Il nuovo CD di Roberto Alagna, “Ma vie est un Opéra”, è uscito per la Deutsche Grammophon – Universal Music France – SCPP il 17 novembre 2014.
Al di là di tutto ciò che è stato scritto in proposito per decriptarne la scelta del contenuto, inusuale e comunque non commerciale e di gran gusto, che ripercorre, a detta dell’interprete stesso, i momenti salienti della sua vita personale rispecchiati nelle note adorate dell’Opera (da cui il titolo del CD stesso), un brivido passa attraverso l’intera nuova produzione discografica dell’artista siculo-francese.
Il Roberto di oggi è stato all’inizio Robertino, quel ragazzino timido e gracile, consapevole dei propri limiti, ma che pian piano ha preso consapevolezza di sé e si è, a suo dire, identificato con Cyrano, prefiggendosi di imitarlo e riuscendo a trovare pari volontà di eccellenza in ogni cosa che non fossero i propri “difetti”: è stata la chiave di tutto, del suo successo e della sua carriera ormai trentennale; ma è anche la chiave per leggere fra le righe della sua vita e della sua carriera.
Quello che viene fuori dall’ascolto di questa registrazione è innanzitutto il desiderio di raccontarsi attraverso l’Opera; un misterioso gioco di specchi tra il protagonista ed i personaggi che interpreta, tra le sue vicissitudini personali e quelle dei suoi “eroi”, non sempre positivi, ma tutti umanissimi e vissuti con grande intensità. L’intensità di partecipazione a ciò Alagna che canta è fortissima: non c’è parola che non sia pronunziata in musica insieme a tutti i suoi più nascosti significati e che non sia espressa anche con perfetta padronanza vocale.
Chi scrive considera come la voce di Roberto Alagna sia definibile quale “voce da teatro”, ovvero che per natura sia strutturata per essere ascoltata dal vivo, lì dove riveli ogni sua sfaccettatura e si dimostri totalmente priva di distorsioni…e quindi si ritenga solo “prestata” alle registrazioni, tanto più quanto più esse siano sosfisticate.
Ecco quindi la volontà di mantenere il più possibile integra la veridicità di ogni brano. Pure i fiati che precedono l’emissione sono stati mantenuti nella registrazione, curata magistralmente da Frédérico Alagna, fratello del tenore, esperto musicista, oltre che ottimo artista delle arti visive; ed è palese che questo sia stato fatto nell’assoluto rispetto del realismo della performance.
Il tutto sotto la bacchetta preziosa di Yvan Cassar, che di suo a tratti fa veramente “fiorire” i brevi momenti orchestrali che è dato ascoltare e che sostiene e accompagna il tenore, affiancato gradevolmente in tre brani dal soprano Aleksandra Kurzak, con la professionalità e la compartecipazione del Maestro e dell’amico, lungo l’intera produzione musicale in questione, alla guida della ottima London Orchestra.
L’impostazione e l’emissione di Roberto Alagna in questo nuovo CD sono quanto di meglio egli possa ottenere oggi dai suoi mezzi vocali. La sua voce è cambiata negli anni, è maturata, la potenza non è venuta meno, ma il suono si è come “appianato”, aperto ed ha guadagnato in espressione, come se ogni giorno vissuto fosse contenuto in ciò che si ascolta: l’esperienza della vita ha affinato e variegato l’esperienza artistica come un cesello. L’espressione, quindi, la fa da padrona, ma il fraseggio e la pronunzia sono assolutamente da sottolineare.
E qui si pone un ipotetico dualismo che, a parere di chi scrive non va considerato difetto, ma pregio: è come se esistessero due vocalità per Alagna, una quando canta in italiano e l’altra quando canta in francese.
Nel CD in questione, “Donna non vidi mai” da Manon Lescaut di Puccini è un unico afflato di sentimento e di piena, matura vocalità espressiva. La voce sorride, sogna, teme, desidera, spera: pieno splendore in ogni istante, è radiosa e palpitante. La dizione italiana è perfetta, il fraseggio altrettanto…In verità dizione e fraseggio in entrambe le lingue sono perfetti…Tuttavia, quando Alagna canta in francese è come se avesse una marcia in più.
Con i suoni misti e a volte nasali delle vocali in lingua francese, il “suo” francese, che salgono in maschera e la utilizzano integralmente e con le inflessioni che la lingua italiana, il “suo” italiano, non possiede, il tenore tocca i vertici della qualità dell’emissione e conseguentemente dell’espressione.
Non vuol essere un confronto fra le due ipotetiche vocalità di Alagna, ma solo una considerazione alla luce di ciò che si ascolta.
Massenet, poi, sembra il suo nume tutelare e in particolare la preghiera che il tenore interpreta nella registrazione “Ne puouvant réprimer…Adieu donc…” da Hérodiade è sentita e trasmessa in tutta la sua pienezza d’emozione e sentimento. La musica deve essere “nel cuore”, come dice egli stesso…e lo dimostra, svelando un mondo interiore dalla profondità quasi insondabile.
La padronanza tecnica nelle evoluzioni vocali più ardue, poi, è assoluta: anche cantando in tedesco, i coloriti ed il passaggio di registro per giungere al falsetto di Magische tone di Karl Goldmark, da Die Konigin Von Saba, sono quanto di più raffinato si sia mai ascoltato in merito.
Non è facile cantare correttamente in falsetto, anche perché la voce può risultare di ridotta proiezione e soggetta ad una possibile fuga di fiato, anche se cantare con tale tecnica richiede un minore impegno muscolare. Si produce un timbro vocale apparentemente “falso”, da cui il termine che lo definisce, rispetto a quella che è la “voce piena”.
Il falsetto di Alagna è perfetto e possiede anche molti armonici; appare essere per tale caratteristica, dunque, un falsetto cosiddetto “rinforzato”, ottenuto con il voluto abbassamento della laringe e la creazione di maggiore spazio di risonanza. L’estensione anche glielo consente, ma la padronanza dei mezzi è in casi come questo “conditio sine qua non”.
Non un falsetto a voce fissa, irrigidita e contrastante con tutto il resto del brano, quindi, ma un falsetto a cui l’interprete giunge nel finale con una magistrale consapevolezza tecnica: non ci sono sbalzi, non c’è interruzione della linea di canto: un tutto unico, ottimizzando il passaggio da un registro all’altro con il minor cambiamento timbrico possibile, in un avanzamento graduale nella zona acuta fino a giungere all’ultima nota, con la coerenza di un tenore che abbia i propri punti di forza nella piena matrice belcantista.
I mezzi di registrazione di oggi, inevitabilmente sofisticati, gli rendono questa volta piena giustizia, restituendocene una veridicità ed una inestimabile preziosità che non temono confronti e porgendo all’ascolto in tutto il loro mistero i “Magische tone”, i “Suoni Magici” che il titolo del brano promette e pretende.
La regina di Saba ritorna fascinosa in un altro brano, “Faiblesse de la race humanine…Inspirez-moi, race divine…”, ma questa volta da Gounod, con palesi richiami al trascendente, alla solennità della meditazione religiosa e filosofica, sostegno nei momenti difficili della vita del corpo e dello spirito.
Roberto Alagna si fa ascoltare con interesse per tutta la registrazione, in cui arie di varia natura e diversa motivazione si susseguono; fino a giungere ai toni tragici di “Il est dix heures…encore six heures…”, da “Le derniere Jour d’un Condamné, del fratello David Alagna, su idea dello stesso Roberto e libretto di Frédérico, da Victor Hugo, in cui esplode tutto un mondo interiore personalissimo.
Tale mondo, intriso di sentimenti familiari e di vita vissuta, è esso stesso un disperato anelito alla vita e vede quasi la materializzazione della voce, che si rende presente “bucando” ogni mezzo tecnico possibile, trascendendo i mezzi di registrazione e porgendo l’anima dell’interprete all’ascoltatore.
Questo è un dono che Roberto Alagna sembra possedere: quello di rendersi non “voce da ascoltare”, ma soprattutto “spirito da percepire”. Egli può apparire a tratti come sintonizzato su onde misteriose: sembra trarle a sé, vibrare e trasmetterle con una forza che di rimando faccia vibrare all’ascolto della sua voce e che venga recepita portando a sintonizzarsi sulle stesse frequenze. Chi riesce a captare può sentirsi pienamente assorbito e coinvolto e, magari senza rendersi conto di ciò che accade, chiedersi come mai voglia tornare ad ascoltarlo…e ad ascoltarlo ancora…
Il che si sublima nell’ultima aria registrata, “Recitar…Vesti la giubba” da “Pagliacci”, scritta da Leoncavallo per fare venir fuori con la prepotenza della passione l’essenza della vita di ogni essere umano che abbia consacrato la propria esistenza all’arte calcando le tavole del palcoscenico.
Anche qui si afferma prepotente il suddetto gioco di specchi tra l’uomo e l’interprete, tra la verità della vita reale e la finzione del teatro, condizione che Roberto Alagna vive costantemente, facendo pure in questo caso pienamente suo, nel canto sofferto e partecipe, il significato profondissimo di uno dei brani più famosi dell’Opera italiana e ponendolo simbolicamente a conclusione del CD.
Dunque, questo CD “Ma vie est un’Opéra” è davvero un gran bell’ascolto, raffinatissimo e inconsueto: da consigliare.
© Natalia Di Bartolo
PHOTO PAGINA FACEBOOK ROBERTO ALAGNA, UGO PONTE, AA.VV.