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L’Italia, un sommergibile in alto mare

REPUBBLICA ITALIANA LOGOSono trascorse alcune ore da quando il “Decreto Lavoro” ha ottenuto il sì del Senato, in attesa che, per la fine di maggio, diventi definitivo. È un passo, ma noi non crediamo più alle leggi italiane: la verità è che in Italia ci si confronta e si legifera ma poco cambia in assetti e riscontri fattivi. Il bilico consiste in questo: da una parte una disoccupazione preoccupante con una mobilità senz’etica e paghe da fame, e dall’altra una situazione che la stritola tra due colossi economici, l’America e la Cina. La Cina, in particolare, alla fine di quest’anno, sarà la prima forza economica del pianeta, schizzata al primato prima di ogni previsione. Nel nostro piccolo, invece, c’è Renzi, il Capitano della nave-Governo attuale: il cavallo di battaglia che lo sta rendendo popolare (In Italia, mica altrove) è il “regalo” di 80 euro al mese per i dipendenti pubblici in bustapaga per chi al netto ne guadagni 26mila annuali. Un calmante in una situazione rovinosa di rischio povertà per milioni di famiglie ma anche un intervento dappoco se si pensa a ciò che succede in Europa e nei continenti opposti. C’è chi, come i partiti del Nord Italia (Lega Nord) desidera che il Bel Paese esca al più presto dalla Zona Euro, tornando alla vecchia Lira e c’è chi (economisti accreditati, altri partiti) sa che questo passo è falso, oltre che concretamente disastroso, se mai fosse messo in atto. L’euro non ha tutte queste virtù taumaturgiche e non è l’aver cambiato moneta la causa della crisi. La crisi è reale, il sistema sta scoppiando e anche gli States ne avvertono i rimbombi dall’altra parte del mondo. Vista la sfiducia che, dopo il ventennio Berlusconiano, l’Italia ha subìto da parte degli investitori, il mercato made in Italy si sobbarca un’ inesistente ripresa.  Il quadro interno? Scontri sindacali senza precedenti: la Fiom contro la Cisl (la ragione?  Aver estromesso dai tavoli di dibattito Landini, leader della Fiom, quando si dovevano decidere le sorti della Fiat), la Cgil contro Renzi, la Uil tenta di fare passi autonomi ma non ci riesce, e Renzi contesta alla Cgil di non essere trasparente. Intanto il panorama civile e sportivo, non superficialmente, lo si legge da un frame calcistico senza precedenti, che fa comprendere come le Istituzioni Italiane siano in bilico, rette non da sole, ma dalla forza egemone della criminalità organizzata. Ciò che è accaduto ai primi di maggio, quando spari di pistola hanno colpito gravemente alcuni tifosi del Napoli, antagonista della Fiorentina nella Finale di Coppa Italia, ha in sé un significato politico per davvero.   Si è rischiato di non disputare la partita. Che la partita poi si sia giocata, lo si deve (secondo interpretazioni giornalistiche ragionevoli) ad una trattativa verbale tra forze di polizia/ Capitano del Napoli e un capo ultras del Napoli, tale “Genny ‘a carogna” che ha dato il suo “sì” di assenso alla continuazione della stessa. Per quanto le istituzioni politiche stiano cercando di affermare il contrario, ovvero che la Nazione con le Forze Armate non si genuflette dinanzi alla criminalità (il protagonista ultras, per riscontri fatti, fa parte della malavita napoletana), la cronaca video rileva che “il bossettino” ha avuto eccome un ruolo dialettico, decisionale. Nel Paese degli “embé?” (cit.) questo neanche sorprende. Ma parlavamo di economia, accanto a questo strambo fattore sociale. La direzione dell’Italia ora è questa: contare solo sulle sue bellezze, quindi solo sul turismo, perché modernizzazioni e fattori di crescita non ve ne sono. Ciò che sta succedendo in Fiat e in alcune scelte di parte orientale, lo confermano. Facciamo qualche esempio: l’appena confermato Piano Industriale quadriennale Fiat, dopo la fusione con Chrysler, fa crollare in Borsa il titolo al 11,7% e la gestione ordinaria dell’azienda non porta  frutti al pari di quelli aspettati dagli analisti del settore.  Se consideriamo che l’economia industriale italiana ha toccato il picco d’indebitamento a 10 miliardi di euro, allora quello che succede in Cina può far pensare ad una inversione di successo che non è data solo dall’occupazione dilagante delle attività commerciali cinesi in tutto il  mondo (In Italia l’evasione fiscale cinese ha toccato il fondo: 98% di frode allo Stato, secondo dati fornitici dall’Ass. Contrinuenti Italiani). D’altronde, l’esperienza di JackMa, fondatore cinese di un colosso del commercio online  chiamato “Alibaba”,  è la conferma di un periodo d’oro per l’oriente: il grande marchio ha deciso deliberatamente di scegliere Wall Street per il suo collocamento in Borsa, snobbando Shanghai  e Hong Kong.  Figuriamoci l’Europa cosa possa centrare con tutto questo, se mai uno dei più ricchi imprenditori del mondo come JackMa, nelle sue valutazioni, è consapevole che quasi solo tra America e Cina vi sia la maggiore ricchezza, presente e futura. Intanto il tempo passa, le banche cercano di manovrare le vite di tutti, i Capi di Stato s’incontrano in meeting che non risolvono la crisi, e la gente vive un periodo di povertà umana  superiore a quella materiale che la crisi già certifica. L’Italia non è all’ultimo posto di questa classifica e comunque esempi (rarissimi!) positivi ne ha. Citiamo l’esperienza di ragazzi pugliesi che con la loro azienda “BlacKshape” di Monopoli (Bari), stanno vincendo la loro scommessa di lavoro, indirizzato alla creazione di aerei ultraleggeri in fibra di carbonio. Non chiacchere:  stanno ottenendo notevole consenso nel panorama mondiale e le richieste di commissione per loro si moltiplicano. Non è tutto perso, quindi, ma ci vuole fibra, valore, idee. Tutto ciò che conta per rinascere sempre, in un mondo che non va e non sa dove andare. La Cina invece lo sa bene. E sta battendo tutti. L’Italia invece rimane ciò che è: un sommergibile in altomare che non riesce più a trovare la forza di risalire. Almeno per ora.

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