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Santa Claus: un turco-lappone, molto americano

di Antonella Pellettieri

Antonella Pellettieri dell’Istituto di scienze del patrimonio culturale spiega come nasce la figura di Babbo Natale, dalle differenti denominazioni all’utilizzo pubblicitario di questa figura, passando per la tradizione che risale al vescovo di San Nicola di Myra, le cui reliquie sono conservate a Bari

Per sintetizzare la complessa e complicata vicenda di chi siano Santa Claus e Father Christmas, potrei scrivere che hanno vestiti, luoghi di nascita e origini differenti eppure, da circa un secolo e mezzo, sono lo stesso personaggio. Che, scrive a proposito l’Oxford English Dictionary, “è la personificazione del Natale come un vecchio benevolo con una fluente barba bianca, che indossa un abito con maniche rosse e cappuccio bordato di pelliccia bianca, e porta un sacco pieno di regali di Natale”.

In moltissimi hanno scritto su questo personaggio, principalmente in America e in Inghilterra, luoghi nei quali nascono le due differenti versioni del nome e dell’origine: in America si chiama Santa Claus e in Inghilterra Father Christmas. Ma tra i due abbiamo in comune una data, quella del 1931, quando il fumettista Haddon Sundblom ricevette l’incarico dalla Coca Cola di lanciare una campagna pubblicitaria con Santa Claus/Father Christmas: sembra che il fumettista abbia preso ispirazione da sé stesso per decidere la corporatura dell’arzillo vecchio dal carattere dolcemente arcigno che, la notte della Vigilia di Natale, porta doni ai bambini buoni.

In realtà, già da dieci anni la famosa bibita utilizzava Babbo Natale per la pubblicità, ma non senza un abito preciso: seguendo le tradizioni sia inglesi sia americane, il vestito poteva essere marrone o verde, ma anche blu, rosso e bianco. Su tutte prevalse la versione bianco-rossa, seppure fra Santa Claus e di Father Christmas si noti una differenza: il secondo indossa un lunghissimo cappotto rosso che arriva fino ai piedi bordato di pelliccia bianca con un cappuccio, Santa Claus preferisce una giacca sempre rossa e bordata di pelliccia bianca, stretta in vita da una cinta nera.

Le ricerche sulle origini di questi due personaggi sono arrivate, più o meno, alle conclusioni ormai comunemente accettate. Quella più nota ne riporta l’origine a San Nicola di Myra, le cui reliquie sono conservate a Bari ma anche a Venezia: le spoglie di questo vescovo, vissuto tre il III e il IV secolo, erano tenute in grande considerazione e, dopo che Myra in Turchia fu occupata dall’esercito musulmano, si temeva che  potessero essere disperse. Nel 1087 furono trasportate a Bari da alcuni marinai, che così salvaguardarono questo culto, tenuto in grande considerazione tra i fedeli sia dell’Occidente sia bizantini e slavi, specialmente in Russia. Al santo erano attribuite molte virtù, fra cui la grande generosità e il coraggio nell’aver salvato tre donne e tre bambini. Insomma, un santo benefattore e protettore dei bimbi: da qui, verosimilmente, nacque la leggenda che portasse doni nella notte fra il 5 e il 6 dicembre, perché la morte di San Nicola avvenne a Myra il 6 dicembre del 343.

Il culto di questo santo che portava doni è sopravvissuto specialmente nel Nord Europa, trasformandosi secondo gli usi e le tradizioni dei vari Paesi. Quando gli olandesi fondarono New Amsterdam, poi New York, vi portarono la leggenda erudita di SinterKlass, nome che si trasformò in Santa Claus e che dalla fine del XVIII secolo ricevette l’attenzione di molti poeti, artisti e intellettuali, che produssero un numero importante di volumi e disegni per ricostruire la leggenda e l’immagine di questo amato personaggio. L’arrivo in America di altre popolazioni del Nord Europa di religione protestante fece nascere l’esigenza di trovare una sintesi fra i diversi credi: la festa era stata spostata dal 6 dicembre alla Vigilia di Natale da Martin Lutero già nel 1535 e anche in America si seguì quest’indicazione. “A visit from St. Nicholaus” è un poemetto scritto nel 1823 e attribuito a Clement C. Moore che contiene una famosissima poesia sulla storia di Santa Claus e che successivamente fu musicata, diventando una nota canzone di Natale.

Scambiarsi doni in questo periodo dell’anno è una tradizione che esiste sin dai Saturnalia di età romana, quando si festeggiava il ritorno della luce con il solstizio d’inverno. Le celebrazioni in onore del dio Saturno avvenivano dal 17 al 23 dicembre e le strenne, solitamente, erano piccole statuette di terracotta: gli xenia e gli apophoreta, doni che gli ospiti potevano portare via, spesso si trattava di prodotti alimentari di grande qualità. Durante i Saturnalia circolava un Princeps Saturnalicius che, come ci riporta Seneca, indossava una maschera buffa ed era vestito di rosso. Possiamo supporre che da qui nasca Father Christmas in Inghilterra, una personificazione del Natale di cui si ha la prima notizia in una poesia del XV secolo. Father Christmas era un personaggio gioioso, che portava allegria con banchetti e feste, ma con il Puritanesimo il Natale fu abolito insieme a tutte le feste religiose. Solo con l’età vittoriana ritornò, anche se in molti sostenevano non fosse più quello di una volta. Fondamentale in tal senso fu la pubblicazione di “A Christmas Carol” di Charles Dickens nel 1843, che però descriveva un Father Christmas ormai lontano dai gusti dell’epoca vittoriana, che si occupava con attenzione della famiglia e dei bambini. L’opera di Dickens sul Natale del passato, del presente e del futuro rimane comunque uno dei libri più belli sullo spirito che questa festa rappresenta.

Nel XIX secolo Santa Claus e Father Christmas cominciano a somigliarsi sempre di più, fino a diventare lo stesso personaggio. Da circa settant’anni Babbo Natale vive nella Lapponia finlandese, nei pressi del Circolo Polare Artico, e a questo indirizzo bisogna inviare la letterina per chiedere i doni. La figura di Joulupukki, Babbo Natale in finlandese, con sua moglie Joulumuori e i numerosi elfi che popolano il villaggio e lo aiutano a costruire i giocattoli per i bambini ha origine pagane, celtiche e germaniche.

Joulupukki significa “capra dello Yule” e Yule si può tradurre con “festa del Solstizio d’inverno”. Pukki era una capretta che spaventava i bambini ma con l’arrivo del Cristianesimo, racconta la leggenda, Babbo Natale prese il posto della capretta e anziché spaventare i bambini, porta doni ai più buoni di loro. Father Christmas e Santa Claus li portano a tutti i bambini buoni del mondo in una notte innevata senza tempo e senza spazio, volando sopra i tetti con una slitta trascinata da otto renne i cui nomi sono Dasher, Dancer, Prancer, Vixen, Comet, Cupid, Dunder e Blixem. Arrivato sui tetti dei bimbi buoni Babbo Natale si infila nella canna fumaria con un sacco pieni di giocattoli e riempie le calze e le scarpe che trova attaccate al camino. Buon Natale e siate buoni, oh oh oh oh…

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