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“Leggere è vita…” Intervista esclusiva con Davide Buzzi.

(c)-Foto-F.-Bassi

Intervista di Tiziano Thomas Dossena

Classe 1968, nato ad Acquarossa (Svizzera), è attivo nel campo del giornalismo ma con l’arte nel Dna tanto da vederlo pure nelle vesti di cantautore, autore di testi e scrittore.
La sua carriera artistica prende avvio nel 1982, ma è solo nel 1993 che pubblica il suo primo CD, intitolato “Da grande”.
Le sue canzoni in lingua italiana e dialetto del Cantone Ticino sono spesso legate a temi sociali e storici. Nel 1998 ha vinto il Festival di Lissone (Italia), “Cantem Insemma”, con la canzone “Ul veget di Mariunètt”, ricevendo nel contempo i premi speciali per il miglior testo e il miglior brano musicale. Fino ad oggi ha inciso cinque album, tenendo concerti in Svizzera, Italia, Svezia, Francia ed altri paesi europei.
Nel 2012 e nel 2013, ha ricevuto due nominations agli “ISMA Award” di Milwakee e una ai “NAMMY Award di Niagara Falls per il brano “The She Wolf”.
A oggi Davide Buzzi ha pubblicato un racconto breve, “La multa”, un libro di racconti, “Il mio nome è Leponte… Johnny Leponte” e due romanzi, “Memoriale di un anomalo omicida seriale” nel 2020 e “L’estate di Achille” (Morellini Editore), da qualche settimana sugli scaffali delle librerie italiane e in tutti i bookstore.

L’Idea Magazine: Ciao Davide. Per prima cosa parliamo della tua musica. La prima domanda te la faccio perchè ai nostri lettori interessano molto i dialetti in generale. Scrivi canzoni in dialetto del Canton Ticino. Che cosa ti ha spinto a farlo? Come risponde il pubblico a tali canzoni? Ritieni anche tu che non è solo importante ma essenziale che i dialetti non scompaiano?
Davide Buzzi: Beh, io sono cresciuto parlando il dialetto della Valle di Blenio, regione dell’alto Ticino e che confina con la Svizzera tedesca e romancia. Pensa che appena venti chilometri più a nord di casa mia, si parla già tedesco e romancio. Il dialetto è stata la prima lingua che ho appreso e la sola che parlato fino all’età di cinque anni. Per noi rappresenta un forte valore identitario, in quanto ci differenzia dal resto della popolazione Svizzera. Per non dire del fatto che in dialetto esistono modo di dire fantastici che in poche parole contengono tutto l’immaginario possibile e dipingono un mondo intraducibile in italiano. Inoltre, il dialetto contiene suoni e accenti particolari e inesistenti nella lingua italiana. Questo aspetto ci avvantaggia enormemente nell’apprendimento di altri idiomi. Tant’è che molti abitanti della Svizzera italiana parlano correntemente almeno quattro lingue diverse, italiano, francese, tedesco e inglese.
Le mie canzoni in dialetto sono certamente molto amate in Ticino e nel resto della Svizzera italiana, seppure in verità non ne ho scritte moltissime. L’italiano è sempre stata la mia lingua artistica di riferimento, seppure nella vita quotidiana io parli prevalentemente dialetto.
I dialetti sono un grande patrimonio dell’umanità e vanno salvaguardati in tutto e per tutto. Poi è naturale che con lo scorrere del tempo e delle generazioni anche loro subiscono influenze e variazioni, ma questo non toglie il fatto che il valore rappresentato da queste lingue popolari è unico e straordinario.

Davide Buzzi(c) Foto Vincenzo Nicolello

L’Idea Magazine: Hai scritto anche varie canzoni usando degli pseudonimi. Come mai lo hai fatto?
Davide Buzzi: Ho scritto brani per diversi cantanti, sia italiani che stranieri, qualche volta usando degli pseudonimi per il semplice fatto che si era deciso che il mio nome dovesse rimanere nascosto. Più spesso mi sono però cimentato nell’attività di ghostwriter, ovvero redigere testi per altri artisti, rinunciando a firmare gli stessi per cedere tutti i diritti al committente. Ovviamente questo aspetto mi vincola nel mantenimento dell’anonimato e non mi permette di citare dei titoli; anche nel caso che una di queste mie canzoni avesse ottenuto grande successo, o dovesse ottenerne in futuro, io non posso rivendicare più nulla; la canzone è andata, ha seguito la sua strada e semmai a goderne saranno coloro che l’hanno firmata in seguito. Questa è la maledizione di ogni ghostwriter, ma va bene anche così.

L’Idea Magazine: Hai collaborato in passato con vari cantanti, tra i quali la band finlandese dei Leningrad Cowboys. Come iniziò questa collaborazione e in che cosa consistette?
Davide Buzzi: La collaborazione con i Leningrad Cowboys risale alla metà degli anni 90, quando ho scritto il brano “Gringo”. A quel tempo avevo avuto l’occasione di incontrare una persona molto vicina a Mauri Sumén, alla quale chiesi di proporre al musicista finlandese di darmi la possibilità di apporre quel testo su un brano solo musicale che la band aveva realizzato anni prima. La cosa andò in porto e alla fine “Gringo” venne realizzata e incisa in collaborazione con la band, per poi uscire nel mio album “Il Diavolo rosso”. È stata una bella avventura, niente da dire, pensando anche al fatto che all’epoca internet non esisteva e che le comunicazioni erano lente e macchinose.

Davide Buzzi. 2017 SALOON 2 (c) Foto F. Bassi

L’Idea Magazine: Nel 1997 sei stato insignito della “Targa Città di Milano”. Quale fu la motivazione?
Davide Buzzi: La targa “Città di Milano” mi è stata insignita nel 1997 grazie a una mia canzone dialettale, “Vuröss” (“vorrei”), che a quel tempo aveva partecipato al Festival di Lissone “Cantem Insemma”, dove si era classificata solo al secondo posto, ma si era aggiudicata i premi speciali della critica e della giuria. Fra questi la targa “Città di Milano”, per il grande valore del testo e per il messaggio che questo trasmetteva, una storia di emigrazione e fatica, ma anche di ricordi indelebili e il desiderio estremo di un rientro a casa da parte del protagonista.

L’Idea Magazine: Come inizia invece il processo creativo della tua musica? Scrivi prima le parole e le poni in musica oppure hai in testa già la musica e poni le parole?
Davide Buzzi: Scrivo prevalentemente testo e musica contemporaneamente, quasi sempre da solo, la notte, oppure in collaborazione con il mio produttore artistico, Alex Cambise. Dipende dai casi. Negli Stai Uniti, la tua canzone “The She Wolf” ha ottenuto molto successo, ottenendo due nomination agli “ISMA Awards” di Milwaukee e una nomination ai NAMA Awards” (NAMMY) di Niagara Falls. Che cosa ispirò tale canzone? È stata cantata da altri interpreti?

Davide Buzzi: “The She Wolf” l’ho scritta nel 2007 per il cantautore americano Jimmy Lee Young, il quale la incise poi nel 2012 quale singolo, con la produzione di Felipe Rose, già membro della band dei “Village People”.  Il brano arrivò a essere iscritto a questi importanti premi americani. Purtroppo non abbiamo vinto nulla, ma comunque già il fatto di ricevere tre nomination è stata una cosa fantastica.
Fui invitato alle cerimonie di premiazione di entrambi gli Award; Agli “ISMA” purtroppo non potei partecipare a causa di un grave problema di salute, ma ai “NAMMY” di Niagara Falls ero presente ed è stato qualcosa di indimenticabile. Certamente uno dei momenti più belli della mia vita.

L’Idea Magazine: Nel 2017, dopo oltre 10 anni d’attesa, hai pubblicato un album dal titolo enigmatico “Non ascoltare in caso d’incendio”, episodio uno de LA TRILOGIA. Potresti spiegarci perché questo album è importante sia per te sia per il pubblico? Da che cosa parte l’idea di una trilogia? [parla quanto vuoi dell’album e della sua evoluzione da quelli precedenti, che magari vuoi anche citare]
Davide Buzzi: “Non ascoltare in caso d’incendio” è un disco che è arrivato dopo sei anni dopo il mio scontro con il cancro, malattia che tutt’oggi mi porto dentro, e a undici dal mio lavoro precedente. Quando nel 2006 pubblicai “Perdo i pezzi”, certamente non avevo messo in conto una pausa tanto lunga e in effetti avevo continuato a incidere e a tenere concerti con i cunensi Almaplena, band che mi ha accompagnato per ben sei anni nelle mie uscite live. A un certo punto però mi ero accorto di essere arrivato alla fine di un ciclo e che per ripartire avrei dovuto ricominciare tutto da zero. Ho cambiato produttore artistico e mi sono affidato all’estro di Alex Cambise, collaboratore storico e chitarrista di Massimo Priviero e con lui ho iniziato a raccogliere tutto il materiale inedito che avevo scritto fin dall’inizio della mia carriera che durava da oltre venti anni.
Nel frattempo ho comunque continuato a scrivere e alla fine ne è venuta fuori roba per almeno 10 album. Così abbiamo scremato il tutto e alla fine abbiamo ricomposto tre selezioni diverse che inaspettatamente si sono rivelate dei concept album perfetti. Ho così pensato di farne una trilogia, nella quale potevo anche aggiungere qualche brano rivisitato di altri cantautori, non per forza famosi, che durante la mia adolescenza mi aveva particolarmente segnato. Così nel 2017 è uscito per l’appunto il “Volume I” de La Trilogia , “Non ascoltare in caso d’incendio” e nel 2021, con ben tre anni di ritardo, il “Volume II”, “Radiazioni sonore artificiali non coerenti”. Il “Volume III”, del quale non voglio ancora rivelare il titolo, dovrebbe uscire nel 2023, intrighi mondiali permettendo (risata).

L’Idea Magazine: Da “Non ascoltare in caso d’incendio” questo album furono estratti due singoli, “Te ne vai” e “Romaneschi”, che hanno avuto un ottimo consenso, come anche un documentario sulla tua persona, realizzato dalla RSI, la Televisione svizzera di lingua italiana…
Davide Buzzi: Sì, la mia casa discografica aveva investito molto, distribuzione europea del supporto fisico, distribuzione globale attraverso le piattaforme musicali in internet, un paio di video bellissimi per i quali io stesso ho curato la regia, in “Te ne vai” totalmente, mentre in “Romaneschi” solo parzialmente. Anche l’ufficio stampa che si era occupato della comunicazione, “L’altoparlante” era di prima categoria. Questo ha fatto sì che i due singoli arrivassero addirittura fra i brani più ascoltati nelle radio private italiane fra la fine del 2017 e i primi mesi del 2018. Anche le esibizioni live non erano mancate.  La Televisione Svizzera aveva poi voluto occuparsi della mia vicenda umana e artistica e così, per la regia di Dimitri Statiris, ne è uscito un documentario di 52 minuti, intitolato proprio come il mio album, “Non ascoltare in caso d’incendio”.
Sì, è stato un bel periodo anche se troppo impegnativo per la mia salute.

L’Idea Magazine: A settembre 2021 arrivò sul mercato il secondo episodio de  LA TRILOGIA, un album di dodici canzoni, anche questo con un titolo del tutto particolare, “Radiazioni Sonore Artificiali Non Coerenti“.  Vuoi parlarcene?
Davide Buzzi: Essendo uscito durante la pandemia, fisicamente ha avuto qualche difficoltà in più rispetto al precedente, seppure sulle piattaforme sia andato benissimo. Soprattutto il secondo singolo “Americanfly.chat”, al quale ha partecipato il noto trombettista jazz, Franco Ambrosetti, ha fatto segnare numeri importanti. Anche la distribuzione, sempre a livello europeo grazie a SELF, è stata ben curata. Sono molto contento di come sta procedendo la mia carriera cantautorale, seppure in questo momento tengo maggiore impegno nei confronti del mio lavoro di autore e scrittore.

L’Idea Magazine: Quale indirizzo avrà il terzo album della trilogia?
Davide Buzzi: Essendo appunto una trilogia, anche il terzo album che andrà a chiudere questo progetto manterrà la medesima linea artistica dei primi due. Ma non voglio rivelare nulla al momento, se non che proseguirà la collaborazione con Franco Ambrosetti e che conterrà la versione in italiano del brano “The She Wolf”, “La lupa”, di cui abbiamo parlato prima per le sue nomination negli USA.

L’Idea Magazine: E adesso parleremo della tua attività di scrittore. In che cosa consistono le tue due prime opere, “Il mio nome è Leponte… Johnny Leponte” e “La multa”?
Davide Buzzi: “La multa” è un racconto breve, pubblicato dal collettivo ARBOK qualche anno fa. Ha raggiunto una tiratura di un migliaio di copie, che però è andato esaurito in pochissime settimane. Racconta della moglie del sindaco di un piccolo villaggio di montagna che non vuole pagare una multa che, legittimamente, gli è stata comminata dall’unico agente della polizia comunale del paese.
“Il mio nome è Leponte… Johnny Leponte” è invece un libro di racconti che vedono protagonista un venditore porta a porta di liscive, che si muove in una valle di montagna fra mille difficoltà e l’eroismo di un moderno Marcovaldo.

L’Idea Magazine: Il tuo primo romanzo, “Antonio Scalonesi: memoriale di un anomalo omicida seriale”. Un titolo assai particolare. Di che cosa tratta?
Davide Buzzi:
Lo dice il titolo stesso, è un memoriale. Si tratta del racconto in prima persona di un serial killer che dopo anni di omicidi impuniti, decide di presentarsi davanti al Procuratore pubblico Giuseppe Cortesi per spiattellargli sulla scrivania tutta la sua storia di criminale seriale. In effetti più che i fatti veri e propri, Scalonesi rivela la sua verità, spesso fatta di cose non dette ma da interpretare e spesso gratuitamente cruda e vera come solo la morte può esserlo. Si tratta di uno spoof thriller, ovvero un racconto di fantasia ma costruito in modo da sembrare vero in tutto e per tutto, compresa la realizzazione di documenti e articoli che ne comprovano la veridicità. L’idea è proprio quella di portare in confusione il lettore, come oggi si usa fare con la divulgazione delle fake news, fino a insinuare il dubbio su cosa sia realmente di fantasia nel contesto della storia e quanto invece sia presente la verità.

L’Idea Magazine: Hai recentemente pubblicato il tuo secondo romanzo, che è “L’estate di Achille”. È risultato finalista della terza edizione del Premio Lorenzo da Ponte. Potresti parlarcene un poco?
Davide Buzzi: “L’estate di Achille” è ancora una volta un romanzo di genere spoof, seppure totalmente diverso dal precedente. Infatti, in questa storia, malgrado non manchi certo il mistero, non sono raccontati fatti di sangue o uccisioni. Si tratta della biografia simulata, in realtà un’autobiografia, che racconta la vita di un cantautore attivo in Italia fra il 1968 e il 1974. Attraverso la narrazione della vita di questo personaggio si vuole anche raccontare uno spezzone della storia musicale di quegli anni, senza comunque darne dei giudizi o trarne delle conclusioni.
Si tratta una storia completamente inventata, seppure i nomi di alcuni personaggi e le loro attività all’epoca dei fatti raccontati sono reali.La storia racconta di un incontro che sarebbe avvenuto nel 1993, fra l’autore del romanzo, il sottoscritto quindi, e un barbone che usava sostare per suonare la sua chitarra sotto il ponte stradale del quartiere milanese del Corvetto, un posto in effetti inusuale per fermarsi a fare musica. Il Corvetto infatti è uno di quei posti di Milano dove non vorresti mai che la tua macchina decidesse di lasciarti a piedi, un quartiere con mille problemi di convivenza sociale, di zingari ed emarginati e di chissà che altro ancora, dal quale stare lontano senza se e senza ma!
Fra i due uomini nasce un rapporto di amicizia e complicità che porterà il senzatetto a raccontare una strana storia, un’avventura incredibile che prende avvio nel 1968 per raggiungere il suo culmine nel 1974, un periodo storicamente difficile per l’Italia immersa nella tragedia degli anni di piombo, quando la misteriosa scomparsa di un cantante quasi famoso lascerà dietro di sé mille domande apparentemente senza risposte.

L’Idea Magazine: Sei anche fotografo e giornalista per un mensile di valle e, per diversi anni sei stato inviato speciale di ‘Radio Ticino’ al Festival di Sanremo, dove hai anche incontrato la nostra Isabella Rossiello, inviata speciale della nostra rivista a Sanremo, unica rivista americana presente da molti anni… Come giornalista, scrivi esclusivamente di musica? Riesci a trovare tempo per la fotografia che non sia solo documentativa?

Davide Buzzi a Sanremo 2005 con la nostra rivista

Davide Buzzi: Conosco molto bene Isabella, una professionista fantastica con la quale ho spesso chiacchierato di musica e mi sono confrontato. Inoltre, nell’ormai lontano 2005 scrisse un bell’articolo sulla mia opera cantautorale per la vostra rivista.
Devo dire che il mio lavoro di giornalista è piuttosto a 360 gradi, lavorando in un giornale di valle mi ritrovo obbligato a occuparmi un po’ di tutto, dalla cronaca allo sport, storia, approfondimenti, musica, letteratura, ecc.
Per quanto riguarda la fotografia, sì. Sono più che altro un paesaggista, quindi spesso mi ritrovo a fotografare per il mio piacere o anche solo per divertimento e spesso in quel senso riesco ad unire l’utile al dilettevole in modo davvero positivo.

L’Idea Magazine: Hai progetti in lavorazione?
Davide Buzzi: Al momento sto portando a termine il “Volume III” della mia trilogia musicale. Inoltre. sto lavorando a un nuovo romanzo, una storia per ragazzi in parte ispirata alla mia gioventù e che mi venne ispirata moltissimi anni fa dalla mia nonna materna, ma che fino ad oggi era rimasta chiusa solo nella mia testa. Adesso è arrivato il momento di darle la possibilità del suo esordio in società. Vedremo che ne esce.

L’Idea Magazine: Sogni nel cassetto?
Davide Buzzi: Vincere il Festival di Sanremo (risata)

L’Idea Magazine: Se tu potessi incontrare un personaggio del passato o del presente, qualsiasi persona, chi sarebbe e quale domanda porresti?
Davide Buzzi: Sarebbe interessante incontrare Vincent Van Gogh, al quale vorrei chiedere il vero motivo per il quale si amputò l’orecchio, come anche di svelarmi il mistero mai chiarito di quella famosa pistola che avrebbe usato per spararsi in pancia il 27 luglio del 1890.

L’Idea Magazine: Un messaggio per i nostri lettori?
Davide Buzzi: Siate sempre curiosi e amanti della lettura in generale. Leggere contribuisce a farci scoprire particolari spesso inusuali o sconosciuti del mondo nel quale viviamo, come anche della nostra mente.  Leggere è vita.

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