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Niccolò van Westerhout: LA GIUSTA PRONUNCIA

vw8Certo che, ad oltre 100 anni dalla sua morte, Niccolò van Westerhout, continua a far parlare di sé per le controversie della sua vita, e non solo. Le vicissitudini che lo accompagnarono durante la sua vita terrena sono ben note, ma non mancano opinioni contrastanti su alcuni particolari, a volte apparentemente insignificanti ma certamente non meno importanti di altri. Sul compositore non si è scritto molto, forse a causa della sua breve esistenza, anche se corredata da ben cinque opere, due sinfonie e una sostanziosa produzione di musica da camera e pianoforte; solo dopo la seconda guerra Mondiale si è iniziato a scrivere di lui. Un italiano a tutti gli effetti, anche se portava un nome d’origine olandese, van Westerhout era nato in Italia, dove i suoi antenati erano emigrati alcune centinaia di anni prima.

Come compositore, sicuramente di talento, non faceva gola a giornali, riviste ed autori di saggi: era contemporaneo di Puccini e questo spiega tutto; Giulio Ricordi aveva deciso di sponsorizzare quest’ultimo e la stampa si doveva adattare. Il suo nome, poi,  necessitava spiegazioni, la sua stessa pronuncia creava disguidi e diverse opinioni, e sicuramente molti non avevano il tempo  la voglia di fare ricerche. Gli unici a lasciare un’impronta scritta sul compositore dell’800 sono stati alcuni suoi paesani amanti della musica classica e lirica e che per orgoglio hanno tentato e continuano a farlo, intestarditi nella nozione che prima o poi il Mondo s’accorgerà di questo genio non riconosciuto della musica.

Lo scorso anno, nella città di Mola Di Bari ed esattamente nella sala convegni del Castello Angioino della cittadina, fu presentato il libro “Doña Flor, An Opera by Niccolò van Westerhout”,  libro scritto a quattro mani da Leonardo Campanile, appunto un suo paesano e Tiziano Dossena. Un libro che coincise con la Premiere dell’opera omonima a New York. Questo libro fu creato quale veicolo da far viaggiare in concomitanza delle future esecuzioni dell’opera nei teatri del Mondo, infatti è un libro bilingue, in italiano ed inglese, con alcuni cenni biografici del compositore, certamente ben noti ad alcuni molesi ma sconosciuti al resto del Mondo, una storia del teatro cittadino, intitolato al compositore, un accenno al librettista Arturo Colautti, ma soprattutto una dettagliata e perfetta analisi della Doña Flor scritta dal Maestro e concertatore d’orchestra Vito Clemente. A tutto si aggiunge il libretto dell’opera nelle due lingue.

Durante la presentazione, alla presenza del Sindaco di Mola Di Bari, ci fu un dibattito abbastanza acceso sulla pronuncia del nome van Westerhout. Certo ognuno ritiene la propria tesi esatta, forse perché si e abituati a sentirlo in un certo modo o perché lo si e convinti veramente.  Intanto le indagini erano già partite dagli Stati Uniti e così come ci muovemmo per rintracciare i manoscritti originali della Doña Flor ed altre musiche del compositore, ci eravamo già mossi, incaricando nostri conoscenti in Olanda appunto per arrivare all’esatta pronuncia del nome.

Le differenze sulla pronuncia, almeno le due più in discussione sono: WESTERHOUT (ˈwɛstərhaʊt) e WESTERHUT (ˈwɛstərhüt). Sia l’una che l’altra, non sono sbagliate, WESTERHOUT è la pronuncia in anglo sassone, usata in Inghilterra ed in America, desidero ricordare al lettore che nel 1898 la RONDE D’AMOUR era già negli Stati Uniti e una tipografia di Filadelfia la inserì in un’antologia “ALBUM OF LYRIC PIECES”  (unico esemplare  negli archivi de l’Idea Magazine) ma non solo, il manoscritto del Fortunio, altra opera di van Westerhout è regolarmente registrato a Washington DC. Queste due opere arrivate così presto in America, indussero gli americani alla pronuncia in anglo-sassone. I nostri esperti olandesi ci hanno confermato che nella loro madre lingua la pronuncia è WESTERHUT, in pratica si elimina la “o”. Viene esclusa la possibilità di pronunciare la W come V, usanza tedesca e non olandese.

A volte nel confrontarsi si raggiungono risultati sorprendenti, l’importante è farlo con delicatezza e professionalità, senza aggredire e tantomeno perdere il rispetto  per l’altro interlocutore. Per noi che viviamo in America è molto più semplice pronunciare il nome con la “OUT”  finale e non solo negli States, ma in tutto il Mondo, visto che ovunque vai la lingua inglese  fa da padrone. In Italia e in Europa, invece, può essere diverso e, anche se l’originalità della pronuncia è in un certo modo, ognuno di noi la modifica a suo piacimento e convenienza.  Sarebbe fin troppo bello se si potesse conservare nel tempo l’esatta pronuncia di un nome; provate a chiedere ad un francese, spagnolo o americano di pronunciare il vostro nome, vi accorgerete che forse solo uno su un milione lo pronuncerebbe con una fonetica esatta.

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