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LUNGO L’ACQUA e LA CITTÀ, due poesie di Marina Agostinacchio

Lungo l’acqua

Da un ponte all’altro ogni giorno. È l’oriente
che salpa in un’ora fioca. Il naviglio
si sgola, fuma l’acqua, a perdifiato.
L’occhio sbanda dall’uscio della casa
alla salita. Plana, risale. È
l’adagio del cammino, sempre più
in picchiata. Dentro pozze di fango
e nubi di giornata, incerta e vaga,
vado zigzagando tra ombre e pinnacoli.
Tutto avviene in un din don. La campana
mi circoscrive, dà misura… inganna.
Così bianca, ho un sottobattito. Diafana
vago stellare, mi arrampico scimmia
primordiale nello slalom di bici,
e di corridori. Tutto spalanca:
gli occhi hanno l’andatura di garzetta,
il dondolio, l’incertezza allegra
e lenta del volo. Di giorno in giorno,
dentro al giorno, sosto, risuono d’acque;
con le orbite, il cranio, zampillo e sciamo.
È un ripetere di vita il suo canto
quando spalanca tra una nube e l’altra
vie e sentieri ad angeli di strada.

[per ascoltarla clicca qui]

La città

Questa mattina la città da qui
si alza bella. Ha la chiarezza felice
della sabbia. Si sveglia del ricordo
del granello scivolato. E la pelle
è nel solco tra immobile e coscienza.
Ogni indugio, ogni preghiera… la danza
e l’abbraccio dell’albero e di case

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