Quando i miei figli erano in età di ascolto magico, leggevo e rileggevo le storie del Mito, cogliendo nei loro occhi lampi di meraviglia e di “indiamento” con i personaggi. Dioniso e Arianna, Zeus ed Era, Ercole, i Titani e tutto il corteo delle divinità celesti e sotterranee si alternavano attraverso la mia voce in visioni plastiche ricche di fascinazione. Per sentirsi come rapiti da incantesimo di fronte ai Misteri parietali, bisogna ritrovare in sé lo stupore e la meraviglia, attivando il ricordo di come eravamo nell’età infantile; in noi il desiderio di esplorare era quell’energia vitale che ci rendeva liberi e felici.
Mi piacerebbe perciò, inoltrandomi nel racconto odierno, riuscire a comunicare la sensazione d’estasi prodotta nell’assistere alle ultime scene pittoriche: quella liturgica e quella relativa alla preparazione della sposa; io e voi entreremo nei quadri come iniziandi di quel tempo descritto finora, timorosi, curiosi, desiderosi di compiere l’ultimo tratto di questo itinerario visivo e visionario, in una dimensione immaginativa e conoscitiva di verità superiori.
Scopriamo ora un gruppo di persone posto sulla parete vicina alla porta. La prima figura è quella di una donna con il peplo. Esso risponde pienamente al tipico abbigliamento in uso nell’antichità. La donna ha un velo che le ricopre la testa. Con la mano sinistra, inanellata, lo allarga all’altezza del petto. Ha il braccio destro appoggiato all’anca; il suo sguardo si posa su un bambino nudo che, secondo l’Étienne, potrebbe essere Dioniso da piccolo. Il fanciullo sta leggendo un testo sacro, composto da una donna, dietro di lui. Essa stringe uno stiletto (nel mondo classico antico, era un’asticella di osso o di metallo appuntita a un’ estremità; veniva usata per incidere la scrittura sulle tavolette cerate). Ha la sua mano destra sulla spalla del bambino. La posizione della donna la fa individuare come l’artefice del rituale sacro.
La giovane procede verso un gruppo di tre donne: una sacerdotessa con intorno due serve. La giovane stabilisce nella scena un legame tra il primo quadro del rituale sacro e quella dei preparativi religiosi.
Qui una matrona è seduta su uno sgabello rivestito di un tappeto colore zafferano, con il bordo violetto, ha una corona su un velo posato sulla testa. La vediamo di spalle. Ha il volto girato verso destra. Una serva, anch’essa con la corona in testa, ha uno sguardo serio, rivelatore di una consapevolezza dell’atto sacro di cui è partecipe, versa dell’acqua sulla mano destra della domina seduta; la mano in questione è sollevata su un catino sottostante. Solleva con la mano sinistra un tessuto che ricopre una cesta – che pare vuota – tenuta da un’accolita.
L’ipotesi è che questa cesta fosse destinata a contenere un oggetto misterioso.
Preparazione della sposa
Una domina guarda, seduta su un letto decorato (kliné), la preparazione della sposa; ha i piedi su uno sgabello, appoggia il viso sul braccio destro, sprofondato tra i cuscini. Ha al braccio sinistro un braccialetto e all’anulare un anello da sposa. E’ vestita con un chiton (antica veste greca) senza maniche che le nasconde un piede. Porta un mantello ocra violetto. La torsione del corpo verso la preparazione della sposa ci fa immaginare si tratti di una donna che riviva col ricordo il proprio passato. Ha la bocca semiaperta, come di chi si trovi immerso nella memoria di un tempo felice che riaffiora perché lo vede rappresentato. Si può cogliere l’età matura della domina dall’insieme dei pesi della composizione pittorica: vesti, zone scoperte del corpo, atteggiamento che non tradisce lo stato d’animo: un velo di nostalgia e di intima gioia al ripercorrere la propria giovinezza, le speranze, le attese di colei che si accinge ad abbracciare una vita fatta di dolcezze ed emozioni.
Dice di lei l’Étienne: “…Questo personaggio assume un’aria di dignità e di pienezza tale che incute rispetto, e perfeziona l’atmosfera di gravità dell’intero dipinto”.
Ma chi sarà la committente che vediamo alla fine del racconto? Dicono fosse Livia, la moglie dell’imperatore Augusto.
Spesso, ripensando a quel volto, ho creduto di essere anch’io dentro a quello sguardo assorto o di essere un frammento dei mille volti di donna nei suoi attraversamenti epocali, per quel tanto di mistero che essi racchiudono.
Dedico questo lavoro allo zio Agostino che mi iniziò alla bellezza contemplativa dei Misteri.
Marina Agostinacchio
Per gli approfondimenti i riferimenti sono stati degli estratti inviatimi e riguardanti studi di:
Robert Étienne (“La lettura dei dipinti della grande sala”)
Marion Giebel (“I culti misterici nel mondo antico”)
Maurilio Adriani (“Il motivo della salvezza e quello escatologico”)
De Caro (“Villa dei Misteri”)
Giorgio Colli (“La sapienza greca”)