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Il futuro è già a tavola

di Sandra Fiore

Alghe, insetti, carne coltivata: l’utilizzo e la creazione di nuovi alimenti sta rivoluzionando il comparto agroalimentare con l’obiettivo di coniugare i benefici per la salute e la sostenibilità ambientale. L’esempio più eclatante è rappresentato dalle farine di insetti il cui uso è consentito in Italia a partire dal 29 dicembre 2023. Diversa la situazione per la carne coltivata in laboratorio, non ancora approvata in Europa, prodotta con il prelievo di cellule staminali di bovini: un’alternativa all’allevamento intensivo, guardata con favore da molti scienziati. Ne abbiamo parlato con Roberto Defez dell’Istituto di bioscienze e biorisorse del Cnr

Li abbiamo immaginati, osservati in film di fantascienza, ne abbiamo letto in romanzi distopici. I cibi del futuro sono già presenti in molte tavole, altri invece, sperimentati nei laboratori, sono in attesa di essere approvati e commercializzati. Dalle micro-alghe agli snack a base di insetti, dalla carne riprodotta in laboratorio al pane impastato con farine di insetti, la tecnologia e la scienza stanno cambiando il nostro approccio all’alimentazione nell’ottica di un uso più sostenibile delle risorse del Pianeta e di un minor impatto ambientale della filiera di settore.  Infatti, il cibo sarà un’emergenza del futuro: il trend demografico mondiale continua a crescere e si calcola che entro il 2050 saremo 10 miliardi di individui. Le conseguenze sono già evidenti: maggiore consumo di suolo e disboscamento per nuovi pascoli e colture, mentre la desertificazione minaccia aree agricole e zone già critiche dal punto di vista idrico. Non aggravare lo squilibrio tra popolazione e risorse sarà la parola d’ordine della nuova economia. Cibi oggi estranei alla nostra cultura, ma ricchi di nutrienti, conquisteranno gli scaffali dei supermercati. Molti popoli, ad esempio, hanno già nella loro dieta insetti come grilli, locuste, larve, ricchi di grassi, proteine, vitamine, fibre e minerali. In Europa l’uso ai fini alimentari della farina di grillo è stata approvata dall’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) nel gennaio 2023, una novità che ha suscitato polemiche: alcuni agricoltori temono che questo ingrediente possa minacciare il commercio di farine di cereali, anche se la refrattarietà di origine culturale rappresenta il vero ostacolo alla sua diffusione.

Ma i novel food arrivano anche dal mare, con benefici per la salute umana, secondo alcune ricerche del Consiglio nazionale delle ricerche. Le meduse costituite essenzialmente da acqua e proteine, soprattutto collagene, hanno un efficace attività antiossidante; le microalghe rappresentano una delle fonti più promettenti di proteine e di composti bioattivi, in particolare la Spirulina (Arthrospira platensis), è da secoli usata come alimento in Asia, Messico e in Africa.

A base della microalga Chlorella è la pasta confezionata da una ditta svizzera. Forse in un futuro ravvicinato sarà davvero difficile sottrarsi al profumo di un piatto di penne alla Chlorella, condite con ragù di carne coltivata e formaggio vegetale. La carne prodotta in laboratorio, non ancora approvata in Europa, è la nuova frontiera in questo settore, vista favorevolmente da alcuni scienziati poiché ridurrebbe gli allevamenti intensivi e i loro effetti inquinanti. Il primo hamburger venne presentato nel 2013 a Londra. Negli Stati Uniti la Food and Drug Administration ha consentito la commercializzazione di nuggets di pollo coltivati in laboratorio.

L’Italia vieta questo tipo di produzione. Un disegno di legge, approvato a novembre del 2023, afferma che i cibi sintetici “non garantiscono qualità, benessere e tutela della cultura e tradizione enogastronomica e di produzione a cui è legata parte della nostra tradizione”.  Abbiamo approfondito il tema con Roberto Defez, ricercatore dell’Istituto di bioscienze e biorisorse (Ibbr) del Cnr e membro del comitato etico della Fondazione Umberto Veronesi, che già nel 2019 aveva pubblicato un documento a favore di queste tecniche, intitolato “Dagli allevamenti intensivi all’agricoltura cellulare”. “Non di cibo sintetico si tratta, ma di cellule vive che si riproducono in fermentatori così come accade per i batteri lattici dello yogurt o le cellule della nostra pelle che coltiviamo per curare grandi ustioni o malattie genetiche cutanee; mentre si definisce sintetico ciò che è il risultato di processi in cui si utilizzano composti e reazioni chimiche, senza l’intervento di organismi viventi. Al contrario, nel caso della carne coltivata si usano cellule staminali che in laboratorio vengono fatte differenziare in un terreno di coltura fatto di sali e proteine, per produrre muscolo; bastano poche cellule per ottenere tonnellate di carne”, spiega l’esperto. “Resta il problema etico/economico sollevato dall’utilizzo di siero fetale bovino usato come ‘integratore’ del terreno di coltura: qui la scienza deve rispondere identificando nutrienti alternativi, come quelli a base vegetale. Attualmente i costi della carne ottenuta da agricoltura cellulare sono poco competitivi, ma sono destinati a scendere in futuro”

Addio, dunque, alla macellazione di tanti animali, tema verso il quale le nuove generazioni sono sempre più sensibili. “La nuova filiera porterebbe alla riduzione del consumo idrico e di terreno e (probabilmente) alla diminuzione di gas serra, considerando che una vacca emette metano da viva, che il degrado del letame genera un altro gas serra come l’ossido di azoto e che la produzione di ogni chilogrammo di carne richiede 15.000 litri di acqua, se allevata al chiuso, o di larghe estensioni di pascolo. D’altro canto, gli stomaci della vacca riescono ad assimilare erbe e vegetali che solo i batteri del rumine sono capaci di far diventare zuccheri e proteine. Dunque, l’energia solare convertita in cellulosa dalla fotosintesi viene messa a disposizione di tutti i non erbivori, come noi”, conclude Defez. “Quindi i costi energetici ed economici vanno fatti senza paraocchi, così come delle innovazioni vanno pesati vantaggi e svantaggi, piuttosto che le pressioni di aziende concorrenti. Di certo le emissioni di gas serra dei bovini sono di gran lunga le più rilevanti, mentre le carni di pollo emettono quanto la coltivazione del riso, quindi trovare alternative alla carne rossa mediante la ricerca è un problema non rinviabile”.

Insomma, se l’innovazione in campo alimentare sarà fondamentale per salvaguardare il Pianeta, non significa che in futuro ci dovremo accontentare di strane brodaglie, come quella propinata in “Matrix”, o di una pizza disidratata fatta rinvenire in pochi secondi come “In ritorno al futuro”, per nutrirci quotidianamente.

[Almanacco della Scienza N.4, aprile 2024]

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