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La Musica in Italia: Arte distrutta?

clairedeluneDa anni ormai stiamo assistendo ad un declino di quell’arte, la Musica, che in Italia in special modo, non si sta evolvendo come dovrebbe e come invece sta accadendo in altre nazioni vicine e lontane. Un sistema viziato che negli anni ha fatto in modo di far morire l’Arte più alta tra le Arti.
Purtroppo, ci si riferisce in special modo all’ambito operistico e classico; l’ignoranza la fa da padrone, in quanto, per un populismo ormai radicato, è divenuta impossibile la naturale evoluzione di cui si avverte la necessità.
Si, populismo, perché purtroppo è anche colpa del pubblico che oggi frequenta teatri e sale da concerto, che con la propria “ignoranza” pretende di imporre le varie stagioni in questi enti.
Si constata ciò in quanto in altre nazioni, come ad esempio la Germania, l’Austria, la Francia o l’America, vi è una varietà di proposte che il pubblico segue e comprende; sicuramente la risposta è una sola: in quanto Arte, la Musica, ingloba in sé diversi ambiti: Letteratura, Storia, Filosofia; ambiti questi che purtroppo, in Italia, sono ormai diventati secondari se non indifferenti.
Invece, a parere di chi scrive, sono tutti collegati fra di loro, l’uno non prescinde l’altro, nel senso che in una Nazione come l’Italia, che di Cultura potrebbe vivere e vendere, non c’è quell’attenzione e quell’interesse per far sì che il popolo si evolvi culturalmente.
Se facciamo un passo indietro di soli 200 anni, prendendo ad esempio la Germania, constatiamo che la Cultura veniva messa al primo posto: non si era un musicista completo e credibile se non si avevano solide basi Teologiche, Filosofiche e Letterarie; infatti, se vogliamo ricordare bene le cose, proprio in Germania nasce quella corrente letteraria che gettò le basi e che costrinse i molti compositori dell’epoca a cambiare i loro stili compositivi e, di conseguenza, cambiare i gusti del pubblico. Stiamo parlando del Romanticismo che, agli inizi degli anni ’20 dell’800, sconvolse tutte quelle sicurezze e forme musicali assodate del tempo classico.

Ma andando ancora avanti si arriva alla fine dell’800, epoca in cui vennero rimesse in discussione le tesi sostenute dal Romanticismo, portando quell’evoluzione letteraria e quindi musicale che fece nascere le varie correnti letterarie come il Simbolismo, l’Espressionismo, ecc…, apportando così quei cambiamenti culturali da cui nacquero compositori di tutto rispetto: Debussy, Ravel, Wagner, Strauss, ecc…
Passando all’Italia, invece, tutto ciò sembra che non l’abbia nemmeno sfiorata: l’alta Arte della cultura germanica non ha minimamente sfiorato la nostra Nazione, quando invece doveva prenderla ad esempio. Proprio in Italia, culla dell’opera e di fior fior di operisti e compositori, di letterati, poeti, ecc… , siamo rimasti ancorati a quel senso populistico della musica in quanto tale.
Già a partire dal Romanticismo, in Italia, non vi è stato quel coinvolgimento musicale, ne tanto meno successivamente, che ha portato a quell’evoluzione culturale che in altri paesi ha avuto luogo.
Il motivo? La poca cultura del pubblico, che è sempre rimasto volutamente ancorato a degli stereotipi di musica apparentemente romantica e post-romantica.
Difatti, oggi cosa possiamo sentire nei teatri o nelle sale da concerto? Sempre la stessa musica…! Perché? Per il motivo sopracitato, la mancata evoluzione culturale!
Si, è vero che l’Italia è patria dell’Opera, ma è anche vero che l’Opera è popolare, quindi di conseguenza, deve compiacere il pubblico; pubblico che, ancora oggi, se non gli si fa sentire Verdi o Puccini non va a teatro, snobbando tutto il resto.
Se il cultore così vuole essere chiamato, deve adempiere a quei cambiamenti che il tempo gli impone, così come avveniva 200 anni fa; non basta andare a teatro per una serata mondana, andare a teatro significa andare ad una serata di cultura! Ma ci si rende conto che la massa ormai si reca in questi luoghi quasi per moda, non comprendendo quello a cui assiste.
Ecco perché i cartelloni dei teatri o delle stagioni concertistiche sono ormai tutti uguali e sempre con gli stessi titoli. La colpa di ciò non è solo del pubblico, ma soprattutto dei musicisti che non osano nelle proposte, guidando così il pubblico a quel cambiamento che oggi necessita.
Oggi si parla tanto di musica contemporanea, ma non se ne sente quasi nulla in giro, anzi, viene quasi evitata perché non la si comprende e non si vuole fare fatica per comprenderla. Allora l’Arte della Musica così facendo è già distrutta.
Non ci lamentiamo se ascoltiamo sempre le stesse opere liriche, gli stessi Studi di Chopin, le stesse Sonate di Beethoven; è già tanto se sentiamo buone esecuzioni.
E non si osi proporre qualcosa non in lingua italiana! Guai!
I commenti sarebbero: “…non capisco cosa si dice!…”; anche se non si capiscono le parole la musica è fatta soprattutto di note!
L’arte va coltivata giorno per giorno, proprio come un orticello, solo così le piccole piantine cresceranno e daranno i loro frutti.

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