In questi giorni di clima natalizio ho letto vari testi di diversa impostazione ma che portano tutti ad un’unica conclusione: il presepe napoletano è il più interessante esempio di aggregazione!
È questo il merito principale della Natività nella interpretazione del popolo di Napoli. Nei secoli c’è stato sempre di più un incremento di elementi religiosi e profani che lo hanno reso ineguagliabile. Grazie poi ai contributi di famosi scultori del ‘700 e ‘800 si sono realizzate rappresentazioni di eccezionale pregio come il presepe Cuciniello esposto al Museo di San Martino di Napoli e quello situato nella Reggia di Caserta commissionato nel ‘700 da re Carlo III di Borbone.
Alla universalità del presepe i napoletani hanno dato nelle varie epoche un eccezionale contributo inserendo anche personaggi di etnie e fede diversa ma pur sempre affascinati dal messaggio cristiano. Sono tante le figure che lo caratterizzano, da Benino, il pastorello che dorme e sogna la nascita di Gesù, al pastore “della meraviglia” folgorato dalla visione della stella cometa ferma sulla grotta, poi l’oste con la sua osteria dove si mangia, si beve e si combatte il malocchio con i mazzetti di peperoncini rossi a forma di cornetti attaccati alle pareti, il banditore (‘o pazzariello) col costume borbonico e altri ancora. C’è la vita quotidiana dove sacro e profano si fondono, ci sono sogni e speranze di un popolo pieno di problemi ma sempre accogliente verso tutti.
Sono tante le figure presepiali che diffondono, tutte assieme, il messaggio di Gesù che si incarna per la salvezza e la pace nel mondo. Quella pace tanto di più invocata in questo periodo così tragicamente insanguinato in terra Ucraina e non solo.
Raffaele Pisani