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Prima ci si regolava a naso (all’insù)

Modelli meteorologici, studi approfonditi, tecnologie avanzatissime. Oggigiorno le previsioni del tempo non hanno più segreti per studiosi ed esperti, l’uomo sta sempre più riducendo il margine di errore in questa particolare disciplina. Non sempre però nel corso della storia si è avuta a disposizione l’attuale conoscenza tecnica e teorica e le persone si limitavano a osservare l’ambiente circostante per cercare di interpretare i segnali che la natura offriva loro.

“La previsione metereologica è antica quanto è antico l’uomo e nasce proprio dall’esigenza di contadini e marinai, il cui lavoro era fortemente influenzato dal clima”, precisa Chiara Cagnazzo, ricercatrice dell’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) del Cnr. “Babilonesi prima e cinesi poi hanno provato già in tempi antichi a stilare particolari calendari che tenessero conto delle condizioni meteo, concentrandosi soprattutto sull’osservazione del cielo e delle nubi”.

Occhi puntati all’insù, quindi, per scrutare colore, altezza e grandezza delle nuvole: “I cumulonembi, che si presentano come una grossa montagna bianca nel cielo, indicano l’eventualità di pioggia in giornata, i classici ammassi neri sono il segnale di precipitazioni imminenti”, prosegue Cagnazzo. “I marinai, se scrutando in alto si accorgevano della presenza di numerose nuvole alte, si affrettavano a cambiare rotta, perché la probabilità di una tempesta nelle 24 ore successive poteva essere alta”.

Non solo cielo e nubi, ma anche i prodotti della terra sono usati come segnali rivelatori degli ‘umori’ del clima: “Mentre oggi sono numeri e statistiche a guidare il modus operandi di chi si occupa di previsioni, una volta invece si faceva affidamento ad altro”, conferma la ricercatrice Isac-Cnr. “Il comportamento inconsueto degli animali, una particolare crescita delle piante… tutto era interpretato come sintomo di qualcosa che poteva accadere, in un misto di scienza casalinga e credenza popolare, che ancora sopravvive in Italia in talune comunità rurali. La posizione delle mucche, per esempio, che secondo alcuni sarebbero solite coricarsi prima di una tempesta, o il comportamento delle tartarughe, che secondo tradizione cercherebbero zone del terreno più rialzate quando è in arrivo una fortissima precipitazione”.

Yapuchiris mentre registrano e documentano bioindicatori, il comportamento del tempo e le attivita` agricole…

E i proverbi? Il classico ‘rosso di sera bel tempo si spera’ è una mera leggenda? “Come abbiamo detto, il cielo è forse l’indicatore naturale più attendibile e la sua osservazione ci può rivelare moltissimo, lo stesso dicasi per la luna: un alone intorno a essa indica che la probabilità di pioggia è molto elevata”. E comunque, che una certa attendibilità la sapienza popolare su questo tema ce l’abbia sembra confermarlo la scelta del presidente boliviano Evo Morales di assumere 37 coltivatori noti per le loro capacità predittive: gli yapuchiris, questo il loro nome, terranno corsi per capire il tempo che farà dai segnali della natura.

Gianluca Viscogliosi (Almanacco della Scienza)

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