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Poesia e poeti. Parte Terza: Aristofane: poesia e parodia nella commedia Le rane

Aristofane (Atene, 450 a.C. circa – 385 a.C. circa). Le rane sono l’emblema del valore e della forza della poesia espressa attraverso un’ironia allusiva e sottile.

“Nelle rane a far da sfondo un tema politico in cui, successivamente, prevale quello letterario: il giudizio sulla tragedia attica e la parodia sul viaggio negli Inferi”.
(Durante la traversata, Dioniso e Caronte incontrano le rane-Caronte le chiama rane-cigni- col loro gracidare: brekekekex koax koax. Esse intonano un canto in onore di Dioniso, ma senza accorgersi della presenza del dio tra loro. Dioniso, infastidito dal loro canto, protesta, ma le rane continuano poiché non lo riconoscono. Infine, quando il dio imita il loro verso, esse si tacitano).

Le Rane riassunto:

“Aristofane immagina che Dioniso, dio della tragedia, rimasto addolorato dalla scomparsa del suo autore preferito, Euripide, si rechi nell’Ade per riportarlo in vita. Scende, così, nell’Averno insieme al suo servo, Xantia. Riportare Euripide in vita, è il solo modo per salvare la tragedia ormai in declino. Giunge da Eracle, interrogandolo sui metodi da lui utilizzati per riportare sulla terra il suo cane, Cerbero; l’eroe risponde, dopo averlo canzonato, che la strada da intraprendere è attraversare una palude, l’Acheronte. Dioniso e Xantia arrivano presso la palude Acheronte, tuttavia, Xantia, non avendo partecipato alla battaglia presso le Arginuse, è costretto a fare il percorso a piedi. Durante la traversata, Dioniso e Caronte, incontrano le rane che, in onore del dio, intonano un canto pur non avendolo riconosciuto. Infastidito dal loro gracidare, Dioniso imita il loro verso, zittendole. Dionisio e Xantia si rivedono alle soglie dell’Ade dove incontrano un gruppo di anime che intonano canti in onore di Iacco…. Finalmente trovano Euripide: il drammaturgo è nel bel mezzo di una diatriba con Eschilo. I due discorrono su chi sia il miglior tragediografo di tutti i tempi, ritenendosi, entrambi, eccelsi. Inizia una gara che vede Dioniso come giudice: i due autori, citano a turno i propri versi sminuendo quelli dell’avversario. Entra in scena una bilancia: la citazione ritenuta migliore, farà pendere lo strumento in proprio favore”

Aristofane

Aristofane scrisse Le rane, (in greco antico: Βάτραχοι, Bátrachoi) una commedia teatrale messa in scena per la prima volta ad Atene, alle Lenee del 405 a.C., dove risultò vincitrice (Le Linee erano feste dell’antica Atene dedicate al dio Dioniso Leneo; Il nome Lenee deriva forse da Λῆναι, il termine che indica le Menadi, le adoratrici del dio Dioniso Leneo. Durante queste festività gli autori erano chiamati a gareggiare in competizioni comiche). Per il suo valore artistico e sociale, la commedia fu replicata, forse l’anno successivo.  Le rane è un’opera nata durante la Guerra del Peloponneso. Il fine della scrittura era quello di un recupero dei valori patriottici ed educativi. Aristofane immagina che Dioniso, dio della tragedia, infelice per la scomparsa del suo autore preferito, Euripide, scenda nell’Ade per riportarlo in vita. Nell’Averno va insieme al suo servo, Xantia. “Riportare Euripide in vita, è il solo modo per salvare la tragedia ormai in declino”.

Eschilo

Alla domanda di Eschilo (v. 1006): τίνος οὕνεκα χρὴ θαυμάζειν ἄνδρα ποητήν; «cos’è che si deve ammirare in un poeta?», Euripide risponde (vv. 1009-1010): δεξιότητος καὶ νουθεσίας, ὅτι βελτίους γε ποιοῦμενοὺς ἀνθρώπους ἐν ταῖς πόλεσιν «L’abilità e i buoni consigli, e che rendiamo migliori gli uomini nelle loro città». Ma per Eschilo questo rendere migliori i cittadini non trova fondamento nell’opera del rivale; egli assegna solo alla propria poesia la trasmissione dei valori civili, costitutivi della tradizione arcaica. Ecco i versi in cui emerge quella che è la funzione educatrice della poesia; in questo frammento Omero, Esiodo e due poeti leggendari come Museo ed Orfeo risultano esempi etici da assumere quali modelli di comportamento.

 

(vv. 1030-1036):

ΑΙΣΧΥΛΟΣ: Ταῦτα γὰρ ἄνδρας χρὴ ποιητὰς ἀσκεῖν. Σκέψαι γὰρ ἀπ’ ἀρχῆς
ὡς ὠφέλιμοι τῶν ποιητῶν οἱ γενναῖοι γεγένηνται.
Ὀρφεὺς μὲν γὰρ τελετάς θ’ ἡμῖν κατέδειξε φόνον τ’ ἀπέχεσθαι,
Μουσαῖος δ’ ἐξακέσεις τε νόσων καὶ χρησμούς, Ἡσίοδος δὲ
γῆς ἐργασίας, καρπῶν ὥρας, ἀρότους· ὁ δὲ θεῖος Ὅμηρος
ἀπὸ τοῦ τιμὴν καὶ κλέος ἔσχεν πλὴν τοῦδ’, ὅτι χρήστ’ ἐδίδαξεν,
τάξεις, ἀρετάς, ὁπλίσεις ἀνδρῶν;

ESCHILO: «Questo dovrebbero fare i poeti. Considera come, sin dall’inizio,
siano stati utili i poeti migliori.
Orfeo ci insegnò e i culti e ad astenerci dai delitti di sangue;
Museo le cure delle malattie e gli oracoli; Esiodo
i lavori dei campi, le stagioni dei frutti, l’aratura. E il divino Omero
perché ottenne onore e fama se non per il fatto che insegnò cose utili,
quali l’arte dello schierarsi in battaglia, le virtù e l’armamento dei guerrieri?»

Euripide

La prima parte del dittico in cui è divisa la commedia si presenta paradossale, mentre la seconda si presenta con un ritmo meno dinamico. La commedia è scandita dalla tenzone fra Eschilo ed Euripide su chi trai due sia il migliore poeta tragico. Eschilo nella commedia è il simbolo di una cultura senza ritorno, costituita dei valori appartenenti al passato. Euripide, rappresenta l’attualità degradata, dove i valori sacri della tradizione sono minacciati. (Secondo il pensiero dello studioso Diego Lanza, per Aristofane, Euripide nelle sue opere sarebbe manchevole nei riguardi della società: come poeta, infatti, egli non assolve al compito di educare al bene sociale).

Dionysos_il potere salvifico

Inoltrandoci nel dibattito aristofaneo sul ruolo del poeta, sappiamo che il commediografo ateniese possedeva uno spirito conservatore, in difesa dei tempi dell’età dell’oro dove impegno civile, partecipazione alla vita pubblica, dibattiti costruttivi erano i presupposti a una convivenza democratica, a uno spazio di parola. Questo modello di democrazia antica ha però escluso schiavi, donne e stranieri e basa la propria economia sull’imperialismo commerciale imposto agli altri greci. Pur tuttavia, Aristofane si pone come il difensore del popolo contro chi intende distruggere il potere popolare (Luciano Canfora-Cleofonte deve morire, Bari 2017). Egli costituisce una voce importante sulla funzione del poeta riconosciuta nella città democratica alla fine del V secolo a.C. (Diego Lanza- Grecia e Roma-Trattato di Estetica, M.Dufrenne- Dino Formaggio, Oscar studio Mondadori)

Ma torniamo alla commedia Le rane.
In che modo Aristofane coniuga ironia a politica? Secondo Aristofane a causa della scomparsa dei grandi poeti tragici, si sono persi i valori essenziali del vivere civile. Aristofane chiama i grandi tragici ‘poeti maestri’, quali: Eschilo, Omero, Esiodo, Museo ed Orfeo che hanno un ruolo sostanziale, perché portatori di insegnamenti indispensabili per l’educazione morale.

Ma della poesia di Eschilo, Aristofane dice che essa è carica dell’eloquio della tradizione poetica, in quanto portatrice di emozioni forti, come la paura e il disorientamento. Pertanto Aristofane nella sua commedia fa dire ad Eschilo che il poeta deve nascondere il male e non metterlo in evidenza in scena “perché peri ragazzini ad educarli c’è il maestro, per i giovani ci sono i poeti”.

Eschilo risulta quindi un poeta maestro in quanto con le sue opere rende migliori i cittadini. Aristofane pensa nella scrittura scenica ad un recupero dei valori classici attraverso la comicità. Solo il poeta può riedificare i valori educativi della tradizione usando lo strumento della comicità:

Quando la risata diventa un’arma tagliente…

“DIONISO (a Xantia) —Alza su di nuovo, servo.
XANTIA (a malincuore esegue) —Ma che storia è questa? C’è proprio « Corinto figlio di Zeus (52) nel bagaglio!
CORIFEO — Avanzate dunque nel sacro recinto della dea, nel piano fiorito folleggiando, voi che partecipate alla festa cara alla dea. Io, me ne vado con le ragazze e con le donne, a portar la sacra fiaccola, dove fanno la veglia in onor della dea.  —Andiamo nei prati fioriti pieni di rose, a nostro modo folleggiando nella danza bellissima, cui si uniscono le Moire beate. Poi che per noi solamente è il sole e la sacra luce, quanti siamo iniziati e piamente ci comportiamo con stranieri e cittadini.
DIONISO (al servo) — E ora, in qual modo busserò alla porta? Come? Come bussa, qui, la gente del posto?
XANTIA — Non perder tempo ma tasta la porta, tu che hai di Eracle l’aspetto e l’ardire. DIONISO (bussando) — Servo, servo!
EACO (di dentro) — Chi è?
DIONISO (con voce grossa) — Eracle il possente.
EACO (apre: credendo di trovarsi dinanzi Eracle) — Pezzo di fetente e svergognato e temerario, scellerato e tutto scellerato e scelleratissimo! Tu inseguisti Cerbero, il mio cane, che io custodivo:lo prendesti, lo strozzasti e poi te la svignasti portandotelo! Ma ora ti ho preso in cintura! E ti tengono la roccia di Stige dal nero cuore e la rupe d’Acheronte stillante sangue e le cagne erranti di Cocìto ed Echidna dalle cento teste che dilanierà le tue viscere (54). E ai polmoni ti si attaccherà una murena di Tartesso, e i rognoni sanguinolenti con tutte le interiora ti sbraneranno le Gorgoni Titrasie, « verso le quali il piè veloce muovo (55). (Rientra.)
XANTIA (a Dioniso, che si è accosciato) — O tu, che fai?
DIONISO — E’ scappata: invoca il dio (56).
XANTIA — Buffone, alzati subito, prima che qualche estraneo ti veda.
DIONISO (pallido, con un filo di voce) — Svengo: mettimi una spugna sul Cuore.”

Dioniso

A tal proposito, la commedia è giocata su un continuo ribaltamento tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Dioniso vuole sapere se l’al di là in cui discenderà sia una città straniera:

“DIONISO (al Corifeo) —Sapreste dunque dirci dove abita da queste parti
Plutone? Siamo stranieri appena arrivati.
CORIFEO —Non ha da andar lontano
né da chiedermi ancora:
ecco, vedi, sei arrivato alla porta.”

Città che apparirà come lo specchio della stessa Atene nel male e nel bene. Espressione di un mondo positivo che non esiste più, rappresentato da Eschilo e dai Misteri eleusini stessi.

La comica inversione di piani è l’espediente narrativo che serve a ridefinire i confini sociali e politici della Polis- πόλις: “paradigma della sorte migliore riservata agli iniziati”.

“CORIFEO (in veste di ierofante) — Bisogna che taccia e lasci luogo al nostro coro chiunque è inesperto di questo linguaggio o non è puro di spirito, o non vide né danzò i riti delle nobili Muse, né fu iniziato ai misteri bacchici della lingua di Cratino il Taurofago (42)o si compiace di versi buffoneschi che muovono il riso a sproposito. E chi non compone le fazioni avverse per il bene dei cittadini, ma le attizza e le fomenta per brama di proprio guadagno; e chi, al governo della nostra patria sconvolta dalla tempesta, si lascia corrompere con doni, e consegna una fortezza o le navi; o da Egina esercita il contrabbando, come quel miserabile Toricione esattore delle vigesime(43), facendo passare per Epidauro calaverne e vele e pece. E chi induce qualcuno a fornir danaro per le navi dei nemici (44); e chi smerda i simulacri di Ecate e poi canta nei cori ciclici (45)e chi, da uomo politico, rosicchia (46) la mercede ai poeti perché l’hanno messo in ridicolo nelle feste nazionali di Dioniso. A costoro io proclamo e ordino ancora e ordino per la terza volta, di far luogo al coro degli iniziati. E voi, ravvivate il canto e la nostra veglia notturna, che a questa festa convengono”.

Dice Raffaele Cantarella (-Mistretta, 25 aprile 1898 – Milano, 6 maggio 1977 – grecista, filologo classico, storico della letteratura, traduttore e accademico italiano):

“L’Atene del 405 a.C., che ha ormai smarrito la sua religiosità più autentica e con essa il senso della giustizia, rischia così di somigliare a quei morti destinati al fango e all’oscurità, quei peccatori senza speranza che Aristofane, operando forse anche qualche forzatura rispetto all’escatologia specificamente eleusina (che prevede l’infelice condizione dei non iniziati, ma, a quanto sembra, non particolari pene per gli ‘ingiusti’), introduce nel suo oltretomba proprio per identificarli, come abbiamo visto qui sopra, con i suoi θεαταί-πολίται stessi; i veri “spergiuri” e “parricidi” sono insomma coloro che agiscono ai danni della comunità dei concittadini”

Bibliografia

Trattato di Estetica, M.Dufrenne- Dino Formaggio, Oscar studio Mondadori)

Metropolitan Magazine ”Le rane”, Aristofane: il potere salvifico della poesia: https://metropolitanmagazine.it/le-rane-aristofane-2/

Corriere Spettacolo Rane commedia di Aristofane pdf: HTTP://COPIONI.CORRIERESPETTACOLO.IT

Capitolo VI: Le Rane: i Misteri di Eleusi e la salvezza della πόλις pdf
file:///C:/Users/marin/Downloads/phd_unimi_R09813_06.pdf

Grecoantico.it Portale di riferimento per chi ama la cultura classica
Il poeta: un maestro per la città:
https://www.grecoantico.it/home/teatro-attico/aristofane-il-poeta-maestro-della-citta/

NOTE:
Wikipedia
Eleusi: http://www.accademiaplatonica.com/i-misteri-eleusini/

“I più famosi misteri greci furono quelli che si celebravano ad Eleusi, una città di origine micenea le cui remote tradizioni religiose vennero nel tempo progressivamente integrate con quelle della vicina città di Atene”.Eleusi, distante appena una ventina di chilometri dalla più potente città dell’Attica, fu celebre in tutta l’antichità per il santuario di Demetra e Kore, costruito sull’estremità sud-orientale dell’acropoli sin dal 1500 circa avanti Cristo, periodo a cui si deve già riferire la costruzione del telesterion, la sala destinata alle iniziazioni misteriche”.

Misteri eleusini: https://it.wikipedia.org/wiki/Misteri_eleusini

“I misteri eleusini (in greco antico: Ἐλευσίνια Μυστήρια) erano riti religiosi misterici che si celebravano ogni anno nel santuario di Demetra nell’antica città greca di Eleusi. Sono il “più famoso dei riti religiosi segreti dell’antica Grecia”. Alla loro base vi era un antico culto agrario e ci sono alcune prove che derivavano dalle pratiche religiose del periodo miceneo.

I misteri rappresentavano il mito del rapimento di Persefone dalla madre Demetra da parte del re degli inferi Ade, in un ciclo a tre fasi; la discesa (perdita), la ricerca e l’ascesa, con il tema principale che è l’ascesa (άνοδος) di Persefone e la riunione con sua madre. Era un grande festival durante l’epoca ellenica e in seguito si diffuse a Roma.[8] Riti religiosi simili appaiono nelle società agricole del Vicino Oriente e nella Creta minoica. I misteri eleusini, come l’orfismo e i misteri dionisiaci, hanno le loro remote radici nella protostoria, da tradizioni cretesi, asiatiche, traci, arricchite ed integrate in un nuovo orizzonte religioso.

I riti, le cerimonie e le credenze furono tenuti segreti e costantemente preservati dall’antichità. Per gli iniziati, la rinascita di Persefone simboleggiava l’eternità della vita che scorre di generazione in generazione, e credevano che avrebbero avuto una ricompensa nell’aldilà. Ci sono molti dipinti e pezzi di ceramica che rappresentano vari aspetti dei Misteri. Poiché i Misteri coinvolgevano le visioni e l’evocazione di un aldilà, alcuni studiosi ritengono che il potere e la longevità dei Misteri Eleusini, un insieme coerente di riti, cerimonie ed esperienze che attraversavano due millenni, provenivano da sostanze psichedeliche. Il nome della città, Eleusís, sembra essere pre-greco ed è probabilmente una controparte dei Campi elisi e la dea Ilizia”

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