Recensione di Salvatore Margarone
La datazione delle sette toccate è, come sempre avviene in questi frangenti, alquanto complessa, ma comunque è possibile inquadrarle tutte nel periodo suddetto, dal 1700 al 1710, analizzandone la struttura e stile compositivo, che in questo specifico periodo risulta ancora “arcaico” nell’uso del contrappunto e del fugato.
Fondamentalmente, ciò che contraddistingue lo stile di questo primo Bach e che rende ben riconoscibili le sue toccate cembalistiche, ma anche alcune composizioni organistiche (come la famosa Toccata d-Moll BWV 565) ed alcune cantate da chiesa, è la totale assenza dell’influsso italiano più recente, in special modo quello vivaldiano che Bach assimilerà in misura copiosa solo a Weimar, dopo il 1711. Volendo semplificare, negli anni pre-Weimar, sembra che l’interesse maggiore di Bach sia da ricercarsi nel desiderio di trovare la migliore sintesi unificatrice tra la scuola del nord del grande Buxtehude e quella del sud di Pachelbel. Se invece andiamo a considerare le Toccate organistiche – eccetto la già citata BWV 565 – e la maggior parte delle fantasie e preludi-fuga per organo, sono tutte pagine databili dal 1712 in poi; qui è, infatti, evidentissima la presenza di nuovi schemi di modulazione, la ricerca del Pathos, le chiare linee melodiche, le caratteristiche motorie e ritmiche, tutte cose che Bach apprende dallo studio dei concerti di Vivaldi. La tendenza si osserva in misura crescente per tutto il periodo restante di Weimar, culminando infine a Cöthen (1717-1723) e Lipsia, dove si giunge alla perfetta sintesi bachiana.
In base a considerazioni stilistiche, alcune delle sette toccate possono essere collocate verso la fase finale di questa decade che potremmo definire come gli anni della “consapevolezza” giovanile. Ad esempio, la BWV 911 e la BWV 916 presentano elementi probabilmente successivi – ossia dopo il 1705 – all’incontro di Bach con la musica del grande organista di Lubecca, Dietrich Buxtehude. Il famoso viaggio improvvisato da Arnstadt a Lübeck, avvenne negli ultimi mesi del 1705, dopo tale viaggio la musica di Bach subisce evidenti arricchimenti che in queste toccate sembrano ben visibili. Lo stesso dicasi per la Toccata in Re Maggiore BWV 912 e la Toccata in Re Minore BWV 913, dove però possiamo scorgere anche un chiaro riferimento a Kuhnau e le sue sonate bibliche. Sembrerebbe invece che la Toccata in Sol Minore BWV 915 presenti elementi più arcaici che possono addirittura farla risalire a Lüneburg o ai primi anni di Arnstadt, quindi ben prima del 1706. Un altro elemento che può aiutare a collocare temporalmente queste composizioni è la modalità di trattamento che Bach fa del contrappunto: la gigantesca fuga nella Toccata in Do minore BWV 911, suddivisa in due sezioni ciascuna conclusa da passaggi a carattere improvvisativo, dimostra quanto Bach fosse già ad uno stadio molto avanzato nella elaborazione della forma, enormemente più avanti dei suoi modelli tedeschi.
La seconda parte può essere considerata una seconda esposizione della stessa fuga appena svolta, cesellata su uno sviluppo più complicato. Naturalmente, manca ancora in queste fughe la scrittura concisa ed al contempo monumentale, ma variegata ed imprevedibile e soprattutto manca il perfetto equilibrio strutturale che troveremo in analoghe composizioni bachiane di Cöthen e Lipsia; tuttavia già riconosciamo nel compositore delle Toccate, futuro kapellmeister e kantor, un artista alle prese con l’incessante esplorazione armonico-tonale e la continua sperimentazione nella fusione degli stili appresi fino a quel momento.
Nel CD di Pietro Soraci, pianista di origini catanesi e docente di pianoforte al Conservatorio di Musica G. Verdi di Milano, edito per i tipi DaVinci Classic di Osaka, emerge subito la cura e la ricerca di ogni particolare timbrico, che in queste Toccate sono le fondamenta musicali oltre allo stile contrappuntistico non ancora delineato del maturo Bach. Ricchezza di sonorità ben calibrate ne fanno di queste esecuzioni un raro cimelio da conservare ed ascoltare con molta accuratezza.
I fraseggi eseguiti con rigore ma allo stesso tempo un ottimo gusto musicale segnano un traguardo raggiunto per questo esecutore, che non si limita a suonare delle note ma, come di rado accade, fa musica allo stato puro, regalando impagabili emozioni all’ascoltatore.
Per certi autori l’approccio avviene da piccoli, quando si inizia con i primi rudimenti e poi spesso vengono abbandonati. Soraci invece affronta questo repertorio già con maturità, che si evince chiaramente per il grande stile e l’autorevolezza delle esecuzioni. Prepotente emerge la passione che nutre per questo compositore e conseguente esito è il rivelarsi delle le sue doti musicali oltre che una solida base di tecnica pianistica molto aguzza: non cerca adeguamenti con la scrittura clavicembalistica originale, ma ne propone un’interpretazione a tratti illuminante, tra accelerazioni pungenti e dissolvenze timbriche che ne esaltano i percorsi armonici e i cantabili di queste Toccate.
Un pezzo immancabile dunque nelle migliori discoteche.