Site icon L'Idea Magazine

Il Monocromatico Cimarosa al Filarmonico di Verona con la regia di Morgan.

di Salvatore Margarone [OperaAmorMio.com]

Il termine che meglio descrive la messa in scena de Il Matrimonio segreto di D. Cimarosa andato in scena al Teatro Filarmonico di Verona lo scorso 3 Novembre 2019 è la noia.
L’eclettica regia affidata a Morgan, nome d’arte di Marco Castoldi, ben esprime il suo essere artista alternativo al mondo d’oggi. La sua pseudo regia, alquanto inesistente a dir la verità, poco ha aiutato la brillantezza della partitura di Cimarosa. Una partitura limpida, pulita, brillante che viene messa in scena con un nero profondo, screziato qua e là da alcuni oggetti colorati: poltrone, tavolo e parrucche. L’insieme è triste, e sarebbe impensabile resistere ad un bis dell’opera la stessa sera, come accadde nel lontano 1792 a Vienna per la prima rappresentazione del capolavoro Cimarosiano.
Sul piano musicale non brilla la purezza della melodia di Cimarosa, nella lettura del direttore d’orchestra Alessandro Bonato, il quale tratteggia un’orchestrazione piatta, scontata e scolastica, in cui non emergono né l’uso degli strumenti da parte di Cimarosa, importantissimi nella resa dell’opera, né un fraseggio che risulta anch’esso alquanto statico e noioso.
Peccato, perché l’opera in sé meriterebbe di essere valorizzata così come fu scritta dal suo compositore, per gustarla fino in fondo. Questo esperimento portato in scena già qualche anno fa a Novara al Teatro Coccia da parte di Morgan, non fa colpo sul pubblico scaligero. Gli applausi di convenienza e cortesia faticano a partire da parte di un pubblico molto scettico e critico sulla messa in scena.  Peccato anche perché si è perso il gusto del frivolo e del buffo che quest’opera rimanda per sua caratteristica, appesantendo invece lo spettatore che fatica a seguire la narrazione a palcoscenico buio e vuoto. Ancora ci chiediamo a cosa servivano le comparse che nel retro palco salivano e scendevano delle scale in penombra… questa come tante altre trovate che sono balzate agli occhi durante la serata nei riguardi delle scenografie curate da Patrizia Bocconi.
Passando al comparto vocale troviamo un cast altalenante nella resa: Matteo Mezzaro è Paolino, il giovane sposo segreto, il quale pur essendo corretto vocalmente rimanda una sorta di stanchezza ed affaticamento nella voce. Sarà stato un effetto voluto? Lo conosciamo bene, come conosciamo bene anche la sua voce, infatti non sono mancati bei momenti di slancio che ci hanno fatto riconoscere il Matteo Mezzaro di sempre. Sua sposa segreta la giovane Carolina interpretata da una corretta e simpatica Veronica Granatiero, così come la Elisetta affidata a Rosanna Lo Greco, dalla voce matura e lirica. Fidalma è invece Irene Molinari che, sostenendo in generale una buona prova in scena, lascia percepire la difficoltà nel registro grave della voce, mentre emerge facilità e brillantezza sul registro acuto.
Bene Salvatore Selvaggio nei panni del signor Geronimo, bella voce, buffo ed impacciato quanto basta non esagera mai nella parte e rende perfettamente il vecchio brontolone ed approfittatore.
Anche il Conte Robinson affidato ad un altrettanto abile Alessandro Abis regala al pubblico un personaggio quanto mai stolto e sciocco. Bene quindi anche la resa vocale nella sua interpretazione.
Giuseppe Magistro ha curato i costumi di questa produzione. A parte le esuberanti parrucche che richiamano elementi settecenteschi, gli abiti a quadri scozzesi bianchi e neri sono molto moderni ma ben amalgamati al colore del fondale sulla scena.
Sempre attento e puntuale Paolo Mazzon che ha curato le luci, quanto mai importanti in uno spettacolo così spoglio e monocromatico.
Applausi per tutti, come sempre, ma soprattutto per la musica immortale di Domenico Cimarosa.

Photo©ENNEVI

La recensione si riferisce alla recita di domenica 3 Novembre 2019

Exit mobile version