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FESTIVAL DI VOLTERRA: Il Teatro Romano di Volterra e il suo Festival

Il Teatro Romano di Volterra e il suo Festival: un magico insieme d’Arte da recuperare e valorizzare.

Di Natalia Di Bartolo

Edificata su un dorsale collinoso del pliocene, fra le valli dell’Era e del Cecina, cinta da una doppia cortina di mura, l’etrusca e medioevale Volterra, in provincia di Pisa, è uno dei centri più importanti della Toscana, sia per la presenza di monumenti che attestano le civiltà che si sono succedute nel corso di trenta secoli, sia per la lavorazione dell’alabastro, i cui manufatti costituiscono oggi uno dei più tipici e tradizionali prodotti di esportazione dell’artigianato italiano. Per la sua centralità geografica, per la sua bellezza e importanza storica, la cittadina toscana è capitale di un comprensorio turistico molto vasto che comprende l’entroterra Pisano, Fiorentino e Senese con le relative città che distano circa un’ora d’auto, insieme alle coste Livornesi e Grossetane, raggiungibili agevolmente in mezz’ora.

Pronunziare il nome di Volterra significa raccontare in poche sillabe 4000 anni di storia. La città, patria del grande poeta satirico latino Aulo Persio Flacco, è stata cantata da celebri poeti e scrittori, tra cui D’Annunzio, celebrata nel cinema da registi illustri come Visconti e Olmi ed ha una vocazione teatrale millenaria, testimoniata innanzitutto dalla storia e dalla tradizione Etrusca. I grandi padri Volterrani, con i loro “Histriones”, hanno insegnato l’arte del teatro ai romani, che chiamavano la città “Atria”, sembra perché fosse considerata la città dei te-atri, degli anfite-atri e delle numerose piazze.

Tale tradizione sfociò intorno alla fine del I sec. A.C. nella costruzione di un teatro all’aperto, lo splendido Teatro Romano di cui Volterra vanta il possesso, una delle testimonianze archeologiche più importanti d’Italia, che fu riportato alla luce negli anni cinquanta da scavi condotti nella località di Vallebuona dall’archeologo Enrico Fiumi (1908-1976), figlio anch’egli di quella terra etrusca dove ancor oggi si distendono pacifici i resti di un passato inimitabile, glorioso d’arte e di cultura

Affacciandosi dal belvedere che conduce al teatro, lungo la via in discesa che si percorre dal centro medievale della città, si schiude all’occhio del visitatore un orizzonte di fascino ammaliante, che si accentua di sera, quando il monumento viene illuminato solo da alcuni fari e resta sornione nel buio, con la zona dell’orchestra immersa in una luce radente e rossastra, parte della cavea illuminata e quell’inimitabile scorcio di scena in pietra con colonne che sovrasta il tutto e pare debba schiudersi all’apparire improvviso di qualche antico attore che, in mantello, maschera e coturni, si collochi al centro dell’emiciclo e cominci a declamare versi immortali.

Il teatro è parzialmente scavato nel pendio naturale di un’altura, in analogia ai teatri greci, e sorge in una posizione che, rispondendo ai precetti codificati da Vitruvio, il più famoso architetto e teorico dell’architettura di tutti i tempi, nel suo classico “De Architectura” (15 a.C. circa), tiene conto in maniera pressoché unica dell’esposizione alla luce del sole e dell’effetto scenografico del paesaggio circostante. Il progetto del teatro è attribuito addirittura da alcuni studiosi, per la sua perfetta corrispondenza ai canoni del grande teorico, a Vitruvio in persona.

L’acustica è straordinaria, ancora oggi, in ogni parte del teatro, e consentirebbe di recitare senza alcuna amplificazione, così come, fino alla fine degli anni ’60 del secolo scorso era in uso nei teatri antichi ancora adibiti allo scopo originale e che godono di tali privilegi sonori. Tali teatri erano studiati dai grandi architetti per essere utilizzati per le rappresentazioni e pertanto l’espandersi ed il corretto diffondersi delle sonorità delle voci degli attori e della musica allora eseguita erano tenuti in grande considerazione nella progettazione dell’insieme.

La costruzione del monumento fu finanziata dai Caecina, antica e ricca Famiglia di Volterra. In seguito, alla fine del terzo secolo d.C., con la decadenza del potere romano e forse a causa di un terremoto, il teatro cadde in disuso e in prossimità fu installato un impianto termale. Nei secoli subì numerose altre vicissitudini, fu spogliato di marmi e pietre per la costruzione degli edifici della Volterra medievale e conobbe una decadenza che, purtroppo, lo ha portato ai nostri giorni in uno stato di parziale rovina.

Oltretutto, i resti degli antichi edifici sono attualmente chiusi ai visitatori all’interno dell’area archeologica, perché il teatro versa, purtroppo, in uno stato di gravissimo degrado e, anche se già da lungo tempo se ne progettano e studiano il restauro e la valorizzazione, non sono ancora stati messi in atto lavori adeguati.

Collocato nell’insieme storico-monumentale di Volterra come un vero fiore all’occhiello, il monumento è la sede ufficiale del Festival Internazionale del Teatro Romano. Fondatore e direttore artistico ne è l’attore e regista volterrano Simone Domenico Migliorini, che da molti anni lotta  per il recupero, il riutilizzo e la valorizzazione del teatro. Ma anche il Festival, sostenuto dall’UNESCO, insignito dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel 2011, della Medaglia di Rappresentanza e che ha raggiunto nel 2013 l’undicesima edizione, è in pericolo per mancanza di finanziamenti ed è attualmente privo di sede per la dichiarata inagibilità del teatro e dell’intera area archeologica che lo circonda.

Negli anni, per tentare un’operazione di rilancio del sito archeologico e per la tutela del prosieguo delle suddette attività teatrali, si sono prodigate, nell’ambito del Festival stesso, personalità del mondo dello spettacolo e della Cultura come Giorgio Albertazzi, Gabriele Lavia, Massimo Ranieri, Arnoldo Foà, Roberto Herlitzka, Alan Rickman, Paola Gassman, Elisabetta Pozzi, Anatoilj Vassilev, Franca Valeri, Leo Gullotta, Lucia Poli, Edoardo Siravo, Mariangela d’Abbraccio, Antonio Salines, Manlio Santanelli, Pino Strabioli, Moreno Cerquetelli, Edoardo Erba, Ernesto G. Laura, Giuliana Lojodice, Pamela Villoresi, Flavio Bucci, Glauco Mauri, Margherita Palli, Elena Mannini, Franco Battiato, AJ Weissbard, Alessandro Gassman; e gli eventi volterrani godono dell’appoggio incondizionato del premio Nobel Dario Fo, affiancato fino all’ultimo dalla compianta compagna Franca Rame.

Si auspica, dunque, che tutto ciò che necessita urgentemente sia messo in atto al più presto a favore di un bene artistico d’inestimabile valore, patrimonio dell’umanità, fonte anche di incremento turistico per la splendida zona in cui si trova, a cui le attività artistiche del Festival Internazionale del Teatro Romano, che fervono comunque nella cittadina d’origine etrusca e che si fondono con i suoi beni ambientali ed archeologici in un magico insieme, contribuiscono attivamente ed al momento hanno anche il merito di aver dato vita a tanto movimento d’opinioni ed interesse.

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