Prima chitarrista italiana a specializzarsi nello stile jazz manouche, genere che fonde il virtuosismo del jazz con le ritmiche della chitarra francese, Melamanouche si è sempre distinta per il suo approccio innovativo e versatile. Dopo l’esordio nei digital store con “Un dio”, la raffinata artista milanese torna ora con “No Contact”, un singolo che valica i confini del suo genere di appartenenza per abbracciare sonorità pop, senza rinunciare all’eleganza e alla qualità artistica che l’hanno resa un punto di riferimento.
Magistralmente arrangiato e prodotto ai Phaser Studios da una prima versione composta con Gabriel Otoya, “No Contact” nasce dall’esperienza della pandemia, quando il distanziamento sociale ha ridefinito il concetto di contatto, sia fisico che emotivo. Una riflessione intima e personale, ma al contempo condivisibile da tutti, che attraverso parole e musica, affronta il vuoto lasciato da relazioni interrotte e il desiderio di ritrovare un’alchimia pura e sincera.
«Il no contact si vive quando una relazione non funziona più, ma le sue tracce rimangono dentro di noi, amplificate dall’assenza e dall’immaginazione – racconta Melamanouche –. Questo brano è un invito a credere ancora nella possibilità di un contatto genuino, veritiero e profondo, anche quando tutto sembra perduto.»
Il testo si muove tra immagini emblematiche e introspezione, raccontando il limbo emotivo di chi si trova a vivere una “presenza assenza” che destabilizza: «Le tue mani come ali di carne sanno guidare tutto ciò che mi appare, sanno cucire tutto ciò che fa male». Una polaroid dai contorni sbiaditi che nella sua poetica crudezza disarma sensi e speranze, condensando in poche righe il potere del contatto umano, capace di ferire e al tempo stesso di curare.
La narrazione si intreccia con la realtà vissuta durante il lockdown: «Tutti in strada a far la fila, sembra una follia collettiva, e mentre tutto il giorno è pandemia, il tuo sguardo vola via». Queste parole racchiudono e danno voce all’alienazione collettiva di un mondo sospeso, dove il bisogno di interconnessione è accentuato dalla distanza forzata.
Il jazz manouche, nato nella Parigi degli anni ’30 grazie al genio di Django Reinhardt e noto anche come gypsy jazz, combina l’antica tradizione musicale gitana, le ritmiche della chitarra francese e lo scat americano. Un genere ricco di virtuosismi e melodie suggestive, che Melamanouche ha fatto proprio, reinterpretandolo con un approccio originale e contemporaneo.
«Non ho mai visto i confini tra i generi come un limite – conclude l’artista –. Con “No Contact” ho voluto raccontare qualcosa di condivisibile da tutti, e per farlo ho seguito l’ispirazione del momento, senza rinunciare a ciò che sento rappresentarmi e mi rende unica.»
“No Contact” è un progetto che guarda oltre e, per poterlo fare, entra nell’anima per renderla consapevole della sua natura. È una carezza, un manifesto artistico che riflette la condizione di tutti noi in un mondo sempre più frammentato. In un’epoca in cui la tecnologia ha accorciato le distanze fisiche ma amplificato quelle emotive, il brano invita a riscoprire il valore del vero contatto, quello che va oltre la superficie.
L’uscita del singolo è accompagnata da un calendario di live imperdibili:
Giovedì 12 dicembre: Le Chat Noir, Milano
Sabato 21 dicembre: Frisà Bistrò, Milano
Rassegna mensile: Casa di Alda Merini per l’Associazione Acim, Milano
Con il suo talento straordinario e la sua capacità innata di emozionare, Melamanouche continua a stupire, confermandosi come una delle artiste più originali e versatili della scena musicale italiana.
Biografia.
Melamanouche, al secolo Paola Passarello, è cantautrice e musicista di formazione teatrale. I suoi brani si ispirano alle melodie nostalgiche della canzone napoletana. Accordature aperte e stile arpeggiato fanno risaltare una voce argentina che si assottiglia sugli acuti e diventa più profonda durante i bridge. Si ispira alle ritmiche della chitarra siciliana e salentina, studiando chitarra battente e reinterpretando con originalità le canzoni di Rosa Balestreri. Approfondisce lo studio del jazz con il maestro Martina Zambelli, direttrice del coro dell’Università Bocconi di Milano, con il pianista Stefano Pennini, con il chitarrista Jacopo Delfini e con Carmelo Tartamella, direttore artistico del Cremona Jazz Festival. Amplia la sua conoscenza del blues e del gospel grazie alla collaborazione con la cantante Shanna Waterstown. Prima chitarrista a specializzarsi nello stile jazz manouche in Italia, si dedica alla diffusione del manouche come base di un nuovo swing europeo che unisca il bel canto italiano, le ritmiche della chitarra francese e lo scat americano. Per portare avanti questo progetto, comincia ad esibirsi con un repertorio di standard jazz in duo, in quartetto e in quintetto. In seguito, attingendo alla sua straordinaria conoscenza della letteratura teatrale, scrive a parole quello che le melodie di Django Reinhardt suggeriscono. Si è esibita come attrice di teatro nei più importanti teatri milanesi (Piccolo Teatro, Teatro Manzoni, Teatro Smeraldo,Teatro della Luna), evidenziando le sue doti attoriali e canore. Ha collaborato con artisti del calibro di Carmelo Tartamella, Shanna Waterstown, Duved Dunayevsky, Adrien Tarraga, Fausto Savatteri e Humberto Amésquita e ha partecipato ad illustri festival tra i quali il Milano Django Festival (2019), il Borgo Jazz (2023) e il Kalabriaecofest (2023). Con il suo talento straordinario e la sua capacità innata di emozionare, MelaManouche continua a stupire, confermandosi come una delle artiste più originali e versatili della scena musicale italiana.