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Giuseppe Verdi, il Nabucco, l’Opera: orgoglio italiano

Recensione di Isabella Rossiello

Ancora una volta un teatro non grandissimo ma dall’antica storia, il Bonci a Cesena, ospita una grande opera:  il Nabucco.
Il titolo originale era Nabucodonosor, su libretto di Temistocle Solera, e andò in scena per la prima volta  il 9 marzo 1842 al Teatro La Scala a Milano. Fu la terza opera lirica di Giuseppe Verdi e quella che ne decretò il successo anche perché in pieno Risorgimento,  un’Italia ancora frammentata riconobbe nella schiavitù degli ebrei la propria sottomissione  all’odiato impero austro ungarico; qui nacque la celebre frase  W V.E.R.D.I.  acronimo di “Viva Vittorio Emanuele Re D’Italia”. Questa almeno la leggenda.
La storia del Nabucco è complicata e non priva di colpi di scena! Nel Tempio di Gerusalemme, i Leviti piangono la triste sorte degli Ebrei, sconfitti dal Re di Babilonia Nabucodonosor, che ora è alle porte della città. Il Gran Pontefice Zaccaria incoraggia la sua gente poiché la  figlia di Nabucodonosor, Fenena, è  loro ostaggio, affidata a Ismaele, nipote del Re di Gerusalemme. Ismaele e Fenena si amano, una volta lei lo ha liberato dalla schiavitù, e i due stanno organizzando la fuga quando giungono nel tempio i Babilonesi guidati da un’altra figlia del re, Abigaille.
Abigaille è innamorata di Ismaele e minaccia la sorella di riferire al padre il tentativo  di fuga; si dichiara disposta a tacere a patto che Ismaele rinunci a Fenena.
Con il suo esercito irrompe Nabucco, deciso a saccheggiare la città e Zaccaria, per fermarlo, minaccia di uccidere Fenena, ma Ismaele si oppone, strappa la giovane dalle mani del gran sacerdote e la consegna, illesa, nelle mani di suo padre.
Abigaille ha un segreto: una pergamena in cui si attesta che lei è di umili origini. Fenena, nominata Reggente dal padre, ha dato ordine di liberare tutti gli ebrei, ma Abigaille è decisa a tutto pur di diventare regina. Zaccaria è  prigioniero degli Assiri; Ismaele è maledetto dai Leviti ma è salvato da Anna, sorella di Zaccaria, poiché Fenena  si è convertita. Abigaille pretende da Fenena la corona, ma Nabucco, creduto morto in battaglia, giunge e richiede per sé la corona, e poi comincia a deridere il Dio Belo e Yəhōwāh. Esige di essere adorato come l’unico Dio, minacciando di morte Zaccaria e chiunque non si pieghi al suo volere. Il dio Yəhōwāh scaglia un fulmine sul suo capo, la corona cade al suolo e il re comincia a manifestare segni di follia; la corona viene prontamente raccolta da Abigaille.
Abigaille, seduta sul trono accanto alla statua d’oro di Belo, decreta la sentenza di morte per gli ebrei; il re la sconfessa, lei è solo una schiava, la donna trae dal seno la pergamena che attesta la sua origine e la fa a pezzi. Il re, ormai tradito e detronizzato, nell’udire il suono delle trombe che annunciano l’imminente supplizio degli ebrei chiama le sue guardie, ma esse giungono per arrestarlo, obbedendo agli ordini della nuova regina; confuso e impotente, Nabucco chiede invano ad Abigaille un gesto di perdono e di pietà per la povera Fenena.
Sulle sponde dell’Eufrate gli ebrei, sconfitti e prigionieri, ricordano con nostalgia e dolore la cara patria perduta (coro: Va’, pensiero, sull’ali dorate). Nabucco vede con orrore la figlia Fenena in catene, è disperato, rivolge preghiere e chiede perdono a Dio, che lo aiuta; infatti, arriva il fedele ufficiale Abdallo con un manipolo di soldati che  lo aiuta a riprendere il trono. Nabucco, alla testa delle sue truppe, ordina di infrangere la statua di Belo; miracolosamente l’idolo cade in mille pezzi senza che nessuno lo tocchi.
Nabucco concede la libertà agli ebrei, annunzia che la perfida Abigaille si è avvelenata e ordina al popolo d’Israele di costruire un tempio per il suo Dio; entra Abigaille, sorretta da due guerrieri, la donna confessa la sua colpa e invoca il perdono degli uomini e di Dio prima di cadere esanime.
Questa la complicata ma affascinante “trama” del Nabucco.

Lottando contro mille problemi di ordine pratico, sponsor latitanti e un assessorato che aiuta tutti i progetti cesenati, quindi riservando poco per tutti, l’avvenimento è stato un successo e parte dell’incasso è stato devoluto ai terremotati del centro Italia.
Una regia puntigliosa è stata quella di Gianmaria Romagnoli, coadiuvato dalla aiuto regista Luciana Berretti; una scenografia non ambiziosa visti gli spazi, ma precisa ed efficace. Sapiente l’uso delle luci a cura di Giorgio Lorenzetto, l’allestimento è stato a cura di DSL Service di Reggio Emilia, i costumi  realizzati da Maria Teresa Nanni con stoffe donate dallo sponsor Paola Frani stilista.
Tutti i fautori di questo successo sono stati: il Direttore d’Orchestra, il Maestro Francesco di Mauro, i Cori San Rocco Bologna  coordinati da Marialuce Monari, il Coro Maria Callas di Cesena del Maestro Lorenzo Lucchi, il coro Araba Fenice di Cesena, Maestra Barbara Amaduzzi , e A.Bonci di Cesena della maestra Ilaria Ceccarelli.
Applausi ai coristi, alle comparse, alle danzatrici della Danza Gambettola di Eleonora Pandolfini e Giorgia Muratori,  i ragazzi della scuola di teatro “Auser” di Cesena , i ragazzi delle scuole Anna Frank di San Giorgio e  Plauto di Cesena coordinati dalla professoressa Chiara Farolfi.

Nabucco è stato interpretato da  Giuseppe Altomare, baritono dalla voce imponente e chiara, mentre Abigaille è stata interpretata  dal soprano Raffaella Battistini, dagli acuti superbi; Zaccaria era  Mattia Denti, basso che ha emozionato il pubblico, come del resto tutti gli altri artisti: Ismaele, l’ottimo tenore Domenico Menni, Fenena la brava Chiara Manese, mezzosoprano, Anna il brillante soprano Chiara Mazzei, Abdallo il convincente tenore Paolo Gabellini, ed il tonante basso Giampaolo Vessella nella parte del Gran Sacerdote.

L’unione di tutte queste maestranze è stata sublime e si è perfettamente percepita; il pubblico ha spesso applaudito fino alla standing ovation finale.
Uno spettacolo fortemente voluto dal soprano Raffaella Battistini che da sempre si adopra per portare l’opera a Cesena e ci riesce sfidando tutto e tutti e portando in scena personaggi difficili e passionali come la guerriera innamorata Abigaille.
L’opera è un grande privilegio e  un orgoglio italiano che non va dimenticata e non è assolutamente per un pubblico di elite, da sempre amatissima dal popolo che spesso portava al successo o all’insuccesso opere e arie.
Sono gli amanti dell’opera che hanno il difficile compito di perpetuare questa arte che non è solo lustrini e paillette alla Prima della Scala dove ormai si va solo per dire “io c’ero” e  sono ancora i loggionisti  quelli che decretano il successo o meno di ogni prima contro tutto e tutti.
Certo Nabucco è un’opera particolarmente difficile per le vocalità, per la storia ricca di colpi di scena, eppure appassionante e appassionata e che per una sera ha stregato il pubblico fortunato del Teatro Bonci.
Un grazie sincero quindi a chi ama l’Opera e la difende e diffonde.

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