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SALUTE A TAVOLA: Quando il gusto per il cibo crea dipendenza

di Rita Bugliosi

È l’effetto determinato dal cosiddetto “bliss point”, “punto di beatitudine”, provocato dalla perfetta combinazione di grasso, zucchero e sale in un prodotto e sfruttato dall’industria alimentare per spingere gli acquirenti a consumare una maggiore quantità di determinati cibi. A chiarirci come funziona è Concetta Montagnese dell’Istituto di scienze dell’alimentazione del Cnr

Non tutti i cibi ci provocano le stesse sensazioni quando li mangiamo, se è difficile infatti resistere ad assumere una grande quantità di biscotti, patatine o cioccolato non lo è altrettanto trattenerci se abbiamo nel piatto broccoli o carote. Certo, se ci sforziamo possiamo frenarci, ma abbiamo bisogno di ricorrere a tutta la nostra forza di volontà e imporci con fermezza di non assumere quegli alimenti calorici e dannosi per la nostra salute se consumati in eccesso.

Non dobbiamo però sentirci in colpa se questo ci capita, all’origine di un simile comportamento non c’è infatti una personalità debole, ma le caratteristiche nutrizionali di questi “cibi tentatori”, come ha dimostrato la scienza, che per spiegare quanto ci accade parla di “bliss point” ossia di “punto di beatitudine”, uno strumento con cui l’industria alimentare controlla il nostro modo di nutrirci.

“Il ‘punto di beatitudine’ è dato dalla perfetta combinazione del contenuto di zucchero, sale e grassi nella formulazione di un alimento, affinché questo stimoli un piacere massimo per le papille gustative e ci spinga a desiderare di consumare ancora un determinato cibo”, spiega Concetta Montagnese dell’Istituto di scienze dell’alimentazione (Isa) del Cnr. “A utilizzare per primo questo termine è stato il ricercatore americano Howard Moskowitz per indicare il punto in cui i livelli di salato, dolce e grasso sono percepiti dal consumatore in un equilibrio perfetto, tale da soddisfare le sue papille gustative e farlo così sentire felice. A partire dagli anni ’60, lo studioso condusse ricerche nel campo della psicologia applicata alla psicofisica e all’analisi di mercato, rivoluzionando l’industria alimentare e divenendo un pioniere nel campo della ‘consumer science’, disciplina che studia il comportamento del consumatore in relazione alle sensazioni suscitate dalle caratteristiche proprie dei prodotti alimentari”.

Nel tempo il concetto di bliss point si è arricchito. “Al mix perfetto di ingredienti creato per stimolare questo effetto è stata aggiunta anche la sensazione di croccantezza (crunchy), dando vita nel tempo a una nuova generazione di alimenti iper-appetitosi e iper-palatabili. Tra questi, i cibi precotti, come salse, patatine fritte, ma anche cereali da colazione zuccherati e caramelle gommose – questi ultimi molto apprezzati soprattutto dai bambini – determinando un incremento dei profitti dell’industria alimentare”, continua la ricercatrice.

Per comprendere meglio questo meccanismo vediamo come l’abbinamento di specifici ingredienti in un alimento riesca a stimolare il piacere in chi lo consuma. “L’assunzione di cibi con contenuti di sale, grassi e zuccheri, quindi iper-appetitosi, stimola la liberazione di dopamina, un neurotrasmettitore che viene rilasciato nel cervello e provoca una forte sensazione di piacere e di ricompensa”, chiarisce l’esperta. Ma gli effetti non sono solo questi. “Alcuni studi hanno ipotizzato che il consumo di alimenti iper-appetitosi possa disregolare le funzioni cerebrali, creando dipendenza. Infatti, quando la dopamina comincia a calare si è naturalmente spinti a cercare di nuovo gli alimenti che ci avevano fatto sentire la sensazione di beatitudine, e questo innesca una sorta di dipendenza da quel cibo, che ci fa desiderare sempre di più di consumarlo”, sottolinea Montagnese. “Inoltre, il ripetersi di tali meccanismi potrebbe ‘trasformare’ il cervello al punto che ci si abitua rapidamente a essi. Dunque, per ottenere la stessa sensazione appagante e di piacere diventa necessario consumare quel cibo iper-appetitoso in quantità sempre maggiore, ma anche aumentare la frequenza dell’assunzione, con un meccanismo simile a quello che rende dipendenti all’alcol o alle droghe, accrescendo in tal modo il rischio di sviluppare malattie metaboliche e cardiovascolari quali obesità, diabete, ipercolesterolemia e ipertensione”.

Considerando gli effetti negativi del consumo eccessivo di cibi iper-appetitosi sulla salute sarebbe importante che le istituzioni e le ditte produttrici intervenissero su questo aspetto dell’alimentazione. “Negli anni alcune aziende hanno riformulato i propri prodotti – ad esempio tra quelli destinati ai bambini in età scolare – abbassandone il quantitativo di zuccheri, grassi e sale o riducendo le loro porzioni. Un’azione importante da promuovere potrebbe essere anche quella di educare e correggere le scelte alimentari per riconvertire il palato a sapori più semplici. Il piacere del cibo dovrebbe essere una scelta dettata dai nostri gusti e non, come accade oggi, la conseguenza di un’azione progettata e indotta da un’abile ricerca di mercato”, conclude la ricercatrice.

[Almanacco della Scienza N.1, 2024]

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