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Quando il certificato è rafforzato

di Giovanni Maga

L’introduzione del “super” Green Pass è stata necessaria per attestare non la semplice assenza di virus rilevabile ma l’effettiva immunità. A spiegare la funzione svolta da questo documento sanitario è Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di genetica molecolare “Luigi Luca Cavalli Sforza” del Centro Nazionale di Ricerche

Tra le cose che si sono guadagnate l’appellativo di “super” c’è stato, come tutti ricordano, anche il Green Pass o certificato Covid digitale, entrato in vigore il 1° luglio 2021 su iniziativa italiana dell’Europa. Già nell’aprile il Parlamento e il Consiglio europei avevano approvato l’introduzione di una certificazione per la libera circolazione tra i Paesi membri di un documento attestante che la persona che lo possedeva si trovava in una delle seguenti tre condizioni: vaccinata contro la patologia Covid-19; guarita dalla patologia Covid-19 pregressa; sottoposta a un test antigenico o molecolare negativo. Le prime due condizioni assicurano l’immunità dal contagio, la terza, invece, semplicemente che la persona non ha una carica virale misurabile, quindi non è infetta o contagiosa. Questo punto è importante per capire le ragioni del successivo passaggio al Gren Pass “super”: un test infatti potrebbe risultare negativo anche nel cosiddetto “periodo finestra” di 48-72 ore, ovvero nella fase iniziale dell’infezione in cui il virus non ha è rilevabile. Il che assicura solo che la persona in quel momento non è contagiosa.

Dal 15 ottobre 2021 in Italia il Green Pass è diventato necessario per l’accesso ai luoghi pubblici: posti di lavoro, mezzi di trasporto, ristoranti, bar, palestre, cinema. Dal 26 novembre, poi, è diventato “super” o, più correttamente, Certificato digitale Covid europeo “rafforzato”. La differenza è che mentre il base poteva essere ottenuto con un semplice test antigenico o molecolare negativo, il super veniva rilasciato solo a seguito di vaccinazione o guarigione certificando l’immunità e non la semplice assenza di virus rilevabile. Nel gennaio 2022 viene infine introdotto l’obbligo vaccinale per tutti i cittadini al di sopra dei 50 anni, rendendo di fatto, il Green Pass rafforzato obbligatorio per l’accesso ai luoghi di lavoro, ai trasporti pubblici, ai servizi alberghieri, a ristoranti, bar, palestre e a tutte le attività che prevedano affollamenti anche all’aperto, incluse feste, sagre, impianti sciistici e così via.

Con il progredire della campagna vaccinale e l’attenuazione del contagio si è andati via via verso una progressiva riduzione dell’utilizzo della certificazione digitale, fino alla sua abolizione dal 1 maggio 2022. Un mutare di norme che non va vissuto con sconcerto ma, al contrario, come il segno di un pragmatico adattamento alla variazione della situazione scontata, che proprio il rigore delle misure preventive e vaccinali ha consentito di controllare. Merita ricordarlo, considerate le proteste contro l’introduzione del Green Pass, motivate soprattutto dalla comprensibile percezione di una restrizione delle libertà personali e della negazione di diritti fondamentali, quali l’accesso al lavoro e al trasporto pubblico. L’obbligatorietà rappresenta certamente una limitazione. Tuttavia, il significato di questa misura, così come di altre più drastiche quali il lockdown; è stato di limitare la diffusione del contagio.

Assicurare che in compresenza di numerose persone in spazi confinati, anche per tempi lunghi, tutte le persone fossero immuni è stato una garanzia di sicurezza. Purtroppo, un evento pandemico richiede misure e sacrifici eccezionali. È stato grazie a questi sacrifici che oggi possiamo parlare del super Green Pass al passato, conservare i mesi angoscianti della primavera del 2020 come un terribile ricordo e non come una tragica attualità. [Almanacco della Scienza #20, novembre 2022]

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