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Giocare senza uccidere la poesia

A cura di Katia De Sessa

Stavo rientrando a casa dopo il lavoro e mentre cercavo le chiavi di casa nella borsa una voce femminile attirò la mia attenzione.
“No, aspetta, non te ne andare”, disse. Ma l’auto che l’aveva lasciata poco lontano da me sfrecciò pericolosamente via. La vidi fermarsi una frazione di secondo a guardare nel vuoto, poi si accorse di me e si affrettò verso il cancelletto del suo condominio.
Entrai in casa con una empatica sensazione di vuoto. Tutti abbiamo vissuto un distacco, un abbandono e sappiamo cosa significa.
Quello che ricordo con più ferocia vedeva me ferma al portone, proprio come quella ragazza, e lui che andava via a piedi. Nel tragitto che si era offerto di percorrere insieme a me fino a casa, lui mi aveva rassicurata, ci saremmo risentiti, mi sentivo quasi meglio. Ma quando lo vidi svoltare l’angolo, senza voltarsi nemmeno un attimo, lasciai che il portone si chiudesse e gli corsi dietro, chiamandolo.
Inspiegabile. Dietro quell’angolo c’era un piazzale enorme pieno di auto parcheggiate, non poteva averlo percorso tutto. Ma era sparito. Fu come trovarsi nella scena di un film: rimasi immobile, gli occhi gonfi, la testa vuota. Ovviamente non lo risentii mai più.
Credo che successe allora: decisi, per il bene mio e dei pochi amici costretti ad ascoltarmi, che mai nessuno mi avrebbe fatto provare quella sensazione di abbandono totale.
E per quanto possa sembrarvi assurdo, ci riuscii. Ma non fu un bene per me.

Di recente ho conosciuto una persona con la quale ho scambiato giusto qualche messaggio – ho dovuto poi “scaricarlo” perché si era fatto troppo insistente.
Ma una cosa giusta, in una marea di luoghi comuni sparati a casaccio, l’aveva detta: “tu sei chiusa come un riccio, perché credi che così non soffrirai più. Guarda che sbagli”.
Sul momento mi feci una bella risata.
Anzi ero addirittura compiaciuta e mi crogiolai in questa piacevole sensazione per diversi giorni. Ero una donna fredda e chiusa, quello che avevo sempre sognato. Per di più davo anche l’impressione di esserlo, di essere inespugnabile e calcolatrice. Come disse quella persona ero “senza poesia, anzi tu la poesia la uccidi proprio”. Wow.

Nelle ultime settimane, però, l’universo intero, gli alieni, Dio, gli animali e le piante di questa terra si sono messi d’accordo per farmi capire che no, non uccido la poesia.
Anzi, approfitto di questo spazio per fare outing: ladies and gentlemen, dopo lunghe ed estenuanti elucubrazioni mentali che hanno investito le persone che mi stanno a stretto contatto come tzunami continui, sono qui a comunicarvi che io sono una persona fragile come tante altre – come tutte le altre.

Qualche giorno fa, la mia coinquilina mi ha confessato di essersi iscritta ad un sito di incontri online. Francamente la cosa mi ha lasciato basita, per il semplice motivo che la mia coinquilina è una bella ragazza, brillante, intelligente e tante altre cose che su un sito di incontri non contano un bel niente.
“Credevo che lì avrei trovato qualcuno a me affine, e magari l’amore”, mi aveva detto amaramente.
Lei che è già innamorata e vuole dimenticare. Lei che è talmente innamorata di uno che non sa cosa vuole, che dopo qualche giorno ha mollato persino il sito di incontri, perché quello che vuole è nella vita reale, ma altrettanto inafferrabile.

Ma signori miei, i sentimenti colpiscono nei luoghi e nei momenti più improbabili! È tutta lì la bellezza della vita – se siete tanto ottimisti da vederci bellezza – o la sua eccentricità – se proprio non volete passare per amari e continuate a far finta che la vita sia divertente.
Io mi sono riscoperta fragile quando sono tornati a galla i sentimenti che avevo seppellito, ai quali avevo fatto un bel funerale con tanto di carrozza coi cavalli neri.
Sono miracolosamente risorti, accompagnati da paure, incertezze, momenti di estrema felicità e momenti – lunghi – di pensieri e arrovellamenti mentali.
Beh, volete la mia opinione? Rischiate.
Non ha senso autoconvincersi, come ho fatto io, di essere impenetrabili. Non lo siete e non potete pretendere di esserlo.
Rischiate, tutto quello che potete. All in. Buttatevi, tanto questa vita la lasciamo tutti. Vale la pena limitare le proprie possibilità, e quindi ciò che potete addirittura guadagnare vivendo, tenendo bassi i giri del cuore?
Siamo qui per giocare? Fate il vostro gioco.

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