Nell’ XI edizione, svoltasi quest’anno, uno di tali Laboratori ha concluso la sequenza di spettacoli di gran pregio che, insieme alla cerimonia di consegna dei
Il Laboratorio “Dolce e amara, indomabile belva…”, che si è tenuto a Volterra dal 6 al 10 agosto, ha avuto come obiettivo non solo la formazione di un nuovo cast per la ventura messa in scena della Salomè di Oscar Wilde nell’ambito del Festival, ma soprattutto la messa a punto di
un’interpretazione “nuova”, “diversa” dell’opera teatrale del genio anglosassone.
Ma, al di là della forma declamatoria, si è andati soprattutto alla vera sostanza di un testo teatrale così difficile e controverso, così poco rappresentato, oggi, proprio per la complessità della sua interpretazione sia stilistica e formale, che, soprattutto, sostanziale.
“Salomè” di Oscar Wilde: testo teatrale pregevolissimo e dall’interpretazione quasi criptica, scritto in francese dall’autore, di getto. Un capolavoro, che fu anche musicato da Richard Strauss e che non è correntemente rappresentato proprio per la complessità della poetica di Wilde, trasposta in un testo teatrale composto in versi, soavi quanto carnali. E anche su tale carnalità ha fatto leva il Laboratorio per sviscerare finalmente, secondo il celebre verso di Saffo che gli ha dato il titolo, anche la “dolce e amara, indomabile belva” dell’eros personalissimo e pregnante dell’autore, ponendosi un interrogativo, espresso nel sottotitolo: “Il Duende di Lorca, la Belva di Saffo, lo Spirito Dionisiaco di Nietszche o il Paradosso di Diderot nel teatro contemporaneo?”. Si è cercato di dare una risposta a tale domanda.
Commenta Simone Migliorini: “Sento dentro di me una Salomè che nessuno ha mai rappresentato, nessuno ha mai trovato: la “vera Salomè”, quella che, leggendola, ti dà i brividi, ma che, finora, vedendola rappresentata, non ti ha dato emozioni. Neppure Carmelo Bene, neppure Berkoff e nemmeno Al Pacino sono andati a fondo, a scavare nell’”osceno”, ovvero nel “fuori-scena”, nel “tra le righe” della Salomè. Ho cercato Wilde, ho sperimentato un nuovo linguaggio teatrale, sintetizzando il gesto antico, il gesto tragico in funzione di una rappresentazione estremamente sensoriale, erotica. Mi sembra che possa funzionare, il lavoro da fare è ancora
Ne siamo convinti.