Articolo di Salvatore Margarone
La musica, però, viaggia su un doppio binario e affianca, oltre alle epoche letterarie che ben conosciamo, anche l’arte della composizione, la quale ha avuto una propria evoluzione indipendentemente dalle suddette epoche, nelle quali i vari musicisti, grazie alla loro intraprendenza, hanno osato sempre di più, e hanno superato così i limiti del loro tempo spianando la strada ai posteri. Questo sviluppo lo si può sentire chiaramente attraverso le varie composizioni, prima religiose e poi profane, delle musiche arrivate a noi oggi.
Tralasciando al momento il periodo Barocco e Classico, ci si vuole soffermare sulla seconda metà del 1800, periodo in cui, dopo aver scandagliato l’animo e i sentimenti umani, anche il Romanticismo aveva esaurito la sua esistenza. Ecco allora sorgere all’orizzonte un nuovo momento storico che, per così dire, andrà sempre più nella direzione dell’“impossibile”: un’affannosa ricerca di sonorità più ardite che si scontreranno con quella teoria musicale schematicamente rigida che aveva dominato la scena per oltre 400 anni.
Ecco quindi affiorare nuovi geni musicali come Sergej Rachmaninoff, pianista, compositore e direttore d’orchestra russo, nato a Oneg nel 1873. Formatosi musicalmente tra Pietroburgo e Mosca, sotto la guida dei maestri Tanev e Arenskij fino al 1893, anno in cui Rachmaninoff, stanco dall’asfittico ambiente del Conservatorio e acquisita una notevole e pregevole tecnica pianistica, intraprende una brillante carriera come concertista in patria e all’estero.
Qualche anno dopo, a causa dello scoppio della Rivoluzione d’Ottobre del 1917, Rachmaninoff lasciò a malincuore la sua nazione natia emigrando in America, dove fu accolto calorosamente dal pubblico statunitense e dove iniziò così una nuova vita.
Nello stesso periodo, però, in Russia prendevano corpo due differenti scuole di pensiero su come affrontare la modernità musicale: vi erano i conservatori che seguivano gli ideali della Scuola di Mosca, tra i quali ritroviamo Rachmaninoff e Čajkovskij, e il gruppo di compositori della Scuola Russa, tra cui Rimsky-Korsakov, Musorgskij ed altri, che avallavano e sostenevano la corrente di pensiero di Pietroburgo.
Rachmaninoff, rimasto affascinato da questo nuovo modo di operare e, vedendo in tali operazioni stilistiche nuovi spunti compositivi, continuò su quella stessa strada per le sue composizioni, giungendo sicuramente a vette più alte rispetto allo stesso Čajkovskij.
Opere come I Vespri, le Danze Sinfoniche, il poema sinfonico L’isola dei Morti, pagine queste immortali, segneranno per sempre la linea di separazione con la scuola russa.
Nella musica di S. Rachmaninoff si ravvisa un languore romantico ed una melodia inconfondibile già dalle sue prime composizioni, che vanno nella direzione della scuola moscovita, in cui emerge la sua spiccata propensione per un eclettismo stilistico cosmopolitico. Un linguaggio armonico personale e un’accesa densità espressiva di stampo postromantico, unita all’avvincente gesto melodico, costituiscono i pregi delle sue composizioni sinfoniche, corali e pianistiche, peraltro non prive di una certa ampollosità e inclini, specie i concerti per pianoforte, a un virtuosismo esteriore.
Da ricordare sono sicuramente i suoi 4 Concerti per Pianoforte e Orchestra, i moltissimi brani per pianoforte solo come: i Morceaux de Fantaisie, di cui fa parte il famosissimo Preludio in do diesis min.; le Sonate, le Variazioni, gli Studi, i Preludi .
Non da meno sono i suoi Lieder, circa 80, di indescrivibile bellezza per il loro pianismo, mescolato in una simbiosi perfetta con la linea melodica affidata alla voce dove, Rachmaninoff, esprime tutta la sua liricità nostalgica rievocando la sua tanto amata Russia.
Sergej Rachmaninoff, a parte qualche breve viaggio per alcuni concerti europei, dal trasferimento nel primo ventennio del ‘900, non fece più ritorno nella sua Madre Russia, viste anche le problematiche scaturite dalla seconda guerra mondiale.
Morirà a Beverly Hills, in California, nel 1943, dove tutt’oggi riposa.