Richard Strauss (Monaco di Baviera 1864 – Garmish 1949) compositore tedesco di grande spessore, rappresenta oggi come al tempo, per gli appassionati di musica e non, l’anello di congiunzione tra il XIX ed il XX secolo. Autore dalle mille sfaccettature, ardito, spigoloso, arguto, geniale, portò con le sue intuizioni e competenze un grosso contributo alle future generazioni di compositori nel XX secolo.
Il padre Franz era un comunista conosciuto ed apprezzato da Wagner e la madre proveniva dall’alta borghesia; in questo contesto famigliare il giovane Richard incominciò a prendere lezioni di musica a quattro anni, a sei già era in grado di comporre una polka ed un canto natalizio sotto la guida del suo primo insegnante, F. W. Meyer. Frequentò normalmente la scuola sino all’università, ma non conseguì la laurea perché abbandonò il corso universitario nel 1883, dopo il primo anno.
Come compositore, Strauss coglie le prime grandi affermazioni proprio con i poemi sinfonici scritti tra il 1886 e il 1898; superati quasi subito gli iniziali influssi brahmsiani, nel 1886 scrive la fantasia sinfonica Aus Italien, per poi aderire alla scuola “neotedesca” e alle correnti postwagneriane.
È con la fantasia sinfonica Aus Italien che la vera personalità musicale di Strauss, o meglio quella personalità che gli ha assicurato durante tutto l’arco della vita continui e crescenti successi, si manifesta compiutamente. I biografi, sulla falsariga delle indicazioni del compositore stesso, attribuiscono la grande svolta alla sua amicizia col filosofo e musicista A. Ritter, wagneriano convinto ed entusiasta sostenitore del poema sinfonico lisztiano.
Aus Italien apre la via alla stagione dei grandi poemi sinfonici di Strauss e precede immediatamente il Don Giovanni che costituisce, di questa originale forma del romanticismo musicale, l’espressione più celebrata. I successi dei poemi sinfonici fecero di Strauss il più eseguito compositore tedesco del suo tempo, e non soltanto nel suo paese.
Diremmo oggi, in maniera più consapevole forse, che fu il periodo delle innovazioni musicali, sia in ambito formale che musicale, dirigendosi verso una ricerca sempre più ossessiva di una musica infinita precedentemente iniziata da Richard Wagner.
La maggior parte dei compositori che azzardarono tali novità li ritroviamo in Francia, con C. Debussy, M. Ravel, E. Satie, ecc… ; questi iniziarono a sperimentare una nuova musica fatta da nuovi suoni scaturiti dall’uso di moderne scale musicali (esatonale e pentafonica), e di nuovi effetti, sfruttando al meglio la timbrica di ogni strumento.
Ma la cosa che li accomuna fu la loro poetica che deviò, a differenza del Romanticismo che esaltava il sentimento amoroso verso nuovi lidi, sconfinando fino all’esaltazione della psiche umana, giustificando così la necessità di una musica piena di apparenti dissonanze .
Le tensioni del linguaggio di Strauss giungono al massimo della forza nell’esotismo e nell’erotismo della sua Salomè (1905) e nella violenza dell’Elektra (1909) che furono i suoi due primi capolavori teatrali.
Sempre più profondo si fece il solco che separava Strauss dalla musica del Novecento, ormai indirizzata oltre quell’espressionismo che Strauss aveva avvicinato fino al 1909 e che poi aveva abbandonato. In alcuni lavori si avverte una dimensione di solitudine, di rinuncia, che appaiono frutto di una dolorosa meditazione sul crollo della Germania di cui egli era stato il cantore.
In realtà anche Strauss fu partecipe delle inquietudini e delle contraddizioni di quel mondo; egli si presentò quindi agli inizi del secolo nelle più ideali condizioni per affermarsi come l’erede della tradizione wagneriana ed affrontare il difficile terreno del melodramma che col Parsifal sembrava aver chiuso definitivamente la propria esistenza.
Oggi, per fortuna, la musica di Richard Strauss echeggia nei teatri e sale da concerto, come è giusto che sia, una musica di tale grandezza non può passare di certo inosservata.