Di Isabella Rossiello
Il teatro Bonci di Cesena si presenta sempre più non come un Teatro di provincia ma centro di largo respiro internazionale.
Rob Mazurek e la sua Exploding Star Orchestra hanno portato un cold jazz forte e d’avanguardia; in prima mondiale hanno presentato la Psyco-Chambers (Prism # 1# 2# 3) accompagnati da uno schermo che proietta graffiti psichedelici e ipnotici, colori forti che simulano esplosioni mentali.
Quello che mi ha colpito oltre la Jam Session, è stato il pubblico: metà ha applaudito con foga e convintamente, l’altra metà era abbastanza fredda, ma non è una sorpresa, il jazz si ama visceralmente o lascia indifferente.
Interessante il suo metaformismo, a partire dall’organico che in ogni tournée ha elementi stabili e Guest Star, per cui ci sono parti scritte e arrangiamenti creati al momento sul palco … pura creatività e difficilmente etichettabile.
Rob Mazurek è un artista visivo, Film Maker, compositore, trombettista che da trent’anni sperimenta jazz, elettro acustica; da Chicago si è spostato in Brasile e poi a Marfa, nel cuore del deserto texano insieme ad un gruppo di artisti per lanciarsi sempre in nuove collaborazioni con grandi jazzisti come Jim O’Rourke, Pharoah Sanders, Bill Dixon. Partecipa a Session con grandi nomi come Damon Locks leader della formazione di Chicago Black Monument Ensemble (15 elementi tra cui musicisti, cantanti, ballerini, che esprimono una coscienza e spiritualità black); Angelica Sanchez, pianista e compositrice della scena newyorkese che miscela post-bop, pura creatività d’avanguardia; come pure il bassista norvegese Ingebrigt Flaten; Pasquale Mirra, vibrafonista nella scena nazionale e internazionale; lo svizzero Thomas Roher, violinista e sassofonista; il batterista statunitense Chad Taylor; Mikel Patrick Avery, artista multidisciplinare; il percussionista Mauricio Takara, batterista e compositore per musica di film; Viktor Vieira-Branco, vibrafonista.
Un curriculum e frequentazioni di altissimo livello, questo è Rob Mazurek e la sua incredibile orchestra che ha elettrizzato un pubblico sì dimezzato ma, ripeto, il jazz è, per usare un termine in voga, “divisiso”: clap-clap o indifferenza.