Gaetano Cipolla è Professore Emerito nel Dipartimento di Lingue e Letterature straniere alla St. John’s University di New York, dove dal 1978 al 2011 ha insegnato corsi di lingua, civiltà e letteratura italiane, insieme a corsi sull’arte della traduzione letteraria. Oltre all’insegnamento il Prof. Cipolla ha coperto la carica di Decano della facoltà di lingue straniere dal 1996 al 2002.
Il volume “Siciliana: Essays on the Sicilian Ethos”, 2005 rappresenta il più importante contributo di Gaetano Cipolla allo studio della Sicilia e dei Siciliani. L’opera contiene vari saggi già pubblicati e molti altri inediti miranti a definire la sicilianità attraverso uno studio della storia e della letteratura siciliane.
Il suo interesse per la Sicilia e per la lingua siciliana lo porta a collaborare con J.K Bonner per la “Introduzione alla Grammatica Siciliana”, che rappresenta la prima opera del genere in America. Il prof. Cipolla cura la parte linguistica siciliana dell’opera, pubblicata nel 2002.
Gaetano Cipolla: Prima di dedicarmi alla cultura siciliana avevo già raggiunto il rango di Associate Professor alla St. John’s University e mi interessavo di temi che non avevano nulla a che fare con la Sicilia. Il libro Labyrinth: Studies on an Archetype, contiene saggi di critica letteraria basata sugli scritti di G. Jung, E. Neumann e altri studiosi della psicologia del profondo. La mia resi di laurea per il Ph.D. è intitolata “The Archetype of the Labyrinth and Its Manifestations in Petrarch” (L’archetipo del labirinto e le sue manifestazioni in Petrarca.) I saggi pubblicati in quel libro derivano in parte dalla tesi, ma ho aggiunto anche altri studi di critica junghiana sulla figura di Ulisse nell’Inferno di Dante e anche sulla presenza del labirinto in Pirandello e Calvino. Pur avendo conseguito il Ph.D. in letteratura Italiana sapevo ben poco sulla vasta letteratura scritta in siciliano.
L’Idea Magazine: Mentre collaborava alle varie riviste d’italianistica, prese nel 1978 la condirezione de “La Parola del popolo”, la più antica rivista di lingua italiana in America. Come avvenne questa sua avventura, che durò ben sei anni? Che cosa è successo alla rivista?
Gaetano Cipolla: Ho lavorato con Egidio Clemente, un vecchio sindacalista che lavorava come tipografo. La Parola del Popolo, fondata nel 1907, era l’organo ufficiale del partito socialista americano. Io mi occupavo di articoli letterari, scrivevo qualche editoriale, e aiutavo Egidio nella correzione delle bozze. La rivista fu pubblicata fino al 1987, quando Egidio, che era l’anima della rivista, morì.
Gaetano Cipolla: Italian Journal era una rivista importante sull’Italia che io curavo come tecnico. Era il tempo in cui si cominciava a usare il computer per impaginare e disegnare le riviste ed avendo acquisito una certa abilità coi programmi di composizione come il vecchio “Ventura Publisher,” impaginavo e curavo l’aspetto grafico del giornale e scrivevo qualche articolo e recensione di libri.
L’opuscolo “What Italy Has Given to the World” nacque come presentazione agli studenti del circolo italiano. Si poneva la domanda “Che cosa mancherebbe dal mondo oggi se la penisola italiana non fosse emersa dal Mediterraneo?” Le risposte tra scherzose e serie offrono ai lettori una grande quantità di contributi alla civiltà occidentale fatta dai popoli che hanno abitato la penisola. Per esempio, America perderebbe il suo nome, mille città americane che portano nomi latini o italiani porterebbero nomi diversi. L’opuscolo fu pubblicato per la prima volta su Italian Journal e poi fu stampato come opuscolo, ed ebbe molto successo. NIAF mi ordinò due mila e cinquecento copie. Infatti, lo usarono come incentivo per motivare la gente ad associarsi alla NIAF, offrendo il libro gratis ai nuovi soci. Altre associazioni come The Sons of Italy, per esempio, hanno ordinato migliaia di copie. L’opuscolo si vende ancora. L’altro giorno il Museo di Garibaldi/ Meucci me ne ordinò 25 copie. In tutto abbiamo venduto più di 25 mila copie.
Gaetano Cipolla: Giovanni Meli è non solo il più grande poeta siciliano ma è uno che ha saputo esprimere nelle sue opere l’essenza dello spirito dei Siciliani. Mel, come disse Giuseppe Pitrè, “fu la più perfetta incarnazione delle idee e aspirazioni dell’alto e medio ceto del secolo XVIII, e anche il più schietto pittore dei costumi del tempo… che deplora le miserie dei tempi.” Nelle sue opere esprime il contrasto permanente nel suo spirito tra idealismo e scetticismo. Il suo Don Chisciotti e Sanciu Panza è in effetti una proiezione del dilemma in cui si dibatte l’autore. Egli incarna l’idealismo di Don Chisciotti che auspica un mondo migliore per i poveri siciliani, che scolpisce su di un tronco d’albero le sue idee per una più equa distribuzione delle ricchezze, su una migliore applicazione della giustizia, sulla pace universale, ma incarna anche lo scetticismo di Sanciu Panza che crede solo a ciò che può toccare con le mani, che sa per esperienza che lo status quo siciliano non cambierà. Il contrasto tra le due tendenze dello spirito meliano è alla fine vinto da Sanciu, che è il vero protagonista del poema, non Don Chisciotti, le cui sante idee vengono ridicolizzate dallo scudiero come deliri di un folle. Sanciu scrive l’epitaffio del padrone dicendo:
La cinniri ch’è sutta sta balata
Fu spogghia d’un eroi di desideriu;
chi mai sappi cunsari na nzalata,
non ostanti pritisi in tonu seriu
di cunsari lu munnu…
Nell’aldilà, Don Chisciotti per le sue follie viene condannato a raccogliere il vento con una rete per sei mesi e stare per le sue sante idee nei Campi Elisi per gli altri sei, mentre Sanciu guadagna un posto tra i filosofi. Il Don Chisciotti e Sanciu Panza è diverso dal modello spagnolo di Cervantes. In questa opera si vede come i tempi siano cambiati e come la Sicilia del Settecento sia diversa dalla Spagna di Cervantes. È un’opera di dodici canti e una Visione che ho cercato di rivalutare anche dal punto di vista critico nell’introduzione.
L’Idea Magazine: La Sua prima opera di traduzione in inglese sul sommo poeta siculo Giovanni Meli a vedere la luce fu “L’origini di lu munnu”, (1985) pubblicato da Arba Sicula. Come mai scelse proprio questo libro da tradurre?
Gaetano Cipolla: “L’origini di lu munnu” è un capolavoro satirico di Meli nel quale immagina Giove, padre degli dei, in conversazione con i figli mentre esplora come creare il mondo che non esisteva “A lu tempu chi lu tempu ‘unn’era tempu”. Ognuno offre la sua opinione su come crearlo, che Giove ridicolizza. Alla fine, egli capisce l’unica sostanza che esista è lui stesso e per creare il mondo chiede ai figli di farlo a pezzi e usare il suo corpo per formarlo. E così una delle sue gambe diventa la penisola italiana e la testa diventa la Sicilia!
Gaetano Cipolla: Secondo alcuni Le favuli morali sarebbero il capolavoro del Meli. Sono il frutto di un uno scienziato che conosce il mondo profondamente. Facendo parlare gli animali, Meli può dire quello che pensa senza paura delle ripercussioni sociali a cui si sarebbe esposto se le avesse dette in prima persona. Meli non moralizza come fa La Fontaine, per esempio, ma attraverso quello che fanno o dicono gli animali,la lezione morale diventa trasparente, come il caso del granchio che vuole insegnare ai figli di camminare dritti mentre lui cammina storto.
Ho tradotto le 89 favole usando lo schema metrico degli originali. Questo impone grandi sforzi per trovare le rime giuste senza recare danni alla scorrevolezza della lingua. In alcuni casi le favole sono in terza rima, che richiede uno sforzo ancora maggiore. Le favole sono dei piccoli capolavori di saggezza.
Gaetano Cipolla: Il volume antologico contiene le opere più importanti di Meli in formato bilingue. Ho incluso anche un capitolo di quasi cento ottave del Don Chisciotti e Sanciu Panza. È un volume di grosse dimensioni che dà al lettore le pagine più belle di questo geniale poeta siciliano che merita di essere meglio conosciuto in America. Meli fu uno scienziato (era medico) e professore di chimica alla università di Palermo, oltre a essere uno squisito poeta. Molti lo considerano un arcade che si interessava di pastori e pastorelle, mentre era in realtà un uomo di scienza che sapeva valutare la realtà. Meli, come ben disse Pirandello che conosceva la sua opera benissimo, aveva in mano tutti gli strumenti della poesia e non solo il flauto dei pastori.
Gaetano Cipolla: Non sono stato io a scegliere questi due scrittori. Sapendo che mi interessavo di letteratura siciliana, gli editori del Dizionario mi chiesero di scrivere il profilo sulle opere teatrali di Martoglio e Brancati. Nel caso di Martoglio avevo già pubblicato una corposa scelta delle sue poesie in formato bilingue intitolato The Poetry of Nino Martoglio. Ho fondato una collana di libri intitolata “Pueti d’Arba Sicula/Poets of Arba Sicula” che ha come obiettivo far conoscere il meglio della poesia scritta in siciliano perché sono convinto che i poeti sono in realtà i migliori ambasciatori di un paese. Il volume su Martoglio è il secondo della collana. Il primo è stato Malidittu la lingua di Vincenzo Ancona, un poeta amatissimo dai nostri connazionali di Castellammare del Golfo in Sicilia e in America.
Gaetano Cipolla: Arba Sicula fu fondata nel 1979 da un gruppo di siculo-americani come Joseph Polisi, Gaetano Giacchi e Alissandru Caldiero, che desideravano dare un’immagine diversa della Sicilia e dei Siciliani da quella stereotipata della TV e del cinema americano, riscoprendo i veri valori culturali siciliani e i contributi dell’isola alla civiltà occidentale. All’inizio il mio ruolo fu marginale ma partecipavo alle attività promosse al gruppo. Poi, man mano che il mio interesse per la lingua e la cultura siciliane cresceva, cominciai a contribuire in maniera più costante e nel 1976-77, quando l’associazione era in crisi, accettai di diventare Editore delle pubblicazioni e poi Presidente.
Arba Sicula ha pubblicato il primo e unico vocabolario inglese-siciliano-inglese (di Joseph Bellestri), le prime grammatiche del siciliano di Joseph Privitera e di Kirk Bonner, e poi Learn Sicilian/’Mparamu lu sicilianu,concepito come libro di testo che usa la pedagogia moderna per l’insegnamento di lingue straniere. Il successo di questo volume mi convinto a scrivere Learn Sicilian II, appena pubblicato. Questo volume è scritto in siciliano perché presume che gli studenti abbiano già acquisito una conoscenza basilare della lingua. È equivalente al secondo anno di studio. Il 30 Novembre 2021 presenterò il libro alla Columbus Foundation.
L’Idea Magazine: Oltre alle Sue attività letterarie, Lei organizza anche programmi (nelle università, nelle parrocchie italiane, alla radio e televisione) che mirano alla disseminazione della lingua e della cultura siciliane nelle comunità siculo-americane degli Stati Uniti…
Arba Sicula svolge un ruolo importante per gli immigrati siciliani, facendogli conoscere la Sicilia. Sembra strano ma è vero. Gli emigranti dei due secoli scorsi, partendo per l’America non conoscevano la Sicilia. Conoscevano il loro paese e forse quelli limitrofi ma non la Sicilia. Una volta un emigrato del Bronx che venne con noi in uno dei primi tour dell’isola, mi disse, “grazie per avermi fatto vedere la bellezza della nostra isola che io non conoscevo affatto!” Ogni anno lui ritornava a Casteldaccia vicino Palermo e se ne stava lì un mese, senza visitare altri paesi. Un altro turista siciliano della California, dopo aver fatto il tour mi regalò un piccolo vascello d’argento, comprato a Taormina, dicendo, ”grazie, ho imparato a capire chi sono leggendo i suoi libri.” Apprezzamenti di questo genere mi creano un certo disagio, ma li accetto perché sono sinceri. Quasi tutti quelli che mi mandano l’assegno per rinnovare il loro abbonamento scrivono frasi simili a questa: “Grazie per difendere e tener alta la lingua e la cultura siciliana!”
Gaetano Cipolla: L’opuscolo si offre a tutti i nuovi soci di Arba Sicula. Ho cercato di spiegare a me stesso cosa vuol dire esser siciliani. Ovviamente un opuscolo di appena trentadue pagine non può sperare di dare risposte definitive per definire un popolo che ha alle spalle tremila anni di storia complessa, che ha subito la presenza di tanti popoli stranieri attratti dalla bellezza e dalla ricchezza dell’isola. Diciassette dominazioni diverse che hanno lasciato tracce visibili nel DNA dei Siciliani e nel loro modo di comportarsi. I Greci, i Romani, gli Arabi, i Normanni, gli Spagnoli. Tutti hanno lasciato qualcosa ma senza alterare la fisionomia dei Siciliani più di tanto. Già nel 424 avanti Cristo, Ermocrate di Gela rivendicava la sicilianità degli abitanti dell’isola che ormai si erano emancipati dalla Grecia dicendo, “noi non siamo né Dori, né Jonii, noi siamo Siciliani!”. L’opuscolo è più la mia personale visione dei Siciliani, ma a quanto pare condivisa da parecchi, visto che molti lo ordinano. L’opuscolo è incluso anche nel volume Siciliana: Studies on the Sicilian Ethos, che contiene capitoli sulla relazione tra la Grecia e la Sicilia, il dramma degli Ebrei in Sicilia, una storia che pochi conoscono, gli Arabi e la loro importanza, e altri saggi.
L’Idea Magazine: Ha fondato una casa editrice internazionale (Legas) il cui scopo principale, ai suoi inizi, fu di pubblicare libri che hanno un legame con la Sicilia e la sua gente. Quando Le venne questa idea? In quegli anni in cui prese questa decisione, immaginava di aver così tanto successo in una nicchia editoriale che avrebbe potuto apparire limitativa?
Gaetano Cipolla: Con questa collana, ho voluto dare la possibilità a scrittori siciliani di raccontare la loro storia, invece di leggere scrittori non siciliani che scrivono sulla Sicilia. L’ultimo libro pubblicato è stato edito da Mark Hehl e s’intitola Ameri-Sicula: Sicilian Culture in America; in esso, una trentina di scrittori siculo-americani raccontano le loro esperienze.
L’Idea Magazine: “Learn Sicilian/Mparamu lu sicilianu” è un libro di testo universitario scritto da Lei. Come è stato ricevuto?
Gaetano Cipolla: Il libro ha avuto molto successo negli Stati Uniti. Siamo già alla terza ristampa. È stato tradotto anche in Italiano dal prof. Alfonso Campisi che lo sta usando nei suoi corsi all’Università de la Manouba di Tunisi dove c’è una grossa colonia di siciliani. Learn Sicilian/’Mparamu lu sicilianu si usa anche in America come libro di testo all’Università della Pensilvania di Filadelfia. La Italian Charities of America, inoltre, l’ha adottato per i suoi corsi sul Siciliano.
Ovviamente potrei dare molti altri esempi. Ma sarà meglio non dilungarmi troppo. Il libro focalizza l’attenzione anche sulla variazione diatopica, cioè sulle differenze che esistono nella lingua parlata nelle varie province siciliane. Questa è la prima grammatica che si occupa delle ‘parrati catanesi’, ‘palermitane’, ‘ragusane’ ecc., dando le più importanti caratteristiche, non per insegnare agli studenti come si parla a Catania ma perché possano distinguere il Catanese dal Ragusano o Agrigentino e capire che il Siciliano rimane sempre una lingua perché le differenze esistono solo nella lingua parlata e non nella lingua scritta.
Gaetano Cipolla: Non avevo mai scritto nulla in Siciliano prima che Andrew Liotta mi chiese di scrivere un libretto usando la trama del racconto La Lupa di Giovanni Verga come base. Lo scrissi in una serata, naturalmente ritornandoci per limarlo e renderlo coerente con le esigenze del compositore. Liotta musicò l’opera e abbiamo potuto presentare alcune arie in concerto alla St. John’s Unversity. Purtroppo Liotta è morto. E non so se avrò mai il piacere di vederla rappresentata in teatro.
L’Idea Magazine: Certamente tutti i premi ricevuti fanno piacere, ma dei numerosi premi che Le hanno conferito, quale fu il più significativo per Lei come Siciliano? E come insegnante?
Gaetano Cipolla: Ho ricevuto tanti premi per il mio lavoro a favore della Sicilia e per l’insegnamento, ma non voglio identificarli per non fare sfoggio. Il premio maggiore che io conservo è l’affetto e la stima dei miei studenti che sono felici di vedermi quando ne incontro qualcuno ad un evento.
L’Idea Magazine: Lei conduce annualmente un tour della Sicilia per 35-40 soci di Arba Sicula, che chiaramente il virus non Le ha permesso di fare negli ultimi due anni. In che cosa consiste? Una riscoperta per siculo-americani della loro regione?
Gaetano Cipolla: La Sicilia è il segreto meglio tenuto del mondo. Cioè la Sicilia possiede tante bellezze che a causa delle continue campagne negative sull’isola sono rimaste sconosciute. Arba Sicula ha cercato in tutti questi anni di dare ai suoi soci l’opportunità di scoprire e di rendersi conto della varietà e della ricchezza naturale, architettonica e culturale dell’isola e sono fiero di dire che tutti quelli che hanno fatto il tour con noi sono diventati piccoli ambasciatori, moltiplicando tra i loro conoscenti il sentimento positivo che loro avevano sentito personalmente. Ovviamente non voglio dire che il credito per l’aumento del turismo in Sicilia spetti ad Arba Sicula, ma certamente abbiamo contribuito alla scoperta dei tesori della Sicilia. Sottolineo che al nostro primo tour c’era un solo un pullman nel parcheggio di Segesta, il nostro. Negli ultimi anni, l’autobus deve fermarsi nella strada perché non c’è più spazio per l’autobus.
L’Idea Magazine: Potrebbe definire il termine Sicilianità?
Gaetano Cipolla: Il termine “Sicilianità” non è per nulla facile da definire. Se lo fosse non avrei scritto trentadue pagine per cercare di spiegarlo a me stesso. I siciliani sono persone complesse e quando uno crede di aver trovato la chiave per scoprire il mistero, si presentano situazioni in cui la chiave non funziona più. Provi a leggere What Makes a Sicilian. Avrà un’idea delle cose che i Siciliani considerano importanti nel comportamento sociale, ma tutto senza pretese categoriche o prescrittrici.
L’Idea Magazine: Ci potrebbe parlare di “Casa Sicilia”?
Gaetano Cipolla: È stata una bella iniziativa, finita male purtroppo.
Gaetano Cipolla: L’editore di Nuova Ipsa di Palermo aveva iniziato un progetto di pubblicare edizioni critiche dell’opera di Giovanni Meli, (1740-1815) in undici volumi. Il mio compito era di curare i tre volumi dedicati alla Lirica. La Lirica I è stata già pubblicata, la Lirica II aspetta di essere stampata. Il testo completo è già nelle mani dell’editore, ma purtroppo il mese scorso è morto. Ora non so se il progetto sarà continuato o meno dal successore. Si vedrà.
Spero comunque di poter completare il lavoro iniziato, pubblicando anche il terzo volume della Lirica.
L’Idea Magazine: Se Lei potesse incontrare qualsiasi personaggio del passato o del presente, chi sarebbe e che cosa vorrebbe chiedere a lui (o lei)?
Gaetano Cipolla: Gli autori che mi stanno a cuore hanno già parlato a lungo tramite i loro libri. Tutto quello che avevano da dire l’hanno già detto.
L’Idea Magazine: Ha altri lavori letterari in lavorazione al momento?
Gaetano Cipolla: È un progetto che purtroppo si presenta difficilissimo se non impossibile. La settimana scorsa feci un intervento su Zoom a un convegno organizzato dall’Accademia Siciliana di Palermo sul tentativo di ridare veste siciliana ai testi della Scuola Siciliana che fiorì sotto l’imperatore Federico II. Come Lei saprà, i testi originali sono scomparsi tutti, tranne una canzone di Stefano Protonotaro. Ci restano solo dei codici trascritti da amanuensi toscani, i quali hanno fatto non una semplice trascrizione ma una vera e propria traduzione dal siciliano al toscano, cambiando le rime, alterando spesso i significati. Visto che non possiamo risalire ai testi originali, ho deciso di fare ciò che hanno fatto i copisti, cioè ritradurre la loro traduzione. Ho fatto tre esperimenti con testi di Giacomo da Lentini, l’inventore del sonetto. Includo una bellissima canzone di Giacomo nella nuova veste siciliana e la mia traduzione in inglese. Visto che lo spazio c’è, includo i due testi:
Miravigghiusamenti
Miravigghiusamenti
‘n amuri mi distrinci
e mi teni ad ogn’ura.
Com’omu poni menti
in àutru esempiu e pinci
la simili pintura,
cussì, bedda, facc’eu,
ca ’nfra lu cori meu
portu la to figura.
‘N cor pari ch’eu vi porti,
pinta comu pariti,
e non pari di fori*.
Deu, com’ mi pari forti
non so si lu sapiti,
com’ v’amu di bon cori;
ch’eu sù sì virgugnusu
ca pur vi guardu ascusu
e non vi mustru amori.
Avennu gran disiju
dipinsi na pintura,
bedda, vui sumigghianti,
e quannu vui non viju
guardu nni dda figura,
pari ch’eu v’aggia avanti:
comu chiddu chi cridi
salvarisi pir fidi,
ancor non vija inanti.
In cori m’ardi dogghia,
com’om chi teni focu
nni lu so senu ascusu,
e quannu chiù lu ’nvogghia,
allura ardi chiù ddocu
e non pò stari nchiusu:
similementi eu ardu
quannu pass’e non guardu
a vui, vis’amurusu.
S’eu guardu, quannu passu,
inversu a vui no giru,
bedda, pir risguardari;
annannu, ad ogni passu
e jettu un gran suspiru
ca facimi ancusciari;
e certu beni ancusciu,
c’a pena mi canusciu,
tantu bedda mi pari.
Assai v’aggiu laudatu,
madonna, in tutti parti,
di biddizzi c’aviti.
Non so si v’è cuntatu
ch’eu fazza zo pir arti,
pir cui vi nni duliti:
sacciatilu pir singa
zocch’eu no dicu a linga,
quannu vui mi viditi.
Canzunedda nuvella,
và canta nova cosa;
lèvati di maitinu
davanti a la chiù bedda,
ciuri d’ogn’amurusa,
biunna chiù c’auru finu:
«Lu vostru amuri caru,
dunatilu ô Nutaru
ch’è natu di Lentinu».
(*In certe parlate siciliane esiste fori invece del normale fora. L’ho usato per la rima con cori e amori.)
Extraordinarily
Extraordinarily
A love constrains me so
it never lets me go.
Like one who puts his mind
to paint a likeness of
a model he can view,
that’s all I do, my love,
I carry in my heart
an effigy of you.
I bear you in my heart
painted as you appear
but this outside won’t show.
God, it is harsh, severe,
not knowing if you know
that my love is sincere.
However, I’m so shy
I watch you on the sly
and hide the love I bear.
Moved by a strong desire
I drew a lovely portrait
that close resembled you
and when you’re not in view
that image I admire
and think I’m seeing you.
Like someone who believes
his faith can save his soul
though he can’t see that goal.
There’s burning in my heart
like one who has a fire
that’s hidden in his breast,
and when incitement soars
the flame grows even higher
so he can’t take much more.
That is the way I burn
when I pass by and turn
away from you, my love.
If when I pass, you’re there,
I do not turn to stare,
my love, to better see,
but with each step I try
I breathe a heavy sigh
that takes my breath away.
I feel then so unsteady,
who I am I can’t say,
so fair you seem, my Lady.
Much praise did I accord,
Lady, to you for all
the beauties you possess.
I know not if you’ve heard
it’s done with craftiness
that’s why you hide from view,
but take this as a clue
of what I’ll say to you
when you and I will meet.
My little novel song,
go sing of something new.
Rise early in the morn
and seek the fairest one
among the best in love,
whose hair is fine-spun gold.
“Your love that is so rare
give to the Notary
who’s from Lentini born.”
L’Idea Magazine: Se si dovesse definire con tre aggettivi, quali sarebbero?
Gaetano Cipolla: Preferisco che me li diano gli altri.
L’Idea Magazine: Un messaggio per i nostri lettori?
Gaetano Cipolla: Spero che possano apprezzare la Sicilia per quello che è veramente: un’isola da amare. Concludo con una piccola gemma di Giovanni Meli che dà un’idea della leggerezza dei suoi versi e della difficoltà che la traduzione comporta:
LA VUCCA
Ssi capiddi e biundi trizzi
sù jardini di biddizzi,
cussì vaghi, cussì rari,
chi li pari nun ci sù.
Ma la vucca cu li fini
soi dintuzzi alabastrini,
trizzi d’oru, chi abbagghiati,
perdonati, è bedda chiù:
Nun lu negu, amati gigghia,
siti beddi a meravigghia;
siti beddi a signu tali
chi l’uguali nun ci sù.
Ma la vucca ’nzuccarata
quannu parra, quannu ciata,
gigghia beddi, gigghia amati,
perdonati, è bedda chiù.
Occhi, in vui fa pompa Amuri
di l’immensu so valuri,
vostri moti, vostri sguardi
ciammi e dardi d’iddu sù.
Ma la vucca, quannu duci
s apri, e modula la vuci,
occhi… Ah vui mi taliati!…
Pirdunati, ’un parru chiù.
THE MOUTH
Oh, those braids of golden hair
are a garden sweet and fair;
they’re so beauteous and rare
none comparison will dare.
But the mouth with eburnine,
pearly teeth so neat, so fine,
Golden Braids that all outshine,
please don’t mind, ’tis more divine.
My dear brows, I can’t deny
you’re as lovely as the sky,
you’re so lovely to the eye,
all who see you simply sigh.
But the mouth’s a sugar beet
when she opens it to greet,
lovely brows that love entreat,
please forgive me, ’tis more sweet.
Love has chosen you, dear eyes,
just to flaunt his greatest prize.
All your actions, all your sighs
represent his flames, his guise.
But the mouth I so adore
when her words begin to pour.
Lovely eyes, why do you stare?
Please forbear … I’ll say no more.