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L’Ottocento tra Classicismo e Romanticismo: Ludwig van Beethoven

Ludwig van Beethoven (1770-1827) è uno dei casi più complicati della storia della musica: cronologicamente collocato in piena epoca classica ma con spirito per eccellenza romantico; la sua musica, ancora su forme tipicamente tradizionali per l’epoca (Sinfonie, Concerti, Sonate, Quartetti , ecc…), è imbastita di quel romanticismo che avrebbe preso piede nel secondo ventennio del 1800.
Di carattere irrequieto e insofferente, Beethoven riversa nelle sue opere il tormento di una vita trascorsa in solitudine; una vita che non ha visto brillare le gioie dell’amore; una vita passata in continuo isolamento dal mondo per la sua grave sordità.
Nonostante l’infausto destino, la produzione che ci lascia è abbondantissima: è , per così dire, il frutto di una sfida con se stesso, di un’eroe che diventa immortale proprio per mezzo delle sue opere.


La grandezza di Beethoven sta proprio nella sua capacità di non arrendersi, nella sua ferma volontà di non compiangersi, nello sforzo quotidiano di credere in un futuro migliore, magari anche dopo la morte.
Nelle sue opere si ravvisa quel travaglio di vita quotidiana che lo accompagnò sino alla fine della sua esistenza; basti pensare ai Quartetti o ai Trii, per passare alle Sinfonie (la V o la VI  per intenderci), o ad alcune Sonate per pianoforte.


All’epoca era sovente scrivere musica dedicandola a nobili o signori dell’alta borghesia, infatti in tutte le sue opere troviamo questo riferimento, ma Beethoven scriveva principalmente per se stesso, per trovare un senso alla sua vita e pace nella vita terrena.
Per i critici musicali e per il periodo storico in cui operò, Beethoven è stato sempre un autore controverso: chi lo vede esclusivamente “Classico”, per le forme musicali usate, chi invece guarda oltre dichiarandolo “Romantico”, pur essendo vissuto solamente per quasi un decennio in cui si diffuse questa corrente letteraria.
Qualcuno oggi asserisce che Beethoven “non aveva ritmo”: parole al vento, la Sonata n°32 op.111 allora non avrebbe ritmo? In essa troviamo, in una variazione del secondo tempo, ritmi di Jazz,  ritmi molto inusuali, se non sconosciuti, per il tempo in cui sono stati composti; basterebbe ascoltare questo capolavoro della musica per cambiare idea.


Ma Beethoven si cimentò anche con altre forme musicali: l’Opera “Fidelio”, un capolavoro, pur essendo stata scritta da un compositore che non aveva pretese da operista, ed il Lied, forma di origine tipicamente tedesca per canto e pianoforte, con la quale Beehoven diede alla luce veri e propri gioielli musicali e letterari (il ciclo per baritono “An die Ferne Geliebte” su testi di A. Jeitteles ne è un chiaro esempio).
In questa prospettiva si comprende anche la logica della sua monumentale Nona Sinfonia: il coro intona l’ode An die Freude (Alla Gioia) di Schiller; Beethoven guarda alla gioia sublime che aiuta a superare ogni ostacolo ed esorta gli uomini alla fratellanza e alla comunione dello spirito.

Si riportano, a tal proposito, alcune affermazioni  del grande compositore e direttore d’orchestra Leonard Bernstein che, su Beethoven e sul suo Fidelio nello specifico, dichiarava queste parole durante alcune lezioni per i giovani con la New York Philarmonic Orchestra , e che vennero trasmesse dalla CBS, con il pubblico presente in sala, dal 1958 al 1972:

“La verità è che Beethoven ha raggiunto un’immagine talmente alta del nostro sentire comune che tendiamo ad essere iper-severi e iper-critici verso di lui, non appena la sua musica scenda di un minimo al di sotto della perfezione assoluta”.
E ancora:
“Il Fidelio è una delle composizioni più grandi di Beethoven, nella quale figurano pagine tra le più belle mai concepite da una creatura mortale; opera tra le predilette e amate con devozione, un monumento senza tempo all’amore, alla vita, alla libertà, una celebrazione dei diritti umani, di parola e di dissenso.
È un manifesto politico contro la tirannia e l’oppressione, un inno alla bellezza e alla sanità del matrimonio, una vibrante affermazione della fede in Dio quale ultima risorsa per l’uomo.
Tutto questo , e ancora molto di più, è il Fidelio di Beethoven”.

Questo era il grande Ludwig van Beethoven, l’artista immortale che ci ha regalato con le sue composizioni momenti indiscutibili di grandezza musicale.

Camera nella quale Beethoven suonava il piano. 1827

Ascoltare musica significa entrare in un mondo creato anche, e soprattutto, per il pubblico da chi ha voluto e saputo offrirci un dono unico e meraviglioso. Nelle note di cui si gode all’ascolto c’è la sofferenza, la passione, l’esaltazione, la vita, insomma, degli uomini che le hanno scritte e ce le hanno trasmesse attraverso il tempo. E in questa nostra epoca, così proiettata verso il futuro, si sente più che mai il desiderio di fermarsi un attimo per assaporare con gioia la grande musica che ci viene dal passato.

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