoma di legno di una pistola che aveva come tamburo una molletta per i panni e un poco di elastico per far partire il colpo che per lo più era un fagiolo. Che significato ha avere tutto e non essere felici? Forse perché neppure loro sanno cosa vogliono! Per me, bambino del ’40, la felicità è stata nel godere delle piccole cose e nell’apprezzare quel poco, pochissimo che avevo!
Cari saluti.
Raffaele Pisani