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Il laser: la luce che ha rivoluzionato il mondo

di Patrizia Ruscio

Oggi sarebbe difficile immaginare un mondo senza questo dispositivo, un’invenzione che ha modificato la vita della maggior parte delle persone. La sua versatilità è universalmente riconosciuta e i suoi campi applicativi generano continuamente innovazione, come ricordano Stefano Fabris, direttore del Dipartimento scienze fisiche e tecnologie della materia, e Mario Barra dell’Istituto superconduttori, materiali innovativi e dispositivi del Cnr

L’inizio del ventesimo secolo, con il progressivo sviluppo della Meccanica Quantistica, capace di ridefinire la natura microscopica della materia, della radiazione elettromagnetica e della loro reciproca interazione, ha inaugurato un periodo fertile di scoperte e invenzioni. Da questo nuovo paradigma scientifico, infatti, è scaturito un susseguirsi virtuoso di eventi in cui il mutuo alimentarsi tra comprensione dei fenomeni e sviluppo di tecnologie ha, nei fatti, costruito una consistente parte del mondo come lo conosciamo oggi. Tra tutte le nuove invenzioni, il laser (Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation) è quella che, probabilmente, ha fatto sentire maggiormente i suoi effetti grazie, in particolare, alla sua formidabile capacità di poter essere utilizzato come versatile vettore di informazione e di energia.

“L’invenzione del laser può essere vista come un lungo percorso durato oltre 40 anni che, prendendo avvio dalle predizioni teoriche di Einstein e di altri scienziati riguardanti l’emissione stimolata, hanno portato alla realizzazione dei primi prototipi sperimentali nel 1960”, commenta Stefano Fabris, direttore del Dipartimento di scienze fisiche e tecnologie della materia (Dsftm) del Cnr. “L’emissione stimolata è un fenomeno quantistico per cui una radiazione elettromagnetica può interagire con un sistema fisico (es. un elettrone, un atomo, una molecola) in uno stato eccitato, dove ha, cioè, un’energia maggiore di quella del suo stato fondamentale, innescando un relativo processo di ‘diseccitazione’ che porta all’emissione di fotoni in grado di amplificare quindi la stessa radiazione incidente. Ed è proprio la natura quantistica di questo complesso fenomeno, con emissione di fotoni aventi stessa lunghezza d’onda e stesso valore di fase, che conferisce alla luce laser le sue specifiche proprietà di monocromaticità, direzionalità, coerenza e brillanza”.

Lo sviluppo di questo dispositivo è stato caratterizzato anche dal raggiungimento di una significativa tappa intermedia, avvenuta nel 1954, quando Charles H. Townes e i suoi collaboratori dimostrarono che era possibile amplificare attraverso questo processo un segnale nella regione delle microonde (circa 24 GHz, corrispondente ad una lunghezza d’onda di 12.5 mm). Il nuovo dispositivo venne ribattezzato Maser e, allo scopo, Townes utilizzò come mezzo attivo un fascio di molecole di ammoniaca, potendo basare i suoi esperimenti su studi teorici sviluppati, in quel periodo, da Nikolay Basov e Aleksandr Prokhorov all’Istituto Lebedev di Mosca. “Il passaggio all’emissione stimolata di un segnale ottico, con lunghezze d’onda sub-micrometriche nella regione del visibile o del vicino infra-rosso, fu una proposta avanzata pochi anni dopo dallo stesso Townes e da Arthur L. Schawlow dei Laboratori Bell. L’idea fu sviluppata mediante accurate analisi teoriche e ulteriori suggerimenti tecnici, come quello di impiegare un risuonatore ottico di Fabry-Perot, con la presenza di specchi piani, paralleli e semiriflettenti per il confinamento della radiazione. Grazie ai loro contributi, i tre, Townes, Basov e Prokhorov, vinsero il Premio Nobel per la Fisica nel 1964”, chiarisce Mario Barra dell’Istituto superconduttori, materiali innovativi e dispositivi (Spin) del Cnr.

Qualche anno prima, nel 1960, Theodore H. Maiman aveva realizzato il primo laser, impiegando un cristallo di rubino come mezzo attivo. “Fu solo l’inizio, seguito, a partire dallo stesso anno e per tutti i decenni successivi, dallo sviluppo di una molteplicità di altre realizzazioni pratiche di dispostivi laser caratterizzati da diversi tipi di mezzi attivi e dalla relativa radiazione emessa, con specifici valori della lunghezza d’onda e della potenza finale, nonché dalla modalità di funzionamento in regime continuo o impulsato”, aggiunge il direttore del Cnr-Dsftm.

La varietà di dispositivi laser oggi disponibili, con dimensioni che vanno da quelle di oggetti tascabili a quelle che occupano lo spazio di un’intera stanza, è giustificata dalle sue innumerevoli forme d’impiego. “Nella civiltà tecnologica in cui viviamo, la luce laser può essere considerata ubiqua: la utilizziamo per trasmettere informazioni che, codificate in forma di segnali digitali, viaggiano in fibre ottiche e consentono lo scambio di dati a velocità prima inimmaginabili; permette di raccogliere immagini e suoni immagazzinati su dischi ottici compatti, per liberarli alla nostra percezione sensoriale. È la luce laser che, amplificata opportunamente a potenze dei Kilowatt o superiori, consente di incidere o tagliare superfici metalliche con risoluzione inferiore al millimetro”, sottolinea Barra. “Ed è la stessa luce che sa adeguarsi anche alla delicatezza dei tessuti e degli organi umani, per svolgere, con grandissima precisione e in maniera sicura, compiti altrimenti inaccessibili a qualsiasi bisturi o altro supporto meccanico. Basti pensare alle operazioni, ormai considerate routinarie, con cui è possibile intervenire direttamente sulla superficie della cornea, per la correzione dei difetti visivi”.

Oltre alla dimensione direttamente applicativa, è importante ricordare come il laser sia divenuto anche un formabile motore per il raggiungimento di nuova conoscenza scientifica. Ne è un esempio il premio Nobel per la Fisica 2023 appena assegnato a P. Agostini, F. Krausz e A. L’Huillier per il loro contributo alla generazione di impulsi di luce Laser della durata di attosecondi (1 attosecondo = 10-18 s), che hanno permesso lo studio delle dinamiche degli elettroni negli atomi, nelle molecole e nella materia. “Il laser è ormai usato comunemente per lo studio di materiali innovativi e per la realizzazione, in sistemi ad alto vuoto, di nuove strutture a stato solido in forma di film sottili o nano-particelle. Ed è ancora il laser che, in una modalità operativa che può sfuggire al senso comune, ha reso possibile il raggiungimento di temperature prossime allo zero assoluto, dove nuovi stati della materia si formano in ossequio alle leggi della Meccanica Quantistica, fino ad arrivare alle emergenti tecnologie quantistiche e alle loro applicazioni nelle cybersicurezza o ai calcolatori quantistici”, conclude Fabris. “Gli esempi potrebbero continuare a lungo. Bisogna comunque ricordare come, a detta di molti degli stessi protagonisti dell’epopea inziale del laser, fosse molto difficile immaginare un così formidabile sviluppo di questa tecnologia. La maggior parte della comunità scientifica era convinta si trattasse solo di uno strumento per la verifica di alcune complesse teorie fisiche, mentre si è rivelata l’ennesima, e forse più potente, dimostrazione di come le indagini fondamentali possano essere foriere di vastissime ricadute applicative di difficile prevedibilità. Una lezione importante che forse si tende troppo spesso a dimenticare”.

[Almanacco della Scienza No.9, 2023]

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