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NOI SIAMO INFINITO

NOI SIMA INFINITICharlie è un ragazzo timido.

I tredici anni sono duri. E lo sono ancora di più se un passato ambiguo e brutale aleggia nella mente di un giovane neoliceale solo ed indifeso in una cerchia di imperturbabili adolescenti.

Charlie però, non senza fatiche e contro il suo stesso pronostico, combatte la sua personalissima battaglia. Riesce ad aprirsi a qualcuno che, fondamentalmente, è più solo ed indifeso di lui. Qualcuno come Sam e Patrick. E se Sam, la ragazza matura ed universitaria, rappresenta il primo amore (quello platonico ed ormonale), Patrick, fratellastro gay della giovane, ha il ruolo del miglior amico, colui con cui Charlie scambia ben volentieri attenzioni e difese energiche nei confronti delle combriccole studentesche impassibili e machiste.

Esperienze forti e travolgenti regalano al giovane americano attimi vulcanici, indimenticabili, in compagnia di amici visibili ed apprensivi. Momenti eccitanti che si sostituiscono ai vecchi e dolorosi flashback: we can be heroes just for one day. E come Bowie, uno dei musicisti presenti nella strepitosa colonna sonora, anche Charlie diviene eroe per un giorno o due, anch’egli scavalca il muro per guardare oltre. Oltre il suo stato mentale, oltre le sue paure, oltre la sua famiglia e oltre se stesso.

Tuttavia, i ricordi indelebili non si cancellano. Ritornano senza scrupoli nella vita dello schivo ragazzino statunitense. Ritornano perché il ciclo ha bisogno di ripartire. La storia inizia nuovamente dal basso, con difficoltà, ma con la stessa energia che lega l’inizio e la fine del film. E Charlie ripartirà sì da zero, ma con una maggiore consapevolezza.

Questo è il leit motive del film epistolare “Noi siamo infinito” di Stephen Chbosky, autore con la A maiuscola. Autore perché prima di essere un regista, Chbosky è uno scrittore, uno da best seller. E “Ragazzo da parete” (The Perks of Being a Wallflower), il libro da cui è tratta la pellicola, ne è la prova inconfutabile. Divenuto romanzo cult negli Stati Uniti d’America nel 1999, quest’opera struggente del regista/scrittore di Pittsburg prende nel 2012 le forme di un film che, senza ombra di dubbio, raggiunge il successo cartaceod’oltreoceano.

Un film puerile, eccessivamente dolce, spasmodicamente liceale. Tuttavia  sincero e lontano dal Moccia nostrano. Un’opera prima di un filmaker ordinato, scolastico. Da vedere, quindi, senza alcun pregiudizio.

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