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Se ne va un altro grande cantautore

Di Marina Agostinacchio [da Il cielo in una stanza]
Franco Battiato per molte generazioni, attraverso i suoi testi, ha rappresentato poesia e verità, surrealismo e onirico.
Il fascino, la bellezza delle sue composizioni musicali sono stati un canto tra i più eccelsi, e mi scuso per la ridondanza delle parole, nel panorama artistico italiano.
Addio, Franco… Si potrebbe semplicemente dire.
Ma a me viene in mente il valore di cui si carica un addio in senso lato.
“Chiudimi pure gli occhi/ con le tue care mani!/Sotto le tue mani/ si placa ogni mio tormento./ Il dolore, quasi a ondate, / dolcemente si attenua:/ ancora un’ ultima stretta,/ e già tu colmi il mio cuore”.(Theodor Storm).
L’ assenza, il vuoto, il distacco, sono la rappresentazione di un accadimento cui ancora l’ umanità non sa abituarsi.
Arturo Martini, Il figliol prodigo. 1926.
La scomparsa di un corpo, uno spazio intimo di materia che prende forma dalla sua apparizione e che comincia a narrarsi lungo il suo cammino sulla terra… Ecco a cosa penso questa mattina, mentre sono nella ” stanza del sole” con il canto prolungato della magnolia del giardino, che mi guarda immobile, secolare, saggia. Anche gli alberi sanno trovare le parole per offrire ripari momentanei, sospensione  inaspettata da un dolore.
Cosa è un’ assenza definitiva di un corpo se non il corpo stesso che ha intrecciato sguardo, mani, abbraccio, parola, empatia, compassione, pietà? Toccare un corpo, stringere un corpo, suonare e risuonare con un corpo. Vibrare, piangere, ridere, ritrovarsi nel pensiero, nell’ intento, nell’ intuizione, nella riflessione, nella condivisione, nella ferita. Nella gioia. Ma allora, se questo spazio-corpo si incammina in un terreno sconosciuto, un oltre, oltre la gamma di esperienze raccontate, chi si accomoderà a riempire lo spazio lasciato? Chi farà avvertire meno il cambiamento di condizione esistenziale, la svolta da un’ abitudine tra un rito e un imprevisto? A maggior ragione se durante il percorso, il viandante vive la luce della terra con piena  adesione di tutto il suo essere, vive la vita in una dimensione di io/tu: ciò cambia, trasforma, fa maturare ogni individuo, lo rende capace di relazioni, lo rende consapevole di essere parte di una rete sociale secondo l’etica della responsabilità, etica che gli fa compiere scelte libere meditando sulle conseguenze che derivano da ogni scelta.
Certo è che, chi ci lascia non va via del tutto, né per sempre. Rimane la sua essenza, l’ eco della sua corporeità, il colore di cui ha ricoperto il mondo. L’ importante sarà custodire in noi stessi, proteggere quella sua forma d’ anima, pensiero, carne, come l’ albero che ci veglia e sorveglia, quello del giardino incantato, reale o interiorizzato.
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